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di Raffaele Castagno

All’orizzonte si staglia Stromboli. Dal vulcano erompe una colonna di fumo. A poco distanza, la vista coglie l’isola di Panarea. La costa, in questo punto della verde isola di Salina, è praticamente a picco sul mare.

E la falesia che precipita per quasi 100 metri è occupata da un vecchio cappereto. Una sagoma di Giuseppe Verdi svetta sulle piante. Le più famose arie del Genio di Busseto inondano di musica l’ambiente.

Siamo nel mondo di Alessandro Rosati, imprenditore parmigiano di 54 anni. La sua è prima di tutto una storia d’amore. Quello sbocciato per l’isola di Salina, arcipelago delle Eolie, 12 anni fa. Gli scenari resi celebri dal film Il postino lo hanno conquistato: "Mi sono innamorato della vista fantastica e su questo terreno, dove si arriva solo a piedi, ho scoperto alcune piante di cappero a me sconosciute, come credo a quasi tutti noi 'nordisti'". 

"Geronimo". Poi ha notato Geronimo, una maestosa pianta da cappero di almeno cento anni, e non ha avuto dubbi: "Devo comprare il terreno in questa posizione paradisiaca, mi sono detto. Geronimo - racconta - è un vero patriarca della natura, l’ho chiamato da subito con il nome del grande capo indiano Apache, perché simboleggia il guerriero invincibile che con abile maestria guida la truppa di uomini, pardon piante, che ora ha superato le 100 unità: è il leader indiscusso del cappereto ed è a lui che mi rivolgo per ogni comunicazione".

Tra Rosati e Geronimo c’è una connessione particolare: "Mi sono guadagnato con l’amore e la dedizione assoluta il suo rispetto ma, credetemi, ogni volta che entro nel cappereto provo un’emozione fortissima e l’abbraccio che ne segue è quello tra due grandi amici che si stimano tanto e stanno bene insieme. E così, da quel momento, ho iniziato a leggere e studiare ogni cosa che riguardasse questi piccoli arbusti e la loro coltivazione”.

Rosati sembra un personaggio rinascimentale in cui la passione "romantica" si fonde con il rigore scientifico. Per quanto attiene alla coltivazione non ha lasciato nulla al caso. "È stata davvero un’impresa. La difficoltà principale è consistita nel far attecchire le nuove piante vicine a quelle già in essere e rendere così completo l’impianto. Con i fidati collaboratori isolani ci abbiamo provato in vari modi e alla fine abbiamo trovato la soluzione vincente per far sì che la talea riuscisse a mettere le radici: inserita in una buca fatta appositamente con un escavatore e profonda un metro, a testimonianza di quanto questa fantastica pianta, pur nella difficoltà, sia capace comunque di trovare nutrimento nel terreno vulcanico dell’isola".

"Lavoriamo - precisa - solo con concimi naturali, difendiamo le piante con preparati vegetali senza ricorrere ad alcun trattamento sintetico. A gennaio/febbraio avviene la potatura completa, tra marzo e aprile il cappero germoglia e produce, lungo i nuovi rami, prima eretti e poi striscianti, i boccioli fiorali, in parole povere i capperi".

"A maggio inizia il raccolto, che si fa ogni settimana e che termina a luglio. Ogni pianta garantisce circa tre chili in media, gli esemplari più giovani dal mezzo al chilo a seconda dell’età. Negli anni ‘80 - racconta Rosati - sull’isola si producevano fino a 500 tonnellate, oggi invece non si superano i trecento quintali. Le coltivazioni, un tempo abbandonate per la concorrenza africana con costi di manodopera nettamente inferiori, stanno però riprendendo vigore e una nuova rinascita si prospetta all’orizzonte per questa pianta che affonda le sue radici nell’antichità e la cui cura e raccolto devono essere sempre fatti a mano".

Una volta raccolti, risultano immangiabili per la presenza amarissima della rutina. "Solo con la fermentazione lattica - spiega - e a contatto con il sale marino, diventano commestibili: vanno girati subito quotidianamente e poi ogni settimana e così dopo due mesi potrebbero essere pronti all’uso culinario".

L’ultimo passaggio avviene a Parma: "Per quattro mesi li lascio affinare e maturare, come si faceva un tempo prima dell’avvento della plastica, in demi-barriques di legno, che nel mio caso sono di castagno; barrique che ho fatto realizzare ad hoc con tostatura media e che sono convinto gli trasmettano quell’unicità di profumi tipici di un legno con un tannino così intenso: tutto ciò farà conferire, alle pietanze nelle quali verranno impiegati i capperi, quell’aroma unico che li renderà insuperabili per qualità e gusto".

Saudade di Salina. Quest’anno ha ottenuto un raccolto di due quintali, risultato delle 110 piante che compongono il cappereto. In genere Rosati si reca nell’isola quattro o cinque volte in un anno. Stare lontano da Salina è difficile: "Sono malato di ‘salinite acuta’, devo tornare spesso perché mi manca tantissimo".

Una nostalgia che si manifesta anche per i suoi amati capperi: così sono state installate alcune telecamere che trasmettono in streaming le immagini delle piante. "Penso che prima o poi darò a tutte un nome" dice l’imprenditore. Chissà, magari anche ispirati alle 27 opere di Verdi, altra grande sua passione.

L’elogio del cappero Rosati. C’è infatti una ragione ben precisa che spiega la presenza della sagoma di Giuseppe Verdi e il risuonare delle arie del Maestro. La musica del Genio di Busseto è parte integrante del processo di coltivazione. La Marcia trionfale di Aida, il Libiam della Traviata, l’ouverture da La Forza del destino, il Saper vorreste di Un ballo in maschera sono solo alcuni dei brani della playlist che risuona per 24 ore al giorno nel cappereto.

“Avvicinandomi sempre di più alle piante ho pensato che la musica, e in particolare il mio concittadino Verdi, potesse aiutarle e nello stesso tempo far comprendere quanto forte fosse il mio amore per loro. Sentivo che in un primo tempo le piante mi osservavano e volevano capire chi fossi. Adesso che lo hanno inteso e mi sono conquistato la loro fiducia, sono stato, per così dire, accettato. Quando tu dai amore ricevi amore. Nella mia 'pazzia' - spiega - non ho scelto però pezzi cantati dalla Callas o Pavarotti, desideravo che fosse qualcosa di discreto, solo musica, senza parole. Così faccio loro ascoltare le arie del Maestro e mi sembrano davvero tanto felici".

Tutto sotto l’occhio di Verdi, letteralmente presente nel campo grazie a una sagoma di due metri in Cor-Ten appositamente realizzata da un amico artigiano di Cavriago. Il Maestro dirige, grazie a un singolare spartito, L’elogio del cappero Rosati, un’opera in tre atti che ripercorre il ciclo del raccolto: l’atto primo (andante grazioso) rappresenta la crescita, il secondo (allegro vivace) l’esplosione e infine il terzo (moderato adagio) il riposo.

I capperi a tavola. Amore e studio che Rosati sta mettendo vieppiù per promuovere i suoi capperi. Da poco è stata costituita l’azienda agricola e nel frattempo l’imprenditore, grande appassionato di cucina e di vini, che ricopre inoltre il ruolo di fiduciario per Parma della prestigiosa associazione internazionale di gourmet Commanderie des Cordons Bleus, ha iniziato a far girare il prodotto tra gli chef.

"L’idea è quella di organizzare delle cene dove il cappero Rosati sarà l’assoluto protagonista, con gli chef chiamati a interpretarlo in modo originale. Mi piacerebbe poter dar vita a degli showcooking a tema dove però prima racconteremo con il supporto di nutrizionisti ed esperti del benessere le straordinarie proprietà di questa pianta, perché il cappero ha tanto da rivelare".

Intanto hanno già visto la luce diverse creazioni, realizzate sia con cuochi stellati che con produttori di specialità del territorio di Parma: ecco allora la pasta di farro o senza glutine al cappero, lo snack, il cioccolatino, il gelato, il liquore oltre ai più comuni paté e marmellate. "Tra le proposte stiamo valutando anche la possibilità di un accordo con un pastificio di Alba, per abbinare due grandi eccellenze, i capperi e il tartufo, così come certamente a breve sperimenteremo l’accoppiamento con l’aceto balsamico tradizionale".

Le gemme preziose di Salina sono arrivate fin nel Sol Levante, dove in uno dei più importanti ristoranti italiani di Tokio sono stati serviti spaghetti al frutto del cappero, il cucuncio. "Puntiamo a far avere a tutti gli chef dei campioni, così da garantire al brand l’accesso nel mondo dell’alta ristorazione. Vorremmo rendere note le peculiarità dei capperi Rosati e le tante proprietà che caratterizzano la pianta: grazie alla grande quantità di quercetina i capperi risultano un potente antinfiammatorio, sono in grado di rafforzare il sistema immunitario, contengono pochissime calorie tanto da essere utilizzati dissalati nelle diete dimagranti così come trovano già numerosi utilizzi in ambito erboristico e cosmetico".

Rosati, nel frattempo, continua ad alimentare in modo metodico la sua passione. L’ultima impresa a cui si sta dedicando è una sorta di censimento di tutti i piatti realizzati con i capperi nei ristoranti e nelle pizzerie. E tra gli obiettivi futuri potrebbe esserci quella di un libro, che vada ad arricchire la bibliografia italiana, al momento scarna e ferma a due pubblicazioni uscite diversi anni fa.

“È una passione che continua a svilupparsi, e non si finisce mai di imparare. Il cappero merita di più, ha una storia che si perde nella notte dei tempi e non dimentichiamoci mai che già la Bibbia ci attesta quanto questo frutto della terra sia stato da sempre ritenuto importantissimo nella vita dell’uomo: infatti in Ecclesiaste (12:5 ndr ) nella traduzione greca dall’ebraico, a proposito della condizione dell’uomo nella vecchiaia, il predicatore, usando una metafora scrive così: quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto".(repubblica.it)

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