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di Domenico Ferrara

Per molti Alessandro Pajno è un nome come un altro. Per Sergio Mattarella invece è un amico fraterno da oltre 30 anni e col quale trascorre spesso le vacanze dalle Dolomiti all'isola di Lipari.

Ma la scelta che potrebbe pendere su di lui come premier non è solo dettata dal legame affettivo che li lega. Perché Pajno è un giurista, un uomo di Stato e potrebbe rappresentare un profilo di garanzia.

Nato a Palermo il 31 agosto 1948, sposato con tre figli, Pajno è presidente del Consiglio di Stato e ha ricoperto numerosi incarichi nel corso della sua carriera: da Procuratore dello Stato, Avvocato dello Stato e Consigliere di Stato. È stato, tra le altre cose, consigliere giuridico e capo gabinetto del ministro Mattarella e capo di gabinetto dei ministri Jervolino (Pubblica Istruzione) e Ciampi (Tesoro) durante il governo D'Alema.

Durante il primo governo Prodi è stato segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri mentre durante il secondo governo Prodi ha ricoperto l'incarico di sottosegretario all'Interno.

Schivo ma anche schivato dai cronisti politici, Pajno si è sempre dedicato alle pubblicazioni, alla semplificazione legislativa e della giustizia e alle riforme istituzionali, vero suo pallino.

Il 30 gennaio di quest'anno, nell'incipit del suo intervento all'inaugurazione dell'anno giudiziario della giustizia amministrativa, si è accodato al coro della sinistra buonista allarmata dal presunto ritorno del fascismo: "Purtroppo, non solo nel nostro paese, sembrano risorgere i fantasmi della razza, della discriminazione, dei muri chiamati a proteggere dall'accoglienza".

Qualche giorno prima, parlando a un convegno sugli ottant'anni dalle leggi razziali organizzato dall'Unione comunità ebraiche, si interrogò: "Possono ancora ripetersi esperienze come quelle legate alle leggi razziali?". E si rispose osservando come nel presente si noti il "riemergere di nuove discussioni sulla razza", "di preclusioni legate alla religione o alla cultura", "l'affermarsi di uno spirito che al "noi" preferisce sempre l'"io" e di una "nuova tendenza a frapporre, pure nei paesi dell'Unione europea, barriere e muri incompatibili con i valori enunciati dalle costituzioni e dalla Carta dei diritti".

Giusto per rimanere in tema di accoglienza, nel 2006, quando era sottosegretario all'Interno nel governo Prodi annunciò la possibilità di dare agli immigrati il diritto di voto per eleggere i consigli delle circoscrizioni e dei quartieri. "Alcuni Comuni hanno già previsto il voto per i consigli circoscrizionali per gli immigrati. Stiamo valutando l'ipotesi di estenderlo, per favorire una forma di partecipazione più diretta a queste istituzioni semi-amministrative'', dichiarò Pajno.

Poi i richiami pubblici al rispetto delle regole sulle scuole di magistratura (a seguito del caso del giudice Bellomo); l'allarme sui processi disciplinari troppo lenti, i moniti sul monitoraggio della spesa pubblica e sull'inflazione legislativa. Dichiarazioni sporadiche e spesso non finite sui giornali. Perché alla fine Pajno è, appunto, più un uomo di Stato che preferisce lavorare dietro le quinte.(ilgiornale.it)

L'INTERVENTO 

Pajno sì, Pajno no

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di Alfio Ziino

Egregio Direttore,

leggo sul Notiziario il profilo del dottor Alessandro Pajno e della ventilata possibilità che lo stesso possa esser chiamato dal Presidente della Repubblica alla formazione del nuovo governo. Onestamente mi sembra improbabile quanto meno per correttezza istituzionale. Che il Presidente chiami a costituire il governo un suo fraterno amico, tale vien dipinto, sarebbe come fare il capo del governo "in proprio".

Viceversa non riesco a scrollarmi di dosso il pensiero che il buon Presidente, vecchio e collaudato democristiano di sinistra, per così dire un cattocomunista, veda come il fumo negli occhi Matteo Salvini. Con le ovvie, conseguenti considerazioni, non dimenticando che il consaputo Presidente, non fosse altro che per tradizione familiare, di pelo sullo stomaco ne ha da vendere..

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NOTIZIARIOEOLIE.IT

LE INTERVISTE DE "IL NOTIZIARIO". Lipari, ALLE 19,30 al Centro Studi incontro con Alessandro Pajno presidente del Consiglio di Stato

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di Edda Guerrini 

Maria Elisabetta Casellati ha ricevuto dal presidente della Repubblica l' incarico esplorativo per formare il nuovo governo. Nessuno, però, né al Quirinale, né negli altri Palazzi, si illude che il tentativo vada a buon fine. Tutt' altro. Nemmeno Mattarella. Ma è una scelta quasi dovuta. Anzi, è necessaria proprio per superare l' impasse. Per aprire qualsiasi altro scenario, si spiega, prima occorre che sia esaurita completamente la possibilità che lo schieramento vincente possa produrre una maggioranza. «Casellati? Mi sembra che possa fare un buon lavoro», ha detto un Matteo Salvini sempre più impaziente («Io sto quasi perdendo la pazienza: o si fa il governo o si torna a votare»). È un nome che va bene un po' a tutti anche perché evita di bruciare altri nomi sui cui i partiti puntano. Uno è Giancarlo Giorgetti, spendibile sia per un esecutivo centrodestra-M5S, sia per uno centrodestra-Pd. Se l' esplorazione di Casellati (che durerà al massimo una settimana) non dovesse portare a niente, allora, e solo allora, si potranno aprire quei «nuovi scenari» di cui si parla nel Pd e non solo. Il primo sarebbe uno schema ancora politico. Ieri si parlava con insistenza di un incarico a Roberto Fico, presidente della Camera ed esponente del M5S, per provare a vedere se sia possibile un governo M5S-Pd-Leu. Nelle ultime 48 ore si sono moltiplicati i segnali reciproci (le tre proposte di Maurizio Martina, la richiesta di Fico di approvare i decreti sull' ordinamento giudiziario). Ma prima di aprire qualsiasi ragionamento, bisogna che sia fallito l' altro schema.

Se poi anche questa geometria non reggesse, allora i partiti rimetterebbero ogni decisione nelle mani di Mattarella. In quel caso, si dice al Quirinale, il presidente, vista la situazione internazionale, le emergenze interne e gli appuntamenti europei, chiederebbe a tutte le forze politiche un atto di responsabilità collettivo, cioè un esecutivo di emergenza. Con tutti. Guidato da una figura terza. Ieri è spuntato un nuovo nome: Alessandro Pajno, presidente del Consiglio di Stato. Palermitano, 68 anni, è stato capo di gabinetto di Mattarella al ministero dell' Istruzione, poi di Rosa Russo Iervolino, quindi di Carlo Azeglio Ciampi. È stato consigliere giuridico di Mattarella, quando l' attuale capo dello Stato era ministro per i Rapporti con il Parlamento, poi segretario generale della presidenza del Consiglio nel primo governo Prodi e sottosegretario all' Interno nell' ultimo governo Prodi. Insomma un uomo che può rappresentare la legalità ma ha anche esperienza della macchina governativa. Ma i nomi sono l' ultimo step. Prima serve uno schema. E per averlo, a questo punto, bisogna procedere per esclusione.(Libero Quotidiano)

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