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di Roberto Piemonte

Province, via libera al riparto di 250 milioni annui fino al 2033 per strade e scuole
Via libera al decreto di riparto dei 250 milioni assegnati dalla legge di bilancio 2019 alle Province per la messa in sicurezza di strade e scuole di competenza. Lo ha dato, con l’intesa raggiunta, la Conferenza Stato-Città.

Si tratta di risorse che le Province avranno a disposizione in maniera stabile da qui al 2033 e che saranno destinate a garantire i servizi di manutenzione dei 130mila chilometri di rete viaria provinciale e delle 5.100 scuole superiori.

Soddisfazione per l'intesa è stata espressa dal Presidente dell'Upi, Achille Variati che parlato di una misura strutturale che consentirà di tornare finalmente a programmare gli interventi, frutto del confronto con il Governo, augurandosi che si possano affrontare con lo stesso spirito di collaborazione le questioni istituzionali, a partire dalla revisione della riforma delle Province.

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Scuole a rischio sismico, ritardi nel Piano di messa in sicurezza. La Corte dei conti: un progetto su quattro ancora da avviare
L'organismo di controllo rileva lentezze burocratiche e risorse finanziarie inadeguate. Il 24% degli interventi non è neanche iniziato. Indietro anche quelli sugli istituti privati

Un'indagine della Corte dei Conti rileva il ritardo nell'attuazione del "Piano straordinario di messa in sicurezza" degli istituti scolastici nelle zone a rischio sismico. La relazione sottolinea in particolare "l'inadeguatezza delle risorse finanziarie disponibili in relazione al fabbisogno stimato e all'urgenza degli interventi affermata dal legislatore, il passaggio da una logica emergenziale ad una strutturale nella programmazione, la parzialità degli interventi di messa a norma che hanno interessato solo una porzione limitata del patrimonio edilizio scolastico"

La relazione, firmata dal consigliere Andrea Liberati, in 142 pagine analizza sulla base dei dati disponibili la situazione degli istituti scolastici italiani che si trovano nelle zone sismiche, arrivando a conclusioni allarmanti. I progetti avviati all'interno del piano per la messa in sicurezza sono 1.951, mentre sono ben il 24 per cento del totale (637) i progetti che non sono neanche cominciati. Dei 2.651 interventi previsti quelli conclusi sono 1.617, cioè il 61 per cento.

Scrivono i relatori che hanno rilevato: "difficoltà procedurali nell'attuazione del Piano" in particolare "per quanto concerne la procedura di finanziamento e la concertazione tra Miur e regioni", ma anche perché dal varo del Piano sono cambiate alcune metodologie, con il passaggio di competenze alle commissioni parlamentari, deputate a stilare l'elenco degli interventi. Ciò "ha avuto rilevanti implicazioni per l'incertezza che ne è derivata sull'avanzamento dello stesso Piano, sulla distribuzione geografica delle risorse e sugli interventi previsti a favore di edifici scolastici privati (disposta nonostante l'insufficienza delle risorse per l'adeguamento del solo patrimonio pubblico)".

In conclusione, la relazione esprime "forte preoccupazione" per "l'incompleto e lento adeguamento alla normativa vigente" e rileva "la gravità della mancata messa a norma
dal punto di vista sismico" per molti edifici scolastici, "tenuto conto delle conseguenze e della giurisprudenza penale in materia". L'indagine e relativa delibera dell'organismo di controllo obbligano ora le amministrazioni interessate a motivare perché non hanno provveduto ad applicare il Piano e ad adottare misure utili entro sei mesi.

---Tempi rapidi e meno burocrazia: pronto lo sblocco di un miliardo per l’edilizia scolastica

Tempi più rapidi per l'assegnazione a Province e comuni delle risorse per la messa in sicurezza delle scuole, con meno decreti da produrre. Pagamenti diretti agli enti beneficiari dei finanziamenti, senza passaggi intermedi. Concentrazione degli stanziamenti destinati all'edilizia sul Fondo per la programmazione triennale degli interventi, con un conseguente ulteriore snellimento delle fasi di assegnazione delle risorse. Fissazione a monte dei criteri per la distribuzione dei fondi del prossimo triennio. Aggiornamento in tempo reale e miglioramento dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, con l'obiettivo a breve di pubblicazione in chiaro dei dati, per una maggiore trasparenza e velocità nell'individuazione degli interventi prioritari. Sono le novità in materia di edilizia scolastica contenute nell’accordo quadro promosso dal ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, e dalla sua collega degli Affari regionali, Erika Stefani, che è stato siglato ieri in Conferenza Unificata. Modifiche che - parola di Bussetti - consentiranno lo sblocco in tempi brevi del primo miliardo sui 7 a disposizione del Miur.

L’accordo quadro
Innanzitutto il fatto che vengono fissati a monte i criteri di distribuzione dei fondi per l’edilizia scolastica validi per l'intero triennio : 43% sul numero studenti; 42% sugli edifici; 10% per le zone sismiche; 5% sull'affollamento delle strutture. Non andranno cioè contrattati prima di ogni distribuzione. Al tempo stesso vengono tagliati i tempi per le varie fasi e autorizzate le anticipazioni dirette agli enti locali. Che - è una stima del ministero - riceveranno i fondi al massimo in cinque mesi anziché in un anno e mezzo come oggi. Nel frattempo il testo ha imbarcato alcune modifiche a cominciare dalla previsione dell’accordo per la distribuzione del miliardo del Fondo infrastrutture strategiche previsto dalla legge di stabilità 2017 che non ne modificano l’impianto sostanziale.

La soddisfazione del ministro
«L’accordo di oggi è un esempio concreto di come si fa sistema. E voglio ribadire che l'edilizia scolastica è una priorità di questo Governo», è il commento del ministro Bussetti. 
 Che aggiunge: «Avremo più trasparenza, efficienza e un miglioramento della governance delle risorse. Dopo anni di procedure lunghe e farraginose, abbiamo definito un sistema semplificato che consentirà di ridurre notevolmente i tempi per l'assegnazione delle risorse e, dunque, per rendere le nostre scuole più sicure. Sbloccheremo subito il primo miliardo per l'antisismica. Nelle prossime ore daremo il via libera alla programmazione triennale 2018/2020. Con l'accordo di oggi, abbiamo definito anche, una volta per tutte, i criteri di riparto a livello regionale delle risorse, con un'attenzione particolare alle zone sismiche: saranno utilizzati ogni volta che ci sono fondi da assegnare, senza dover più predisporre decreti diversi per ciascun finanziamento».

----La Giunta regionale siciliana ha approvato la nuova riforma del travagliatissimo settore dei rifiuti. Dopo le famigerate società d'ambito (Ato) che hanno creato una voragine nei conti pubblici e le mai decollate società per la regolamentazione dei rifiuti (Srr), tocca all'Autorità di Governo d'Ambito Rifiuti (Agar).

Il fallimento delle precedenti riforme del settore dei rifiuti
L'ultima riforma del settore (la legge regionale n. 9/2010) non è riuscita a riportare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti entro accettabili canoni di efficacia ed efficienza.
La Sicilia è in piena emergenza rifiuti, con discariche sature ed un sistema vicino al collasso.
Ad oggi mancano atti di pianificazione e programmazione del ciclo rifiuti e un'idonea collocazione degli impianti.
Il vigente sistema organizzativo è connotato dalla presenza di 18 Società di Regolamentazione Rifiuti, uniche strutture titolari di funzioni organizzative e di controllo del servizio, ed una moltitudine di Ambiti Rifiuti Ottimali (Aro).

La nuova riforma nel disegno di legge del governo regionale
Il ddl approvato dal Governo regionale (delibera n. 224 del 20 giugno 2018) prevede la nascita di un nuovo organismo, su base provinciale, denominato "Autorità di Governo di Ambito dei Rifiuti" (Agar).
Il testo della riforma, esitata dal Governo, è composto da 32 articoli e sarà – a breve – esaminato dall'Assemblea Regionale Siciliana.
Le scelte decisionali sul servizio saranno esclusivamente in capo all'Agar e non potranno più essere frammentate su base comunale, in forma singola o associata. Questo anche se un minimo di efficienza si è recuperata con la gestione in capo ai Comuni.
Sarà l'Autorità d'Ambito a valutare e decidere in merito alle modalità di affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Alla stessa competeranno le funzioni di organizzazione dei servizi, di scelta della modalità di gestione, di stipula del contratto di servizio e la relativa vigilanza e controllo.

Gli organi dell'autorità di governo d'ambito rifiuti
Gli organi dell'Agar sono l'Assemblea d'Ambito, il Governatore d'ambito ed il Collegio dei revisori.
L'Assemblea d'ambito sarà composta dal presidente del Libero Consorzio Comunale (ente subentrato alle vecchie province) o dal sindaco della Città metropolitana (si attende la pronuncia della Corte Costituzionale sulla legittimità della sua elezione a suffragio universale).
I membri dell'Assemblea eleggono al loro interno un presidente con funzioni di organizzazione e coordinamento dell'organo. Ogni Comune è titolare di quote associative in base ai criteri che saranno definiti dall'Assessorato regionale per l'energia ed i servizi di pubblica utilità. L'Assemblea delibererà con il voto favorevole della metà dei componenti che rappresentino almeno la metà delle quote associative.
L'Assemblea provvederà all'approvazione dello statuto e del Piano d'ambito, nonché al suo aggiornamento.
Il Governatore d'Ambito è scelto dall'Assemblea tra i professionisti esperti o dipendenti pubblici in possesso di elevata competenza ed esperienza nel settore dei servizi pubblici aventi rilevanza economica. Il rapporto di lavoro sarà quinquennale e rinnovabile una sola volta.
Il Collegio dei revisori sarà composto da tre membri, ai quali si applicherà la disciplina degli enti locali.

La determinazione della tariffa
Spetterà all'Assemblea dei sindaci, su proposta del governatore d'ambito, determinare la tariffa e le modalità di gestione del servizio, nel rispetto delle disposizioni di settore vigenti.
Questa previsione potrebbe comportare problemi di armonizzazione con la disciplina nazionale. Le Commissioni Tributarie siciliane, in vigenza delle vecchie società d'ambito hanno già annullato molti avvisi di accertamento per le delibere di determinazione delle tariffe adottate direttamente dagli Ato, senza l'approvazione del Consiglio comunale, perché allora non supportate da un provvedimento legislativo.
Ogni Ato dovrà essere autosufficiente anche rispetto agli impianti che necessitano all'effettuazione del servizio.

Il ruolo di liberi consorzi di comuni e città metropolitane
Il Governo regionale ha scelto di creare nuovi organismi su base provinciale anziché attribuire direttamente la gestione del servizio a Città metropolitane e Liberi Consorzi. La scelta comporterà dei costi aggiuntivi (personale amministrativo, collegio dei revisori, etc.) che si sarebbero potuti evitare.
Alle ex province sono state attribuite tutte le funzioni in materia di controllo periodico su tutte le attività di gestione, intermediazione e di commercio dei rifiuti, nonché le funzioni in materia di autorizzazione integrata ambientale. Città metropolitane e Liberi consorzi dovranno anche verificare e controllare preventivamente l'avvio di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti.

Personale e rapporti pregressi
Il disegno di legge si pone l'obiettivo di valorizzare l'esperienza acquisita dal personale già impiegato nel settore, istituendo uno specifico albo dei lavoratori, con due sezioni. Alla prima sezione dell'albo verrà iscritto il personale già in servizio presso gli Ato e Srr alla data del 31 dicembre 2009 ed alla seconda sezione coloro che sono stati utilizzati a qualunque titolo dopo tale data. Questo personale godrà di tutte le tutele occupazionali previste dall'ordinamento vigente.
I contratti già stipulati dalle precedenti strutture che si sono occupate di rifiuti saranno sottoposti al vaglio di Commissione tecniche regionali, che verificheranno se sono stati stipulati in conformità alla normativa allora vigente. In sede di elaborazione del Piano d'ambito verrà valutata l'opportunità di uno scioglimento anticipato del rapporto contrattuale o, qualora eccessivamente oneroso, la sua prosecuzione fino a scadenza naturale.

Osservatorio regionale dei rifiuti
Il ddl di legge governativo tende ad istituire l'Osservatorio regionale dei rifiuti che dovrà raccogliere ed elaborare i dati e le informazioni sulla gestione dei rifiuti con l'obiettivo finale di garantire il necessario scambio di informazioni tra gli operatori istituzionali.

 

---Al via l'operazione «bonus acqua», i comuni possono ricevere le domande di agevolazione

Da ieri è possibile accogliere le domande di agevolazione della tariffa del servizio di acquedotto. Lo ricorda l'Anci ai comuni precisando che la «la gestione dell'iter di ammissione viene effettuata tramite il sistema SGAte, così come per il Bonus elettrico e Gas, il quale è stato adeguato al fine di consentire anche l'inserimento delle richieste di ammissione al bonus acqua».

Cosa è il bonus acqua
Si tratta di una misura volta a ridurre la spesa per il servizio di acquedotto delle famiglie in condizione di disagio economico e sociale. E' stata prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 ottobre 2016, emanato in forza dell'articolo 60 del cosiddetto Collegato Ambientale (legge 28 dicembre 2015, n. 221) e successivamente attuata con provvedimenti dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Consente di non pagare un quantitativo minimo di acqua a persona per anno. Tale quantitativo è stato fissato in 50 litri giorno a persona (18,25 mc di acqua all'anno), corrispondenti al soddisfacimento dei bisogni essenziali.

Chi ne ha diritto
Hanno diritto ad ottenere il bonus acqua gli utenti diretti ed indiretti del servizio di acquedotto in condizioni di disagio economico sociale, cioè che sono parte di nuclei familiari:

•con indicatore Isee non superiore a 8.107,5 euro;

•con indicatore Isee non superiore a 20.000 euro se con almeno 4 figli a carico.

----Il Comune non risponde dei danni provocati dai rifiuti lasciati per strada, quindi le stelle possono restare a guardare, speriamo almeno che la luna abbia un occhio di riguardo.

La presenza di sacchi di immondizia per le strade di fianco ai cassonetti rappresenta un problema di difficile soluzione in diverse città e Comuni italiani. L'accumulo di rifiuti, infatti, costituisce una minaccia per la salute e per l'ambiente, oltre a provocare degrado e un certo danno estetico. Tuttavia, i rifiuti nelle strade non possono essere considerati "cose" su cui vige l'obbligo di custodia per la Pubblica amministrazione; o meglio, in caso di danno provocato a terzi dalla presenza di sacchi di immondizia per strada non scatta il risarcimento del danno previsto dall'articolo 2051 del codice civile. È quanto si desume dall'ordinanza n. 12579 della Cassazione, depositata ieri, che ha respinto il ricorso contro la decisione dei giudici di merito che, sia in primo grado che in appello, avevano negato la configurabilità del danno da cose in custodia.

Il caso
La vicenda, abbastanza singolare, si è svolta a Ercolano e ha visto come protagonista un adolescente il quale, «uscendo di corsa da un vincolo per recuperare il pallone che gli era sfuggito», era inciampato su un cumulo di immondizia collocato a terra di fianco ai cassonetti già pieni di buste della spazzatura, ferendosi così a una mano. In seguito, i genitori del ragazzo hanno citato in giudizio il Comune, oltre al consorzio gestore del servizio dei rifiuti, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. I giudici di merito però non hanno ritenuto sussistere la responsabilità degli enti chiamati in causa: l'incidente era avvenuto in pieno giorno e le buste della spazzatura, anche se inopportunamente collocate per strada, erano ben visibili.

La decisione
La questione è arrivata poi in Cassazione dove il ragazzo, nel frattempo divenuto maggiorenne, chiede ai giudici di legittimità di rivalutare la ricostruzione dei fatti, tenendo in considerazione la mancata prova del caso fortuito da parte dell'amministrazione. Il collegio glissa però sul punto, sottolineando l'impossibilità di procedere al riesame del merito della vicenda e rimarcando come «il caso fortuito idoneo a fare venire meno la responsabilità del custode può essere costituito anche dal comportamento colposo del danneggiato», proprio come accaduto nella fattispecie.

 

---WiFi4EU, al via le domande dei Comuni per internet gratis finanziato dalla Commissione Ue

Si è aperto ieri il primo invito a presentare le domande per i Comuni interessati al piano della Commissione Ue da 120 milioni di euro che punta a dotare 8mila enti in tutta Europa di wi-fi gratuito negli spazi pubblici. Il progetto WiFi4EU è destinato ai cittadini dell'Ue e ai visitatori e permetterà loro di accedere gratuitamente a connessioni Wi-Fi in luoghi pubblici come parchi, piazze, edifici pubblici, biblioteche e centri sanitari nell'Unione.
Il progetto ha visto una prima fase di "registrazione" iniziata il 20 marzo in cui gli enti hanno dovuto appunto registrarsi sul portale. Fino a oggi si sono registrati oltre 17.000 Comuni.
Nel corso dell'estate la Commissione Ue annuncerà i primi 1000 vincitori dei fondi: saranno almeno 15 per ognuno dei 28 Paesi Ue.
I Comuni saranno selezionati in base all'ordine di presentazione delle domande. Per garantire una distribuzione geografica equilibrata tra gli Stati membri, ogni paese potrà ricevere un minimo di 15 e un massimo di 95 buoni. Si tratta del primo dei cinque inviti che saranno pubblicati fino al 2020.

Il piano di finanziamento
I buoni WiFi4EU di 15.000 euro coprono i costi delle attrezzature e delle installazioni degli hotspot Wi-Fi che soddisfano i requisiti definiti nel testo dell'invito e nella convenzione di sovvenzione che sarà firmata con i comuni selezionati. Questi ultimi sosterranno i costi della connettività (abbonamento a internet), del funzionamento e della manutenzione delle apparecchiature per almeno 3 anni. Il Comune si farà carico anche dei costi relativi alla procedura di gara d'appalto (compresa l'elaborazione del capitolato d'oneri), della messa a punto della necessaria connettività backhaul (ad esempio l'estensione delle reti) o delle attrezzature aggiuntive non direttamente pertinenti agli hotspot .

La realizzazione
I vincitori dei voucher avranno tempo 18 mesi per installare il wifi gratuito tramite società tlc e fornitori internet di loro scelta e nei luoghi pubblici di loro scelta. Internet dovrà avere una velocità di almeno 30Mbps e dovrà essere disponibile almeno per tre anni, non dovrà essere necessario raccogliere dati personali per utilizzarlo. La zona coperta non deve essere già beneficiaria di progetti simili. A questo primo bando faranno seguito altre quattro procedure che saranno spalmati sui prossimi due anni, di un valore pari all'8% sui 120 milioni di euro totali Ue messi a disposizione per il programma WiFi4EU. 

Rifiuti, il Sud consuma meno ma paga il 34% di Tari in più 

L'Europa chiede da anni agli Stati membri di regolare la gestione dei rifiuti sulla base del principio del «chi inquina paga», che imporrebbe di misurare le bollette presentate a famiglie e imprese sulla quantità di rifiuti prodotti. Ma il criterio europeo, nato per favorire i comportamenti di produzione e consumo che impattano meno sull'ambiente, vive in Italia un'applicazione paradossale. Da noi paga chi inquina non perché produce più rifiuti, ma perché vive in territori dove il servizio è scadente, la raccolta differenziata arranca e gli impianti sono più rari e arretrati. Paga di più, insomma, chi ha meno servizi.

I numeri chiave

La lunga trafila che parte dal cassonetto sotto casa, passa attraverso gli impianti di raccolta e trattamento e quando va bene torna sul mercato portando materiali riciclati, si traduce in euro con le tariffe presentate a cittadini e imprese. Il quadro aggiornato arriva dalla nuova edizione del Green Book, che dopo due anni offre un censimento nuovo e ampliato su costi, risultati e investimenti dell'igiene ambientale italiana. Nel 2017 una famiglia-tipo di tre persone che vivono in 100 metri quadrati, spiega l'analisi condotta da Utilitatis con la collaborazione di Cassa depositi e prestiti, ha pagato una tariffa rifiuti da 312 euro. «La spesa non cresce negli ultimi anni - rivendica Filippo Brandolini, presidente di Herambiente e vicepresidente di Utilitalia - e ci sono segnali di sviluppo all'interno di un panorama nazionale che però rimane molto differenziato».
Come tutte le famiglie-tipo, in effetti, anche quella appena citata non esiste nella realtà, perché è frutto di una media statistica fra situazioni molto diverse fra loro. Andando più nel dettaglio nelle oltre 250 pagine di grafici e tabelle, si scopre che se la fantomatica famiglia abita al Nord il suo conto medio è da 271 euro, mentre nel Mezzogiorno sale del 33,6% e arriva a 362 euro l'anno. Ma nel Sud, per un insieme di fattori che vanno dal reddito medio alle diverse abitudini di consumo fino alla differente geografia industriale, si produce all'anno in media il 13% in meno dei rifiuti pro capite delle Regioni settentrionali. Nel Mezzogiorno, insomma, si "consuma" meno ma si paga di più. «Queste differenze - spiega Brandolini - spesso dipendono dalla presenza o meno di imprese strutturate e dalla governance, fatta di dimensioni degli ambiti ottimali, operatività degli enti di governo, struttura e durata delle gare; e si riflettono nella dimensione, e quindi nella capacità operativa e finanziaria, degli operatori». Tutto questo si traduce nei risultati del servizio, che allargano il solco fra le due Italie dei rifiuti come mostra bene il tasso di raccolta differenziata: nelle città settentrionali ha raggiunto ormai il 64,2% mentre nei centri meridionali si ferma al 37,6%, cioè 26,6 punti sotto.

Il caos sulle imprese

La forbice torna, molto più ridotta, per le imprese, ma per aziende, artigiani e commercianti i dati medi significano poco o nulla all'interno del problema vero, rappresentato dal caleidoscopio infinito delle scelte tariffe comunali. A seconda del Comune in cui si trova, un ufficio o uno studio professionale può pagare dagli 1,25 ai 12,77 euro al metro quadrato, per i negozi di abbigliamento le richieste locali variano da 1,65 a 16,36 euro al metro e nel caso dei ristoranti l'altalena cambia i valori addirittura di 14,5 volte, dai 3,67 euro al metro chiesti dal piano finanziario più economico ai 53,27 pretesi da quello più caro. Trovare un criterio in una girandola di cifre come questa è impresa impossibile, e altrettanto complicato è individuare regole certe per separare i rifiuti delle imprese gestiti dai servizi pubblici e quelli «speciali», smaltiti (e pagati) in proprio. Un decreto ministeriale, chiesto dal Codice dell'ambiente del 2006 e dopo 11 anni imposto al governo da una diffida dei giudici amministrativi, è pronto ma bloccato nei cassetti. È un'altra vittima ignorata dello stallo politico, insieme all'avvio vero e proprio dei lavori sull'igiene ambientale da parte dell'Arera, che dopo l'ultima manovra deve occuparsi anche di rifiuti e diventare un'Authority ambientale a tutto campo. I suoi vertici, però, sono appena stati prorogati per l'ordinaria amministrazione in attesa che un nuovo governo decida a chi affidare questo ricco portafoglio di competenze che vanno dall'energia al servizio idrico passando appunto per i rifiuti.

Impianti e polemiche

A distanziare costi e qualità dei servizi all'interno del Paese non è solo una questione di abitudini, o di tassi di efficienza a scartamento ridotto di alcune ex municipalizzate del Centro-Sud. Questi due fattori sono senza dubbio importanti, ma anche i più generosi tentativi di cambiare il passo inciampano su un ostacolo strutturale: gli impianti.
In questi anni il dibattito pubblico si è concentrato intorno alle polemiche territoriali sui termovalorizzatori, ma è l'intero ventaglio tecnologico sviluppato per ricavare dai rifiuti energia, biogas, compost e così via a disegnare una geografia a senso unico. Su 41 impianti di recupero energetico presenti in Italia, 34 (l'83%) sono al Centro-Nord, e lo stesso accade per le 31 strutture che utilizzano processi biologici per produrre biogas o compost dai rifiuti organici: gli impianti integrati censiti nel Paese sono 31, e solo 3 (due in Campania e uno in Sardegna) si incontrano nel Mezzogiorno. Il quadro si fa un po' più equilibrato solo nei tratti meno avanzati della filiera, a partire dagli impianti di trattamento meccanico biologico che gestiscono soprattutto i rifiuti indifferenziati e sono sparsi su tutto il territorio. Ma i problemi non mancano come mostrano i casi quali quello di Roma, dove basta uno dei tanti picchi di consumo prodotti dai flussi turistici e dai calendari delle feste per bloccare in strada i rifiuti che la fragile rete di impianti non riesce ad accogliere.
La strada da coprire, insomma, è lunga, anche se il panorama non è statico e mostra qualche buona notizia sul lato degli investimenti, arrivati l'anno scorso a quota 1,86 miliardi con un balzo del 53% rispetto all'anno prima. L'impennata segue un triennio di stasi e si spiega prima di tutto con gli effetti di Industria 4.0, che ha spinto a livello fiscale soprattutto gli investimenti in macchinari e tecnologie. Esiste però anche un motore esterno, rappresentato dal bilancio europeo che per il 2014-2020 ha messo a disposizione 1,3 miliardi per il comparto italiano dei rifiuti, a cui si aggiunge una cifra analoga del fondo sviluppo e coesione all'interno dei «patti per il Sud». I servizi pubblici locali, e l'igiene urbana in particolare, stanno poi diventando centrali nelle strategie della Bei, che potrebbe dare una mano al settore per raggiungere i cinque miliardi di investimenti stimati come fabbisogno dagli esperti. Ma c'è un rischio. La capacità di investimento è ovviamente proporzionale alla salute dei bilanci, e i conti stanno meglio dove le aziende e gli ambiti territoriali sono più grandi e strutturati. Con una distribuzione degli investimenti fedele al livello attuale di sviluppo del settore, allora, l'innovazione rischia di allungare ancora le distanze fra Nord e Sud.

---Sicilia, la società regionale che aumenta l'organico del 1.000 per cento
In Sicilia c'è un'azienda che sta per moltiplicare per 10 in un colpo solo il proprio organico, stracciando le storie di maggior successo della Silicon Valley. Palermo però non è Cupertino, e il botto non arriva da un'invenzione geniale ma dalla Finanziaria regionale approvata ieri. La storia riguarda la Resais Spa, una società della Regione Sicilia che oggi conta 284 dipendenti e assumerà in blocco quasi 2.900 persone: grazie a poche righe in una legge che indirizza altri 13mila precari verso il posto fisso nei Comuni, dove già si è battuto ogni record in fatto di dipendenti pubblici.

La maratona
Finanziaria regionale e precari sono da sempre un binomio inscindibile in Sicilia, ma la maratona che quest'anno ha costretto l'Assemblea regionale a saltare il ponte fra 25 aprile e 1° maggio batte ogni primato. La corsa ha impegnato per tutto il fine settimana i "deputati", così si chiamano a Palermo i consiglieri regionali, per arrivare in tempo alla mezzanotte di ieri, quando sono scaduti i termini dell'esercizio provvisorio: senza bilancio approvato, la carrozza del consiglio regionale si sarebbe trasformata nella zucca di un'Assemblea in scioglimento. L'urgenza non ha permesso nemmeno una sosta per vedere la sfida scudetto Inter-Juventus di sabato sera, provocando uno scontro fra il presidente dell'Ars Gianfranco Micciché che aveva deciso la sospensione e il governatore Nello Musumeci che ha imposto di evitarla. E soprattutto non ha consentito di andare tanto per il sottile sulle norme di spesa. Ma i numeri dicono tutto.

Un'azienda solo per il personale
Poco meno di 2.900 persone entreranno negli organici della Resais Spa. Ma che cosa fa la Resais? Gestisce personale. Già, perché la società serve allo scopo specifico di assorbire i dipendenti degli enti regionali che nel tempo sono stati sciolti: nel bacino sono finiti via via l'Azienda asfalti siciliani (Azasi), che fedele al suo nome doveva sviluppare «la ricerca, la trasformazione e il consumo degli asfalti siciliani» ed è stata chiusa nel 2002, l'Ente siciliano per la promozione industriale (Espi), in liquidazione dal 1999, e l'Ente minerario siciliano (Ems), chiuso nello stesso anno. Ma ora sulla Resais, che nell'ultimo bilancio dichiara un «valore della produzione» da 25,2 milioni composto per il 98,6% dai contributi della Regione, piove un'eredità fuori misura.I quasi 2.900 dipendenti in arrivo sono i cosiddetti ex Pip, persone imbarcate fin dal 1999 in un piano di «inserimento professionale» che avrebbe dovuto gestire l'«emergenza Palermo» con un progetto che però è presto naufragato. I diretti interessati sono stati utilizzati qua e là per esigenze varie della pubblica amministrazione, e poi abbandonati a loro stessi con un sussidio: e con il più classico dei ricatti con cui molta politica siciliana ha tenuto legate migliaia di persone a una Pa senza soldi, promettendo il posto fisso in cambio di consenso. Ora il posto fisso arriva, con una finanziaria targata centrodestra che però porta al traguardo un progetto nato vent'anni fa con il centro-sinistra e a lungo al centro dell'agenda anche della vecchia giunta Crocetta.

I precari dei Comuni
Lo stesso posto fisso, con un altro articolo della finanziaria, è in arrivo anche per 13mila precari degli enti locali. In questo caso le regole sono quelle dell'Italia a Statuto ordinario, perché è la riforma Madia a permettere alla Pubblica amministrazione di stabilizzare i precari con almeno tre anni di anzianità negli ultimi otto. Ma ancora le cifre fanno dell'Isola una terra da primato: nel resto del Paese l'Associazione nazionale dei Comuni stima circa 20mila stabilizzazioni in tre anni, mentre nella sola Sicilia, dove vive l'8,3% degli italiani, si arriva a contarne 13mila. Anche questo dato è il frutto di una storia bipartisan, che fino a quando è stato possibile ha gonfiato gli organici (in Sicilia, dice la Corte dei conti, il rapporto numerico fra dipendenti comunali e popolazione supera del 45% la media nazionale) e poi ha fatto esondare le liste dei precari da qualsiasi bacino gestibile in modo ordinato. Anche l'eccesso di spesa rigida per il personale ha alimentato l'epidemia siciliana dei dissesti comunali (il 24,6% dei Comuni dell'Isola è stato colpito dal default o è in pre-dissesto, contro il 5,6% della media nazionale), ma un aiuto può arrivare ancora una volta dalla nuova finanziaria: i fondi regionali ai sindaci saranno distribuiti solo in base alla spesa storica e popolazione, con tanti saluti ai parametri standard che si stanno facendo largo nelle regole nazionali.

 

---Rifiuti, rinnovato con 1, 5 milioni il bando Anci-Conai per progetti di comunicazione locale

Avranno tempo fino al 18 maggio i Comuni singoli o associati (con popolazione superiore a 5mila abitanti) e gli enti di governo del servizio rifiuti che intendano presentare progetti di comunicazione locale finalizzati al miglioramento della gestione dei rifiuti di imballaggio.
Le regole e le modalità di presentazione dei progetti sono stabilite all'intero delle «Linee Guida alla comunicazione locale 2018» con cui il Conai ha confermato il proprio impegno per il 2018 con un budget totale di 1,5 milioni. Questo importo è ripartito nelle tre macroaree del Paese così come segue:
- 375.000 euro per le Regioni del Nord (Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria ed Emilia Romagna);
- 500.000 euro per le regioni del Centro (Toscana, Marche, Lazio e Umbria);
- 625.000 euro per le regioni del Sud e Isole (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna).

I Comuni potranno inviare i propri progetti entro e non oltre il 18 maggio 2018 esclusivamente con invio tramite PEC all'indirizzo di posta elettronica bandoanciconai@legalmail.it. I progetti, finanziati con le risorse erogate dal Conai nell'ambito dell'Accordo quadro 2014-2019, saranno valutati entro il 15 giugno 2018 da una Commissione formata da quattro membri (due in rappresentanza di Anci e due di Conai) che stilerà tre graduatorie; una per per il Nord, una per il Centro e una per il Sud e le isole.

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È attiva la procedura riservata ai Comuni per il rilascio della Carta della Famiglia. Per accedere i referenti comunali dovranno registrarsi tramite l'apposito form e riceveranno – a seguito di una verifica dei dati inseriti – le credenziali di accesso.
Si realizza così la prima fase operativa della Carta della Famiglia, la card sconti riservata ai nuclei familiari con almeno tre figli minori e un Isee in corso di validità non superiore a 30mila euro, istituita con il decreto interministeriale 20 settembre 2017.
La richiesta della Carta è presentata da uno dei genitori dei componenti minorenni appartenenti al nucleo familiare, che diventa titolare della stessa e responsabile del suo utilizzo. Il soggetto richiedente e i beneficiari della Carta devono essere residenti nel territorio italiano al momento della richiesta. Nel caso di minori in affidamento familiare, la richiesta può essere presentata dagli affidatari per il periodo di permanenza dei minori in famiglia. Ai soli fini del rilascio della Carta, i minorenni in affidamento familiare vengono sempre conteggiati nel computo dei minorenni presenti nel nucleo familiare.

 

Per i bilanci rinvio di un mese - Al via 1,6 miliardi alle Province e 344 milioni di spazi finanziari ai Comuni

 

Via libera alla distribuzione di due miliardi di euro fra Province, Città metropolitane e Comuni, e un mese in più per scrivere i preventivi 2018, che quindi andranno chiusi entro il 31 marzo.

Il rinvio
È il doppio risultato della Conferenza Stato-Città di ieri, che è tornata sul terreno tradizionale delle proroghe dei bilanci nonostante l'intesa che a fine novembre aveva dichiarato l'intoccabilità del termine del 28 febbraio: una pretesa avanzata a suo tempo dal governo in "cambio" degli allentamenti su Fondo crediti di dubbia esigibilità e peso dei parametri standard nella distribuzione del fondo di solidarietà. I correttivi previsti da quell'accordo sono arrivati con la manovra, ma ieri è arrivata anche la proroga.

Fondi a Province e Città
Sul piano dei valori in campo, però, il capitolo cruciale affrontato ieri è quello del decreto del ministero delle Infrastrutture che distribuisce fra gli enti di area vasta il maxi-fondo da 1,6 miliardi in sei anni, messo a disposizione dalla legge di Bilancio per la manutenzione delle strade. Il meccanismo, che segna il punto di svolta per i bilanci provinciali e azzera i tagli ipotizzati all'indomani della riforma, offre un orizzonte pluriennale per le opere di ripristino della rete stradale spesso abbandonata negli anni della crisi finanziaria. Il decreto distribuisce il maxifondo in base a tre criteri: la consistenza della rete (estensione e traffico) pesa per il 78%, il 10% è attribuito in base al tasso di incidentalità e l'altro 12% dipende dalla vulnerabilità a frane e alluvioni.

Edilizia scolastica
Via libera infine a 344 milioni di spazi finanziari per gli interventi sull'edilizia scolastica dei Comuni. Gli spazi saranno distribuiti fra 970 strutture in 596 enti. I 56 milioni che avanzano dal plafond originario saranno destinate alle opere diverse dall'edilizia scolastica.

stralcio del decreto: ARTICOLO 1 Destinazione delle risorse 1 - La somma complessiva di 1.620 milioni di euro ripartita in euro 120 milioni per l'anno 2018, euro 300 milioni per l'anno 2019, euro 300 milioni per l'anno 2020, euro 300 milioni per l'anno 2021, euro 300 milioni per l'anno 2022, euro 300 milioni per l'anno 2023 è destinata al finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di Province e di Città metropolitane delle Regioni a Statuto Ordinario e delle Regioni Sardegna e Sicilia. 2 - Tali Enti assumeranno le funzioni di soggetti attuatori per gli interventi compresi nei programmi ammessi a finanziamento nel rispetto delle procedure di cui al Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 "Codice dei contratti pubblici" e successive modifiche ed integrazioni.

ARTICOLO 2 Criteri di ripartizione delle risorse 1 - Le risorse di cui all'articolo 1 sono ripartite tra le Province e le Città metropolitane sulla base dei parametri descritti nella nota metodologica di cui all'allegato 1 applicati ai seguenti criteri: a) consistenza della rete viaria; b) tasso di incidentalità; c) vulnerabilità rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico. 2 - Per il calcolo del piano di riparto a ciascun criterio sono attribuiti i seguenti pesi di ponderazione, applicati nell'allegato 2. a) Consistenza della rete stradale – 78%, articolato nei seguenti parametri: - estensione chilometrica della intera rete stradale provinciale e della quota parte ricadente in zona montana – Peso 50%; - numero di veicoli circolanti per provincia – Peso 28%; b) Incidentalità – 10%, articolato secondo i seguenti parametri: - numerosità degli incidenti, dei morti e dei feriti per km di rete stradale. c) Vulnerabilità per fenomeni di dissesto idrogeologico – 12%, articolato nei seguenti parametri: - popolazione a rischio residente in aree a pericolosità da frana su base provinciale - Peso 6%; - popolazione a rischio residente in aree a pericolosità idraulica su base provinciale - Peso 6%.

ARTICOLO 4 Utilizzo delle risorse 1 - Le risorse di cui all'articolo 1 saranno utilizzate esclusivamente per: - la progettazione, la direzione lavori, il collaudo, i controlli in corso di esecuzione e finali, nonché le altre spese tecniche necessarie per la realizzazione purché coerenti con i contenuti e le finalità della legge e del presente decreto comprese le spese per l'effettuazione di rilievi concernenti le caratteristiche geometriche fondamentali, lo stato/condizioni dell'infrastruttura, gli studi e rilevazioni di traffico, il livello di incidentalità, l'esposizione al rischio idrogeologico; - la realizzazione degli interventi di manutenzione straordinaria e di adeguamento normativo delle diverse componenti dell'infrastruttura incluse le pavimentazioni, i ponti, i viadotti, i manufatti, le gallerie, i dispositivi di ritenuta, i sistemi di smaltimento acque, la segnaletica, l'illuminazione, le opere per la stabilità dei pendii (di interesse della rete stradale), i sistemi di info-mobilità, le installazione di sensoristica di controllo dello stato dell'infrastruttura; - la realizzazione di interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza dell'infrastruttura esistente in termini di caratteristiche costruttive della piattaforma veicolare, ciclabile e pedonale, della segnaletica verticale e orizzontale, dei manufatti e dei dispositivi di sicurezza passiva installati nonché delle opere d'arte per garantire la sicurezza degli utenti; - la realizzazione di interventi di ambito stradale che prevedono: - la realizzazione di percorsi per la tutela delle utenze deboli; - il miglioramento delle condizioni per la salvaguardia della pubblica incolumità; - la riduzione dell'inquinamento ambientale; - la riduzione del rischio da trasporto merci inclusi i trasporti eccezionali; - la riduzione dell'esposizione al rischio idrogeologico; - l'incremento della durabilità per la riduzione dei costi di manutenzione.

L'emissione
La Carta viene emessa con validità biennale, su richiesta degli interessati, previa presentazione della dichiarazione sostitutiva unica ai fini Isee in corso di validità, dal Comune dove il nucleo familiare ha la propria residenza anagrafica. In caso di componenti del nucleo con diversa residenza anagrafica, la residenza familiare è quella dichiarata a fini Isee. La Carta dovrà recare sul retro il logo del Comune emittente, il numero progressivo della tessera, preceduto dal codice Comune, i dati anagrafici e il codice fiscale dell'intestatario, il luogo e la data di emissione, nonché la data di scadenza. La Carta dovrà recare l'indirizzo del sito internet di servizio dedicato.

Le agevolazioni
La Carta consente l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi, ovvero a riduzioni tariffarie concessi dai soggetti pubblici o privati che intendano contribuire all'iniziativa.
Nell'elenco delle categorie merceologiche dei beni e delle tipologie di servizi rientrano prodotti alimentari, bevande analcoliche, prodotti per la pulizia della casa e per l'igiene personale, articoli di cartoleria e di cancelleria, libri e sussidi didattici, medicinali, prodotti farmaceutici e sanitari, abbigliamento e calzature. Tra i servizi, c'è la fornitura di acqua, energia elettrica, gas e altri combustibili per il riscaldamento, la raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, i servizi di trasporto, ricreativi e culturali, musei, spettacoli e manifestazioni sportive, palestre e centri sportivi, servizi turistici, alberghi e altri servizi di alloggio, impianti turistici e del tempo libero, servizi di ristorazione, servizi socioeducativi e di sostegno alla genitorialità, istruzione e formazione professionale.
I benefici possono essere attivati:
a) dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su base nazionale, previa formalizzazione di protocolli d'intesa con le amministrazioni centrali interessate o convenzioni con soggetti pubblici e privati a rilevanza nazionale;
b) dalle Regioni e dalle Province autonome, su base regionale, mediante la stipulazione di convenzioni con soggetti pubblici e privati a rilevanza regionale;
c) dai Comuni, su base comunale, mediante la stipula di convenzioni con soggetti pubblici e privati a rilevanza locale, ovvero riduzioni di tariffe dei servizi pubblici locali erogati direttamente o indirettamente.

 

---Chiunque si siederà sulla poltrona di assessore al bilancio dopo le elezioni di domenica, dovrà misurare il titanico sforzo che lo aspetta a partire da un numero. Enorme. Sono i 5 miliardi e 896 milioni di rosso con cui la Regione ha chiuso il 2016, che hanno spinto la Corte dei conti a un passo da un'inedita bocciatura del bilancio.

Il visto della Corte dei conti
Alla fine il bollo della magistratura contabile è arrivato, anche per evitare di infiammare la vigilia pre-elettorale con il primo stop a un bilancio regionale da quando il governo Monti ha introdotto la «parifica». Ma la maggioranza delle coperture resta quantomeno incerta: 2,6 miliardi dal fondo anticipazioni di liquidità (un prestito per finanziare un deficit), e altri due miliardi abbondanti dal recupero degli arretrati (i «residui»). In pratica, Palermo prevede fra quest'anno e il prossimo di realizzare un saldo positivo di due miliardi dalla differenza fra gli incassi e pagamenti relativi a queste vecchie partite: una prospettiva parecchio ottimista, dopo che nel 2016 sono stati incassati 411 dei 1.564 milioni riportati dagli esercizi precedenti. Non solo, ma come spiega la Procura della Corte dei Conti, l'eccedenza, o avanzo, effettivamente realizzato nel corso del 2016 si attesta quindi a soli 357 milioni di euro, invece dei 1.120 milioni previsti, con una differenza negativa di 763 milioni di euro. «Alla luce di quanto precede - scrive il procuratore regionale -, è verosimile che anche nel 2017 e 2018 non si realizzi l'avanzo previsto e, pertanto, la copertura del disavanzo di amministrazione per questa quota parte risulti incerta». Ed è proprio la partita dei residui a sollevare dubbi sulle effettive coperture.

I residui
Dopo l'ingente pulizia degli anni passati, la massa dei residui attivi reimputati è di quasi 2 miliardi, un importo tale da far sorgere, continua la Procura, serie perplessità sia sulla reale esigibilità sia sull'esito della riscossione effettiva. Basti un dato. Tra residui attivi reimputati e quelli di nuova formazione nel 2016 la quota delle entrate "vecchie" non ancora riscosse è ora di 4,2 miliardi. Se anche si riscuotesse la metà di queste entrate scritte sulla carta mancherebbero al bilancio reale delle entrate oltre 2 miliardi.
Tutto questo accade in un'isola in cui lo Statuto speciale trasforma la Regione nel Sole del sistema copernicano della pletorica Pa siciliana. L'affanno dei conti regionali ha finora messo nel cassetto la costruzione del fondo (obbligatorio) per coprire le perdite delle partecipate, dove lavorano oltre 7mila persone reclutate spesso senza un abbozzo di procedura pubblica (obbligatoria anch'essa). E dai finanziamenti regionali dipende una parte importante della vita dei Comuni: ma i fondi non arrivano, e i conti non si chiudono.

La situazione dei Comuni
A inizio ottobre in metà dei 391 Comuni siciliani mancava ancora il preventivo di quest'anno (la scadenza era il 30 marzo), e ancora più numerosi sono gli enti in cui non è stato approvato il consuntivo dell'anno scorso: con effetti a catena, perché l'assenza del rendiconto blocca anche i fondi nazionali. La macchina dei trasferimenti è ancora inceppata, e giusto lunedì, in extremis, sono arrivati i fondi per gli stipendi dei precari. Delle Province, poi, non è nemmeno il caso di parlare: abolite su carta nel 2013, un anno prima della riforma Delrio, hanno prodotto un ibrido istituzionale che secondo l'ultimo progetto di legge regionale avrebbe riportato in vita elezioni e indennità. Dopo l'impugnazione del governo, se ne occuperà la Corte costituzionale.(fonte il sole 24 ore)

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