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di Cristina Marra

Joel Dicker- “La tigre” – La nave di Teseo

Ci ha abituati a romanzi di oltre seicento pagine in cui le storie tra thriller, noir e misteri fluiscono come un fiume in piena carico di adrenalina e suspense. Con “La tigre”, in poco piu’ di cinquanta pagine, l’autore svizzero Joel Dicker si conferma un maestro della narrazione dell’animo umano e delle sue sfaccettature piu’ nere, oscure e crudeli. La narrazione di Dicker, illustrata dall’artista spagnolo David de las Heras, racconta una storia avventurosa che ha il sapore della sfida, della lotta contro la violenza e chi la perpetra, contro il male che qui ha le fattezze di una tigre tanto enorme quanto feroce.

“La tigre” è un racconto duro, che cela nella ricerca e nella caccia di un grosso esemplare di tigre, il male che affligge gli esseri umani che non si accorgono della crudeltà che li permea e cercano altrove un colpevole per poi scoprirlo in se stessi.
E’ un agosto afoso quello del 1903 a San Pietroburgo e la notizia degli attacchi di una tigre killer in Siberia terrorizza il popolo e preoccupa lo zar. Un intero villaggio siberiano, Tibiè, è stato spazzato via dalla furia del grosso felino che al suo passaggio aveva sgozzato e ucciso esseri umani e animali. Che razza di belva doveva essere per sbriciolare case e uccidere solo per il gusto di farlo?

Due monaci testimoniano di aver visto la responsabile del massacro “con il pelo ancora macchiato di sangue”, da allora il predatore continua a colpire e si teme il suo arrivo fino a San Pietroburgo ma lo zar teme che l’esodo della popolazione rurale della Siberia possa intralciare il suo piano di rilancio della regione e mette una taglia sulla tigre. Ian Levovic, un giovane di modesta famiglia, figlio di un falegname, dalla stazza possente e dal carattere intrepido, decide di aderire alla caccia perché “quel decreto imperiale gli offriva l’insperata opportunità di diventare ricco e famoso, e di superare il profondo fossato che lo separava dai fasti dell’alta società russa”.

L’ambizione di elevarsi socialmente piu’ che la volontà di liberare il paese da una minaccia, spinge Ian in un’impresa che si rivelerà piu’ difficile e impegnativa delle aspettative e il giovane si ritroverà a misurarsi con se stesso non solo in prove di forza e di sopravvivenza in situazioni rischiose e disagevoli ma a fare i conti con le avidità, le meschinità, le opportunità e il cinismo che scoprirà fare parte della sua natura.

Chi e cosa rappresenta per lui quel grande e fiero felino? Riuscirà a fronteggiarlo alla pari o coverà ancora il suo forte senso di inferiorità? Dicker racconta in modo asciutto e secco una caccia contro il male e fa emergere il confronto tra la tigre e il giovane uomo in un gioco psicologico di forza e debolezza, derisione e presunzione, cattiveria e opportunismo. Ne nasce una sfida che svela il lato piu’ insidioso e subdolo dell’uomo a cui non resta che vedere nella tigre l’altro volto di sé.

Titolo La Tigre Autore Joel Dicker Illustratore David de las Heras Editore La nave di Teseo Euro 12,00 Incipit “ La notizia aveva attraversato San Pietroburgo, la capitale, come una fiammata di polvere da sparo. In quell’afoso agosto del 1903 non si parlava d’altro, sia nei saloni ovattati degli aristocratici sia nelle catapecchie piu’ misere, rabbrividendo piacevolmente al sicuro tra le mura cittadine”

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Le terre immaginate- Un atlante di Viaggi Letterari- a cura di Hum Lewis Jones (Salani Editore)

Quanto si sogna e quanto si fantastica guardando una mappa? Luoghi lontani, incantati, misteriosi che si vorrebbero raggiungere o esplorare. Succede a tanti autori di “viaggiare” seguendo le mappe che inseriscono nei loro libri o incuriositi e attratti da altre da cui hanno tratto ispirazione o che hanno creato di propria mano durante la stesura di una storia. Vedere raccolte in libro di pregio le mappe letterarie care a autori e illustratori celebri non è un’emozione da poco e succede con “Le terre immaginate” un atlante di viaggi letterari edito da Salani. Poco piu’ di 250 pagine che propongono un poderoso atlante di viaggi che parte dal prologo di Philip Pullman e termina con un congedo di Chris Riddell, inframmezzati da quattro parti sulla scrittura, credenza, creazione e lettura delle mappe.

Di viaggi seguendo rotte immaginarie o reali ne sa tantissimo Hum Lewis-Jones, curatore del volume, storico dell’arte, curatore di mostre e autore apprezzato, è anche un viaggiatore che ama navigare per mare su piccole imbarcazioni nell’Antartide e nel Pacifico. Se la sua casa ha le pareti tappezzate di mappe, nel volume ha voluto inserire una geografia del ricordo e della nostalgia e si augura che l’atlante possa indurre il lettore a “riflettere di piu’ sulla cultura visiva e sulle immagini create dalla fantasia umana”.
Il volume diventa anche una sorta di diario dei viaggi letterari e intimi degli autori che si raccontano e svelano facendoci conoscere il loro legame col mondo delle mappe, le loro avventure che risalgono all’infanzia o le loro scoperte tardive. Un racconto nel racconto che trasforma le tante mappe in materia di indagine non solo all’interno del mondo immaginario e fittizio di ogni scrittore ma anche nelle loro esperienze personali o professionali.

Quasi tutti gli autori fanno cenno alla loro infanzia, al momento in cui è scattato quel rapporto di amore e passione verso le mappe. “Tutte le mappe sono prodotti dell’immaginazione umana. Sono scritture provenienti dal pensiero e dal ragionamento e incarnano ogni sorta di racconto”, scrive Lewis-Jones, che non riesce a immaginare un mondo senza libri e senza mappe, queste ultime “funzionano come metafore, come illustrazioni e come ornamenti e il loro linguaggio e il loro stesso disegno sono largamente usati in molti tipi di scrittura, dagli idiomi accademici alle filastrocche per bambini”.
Il fascino esercitato dalle mappe è anche quello che sulla mappa non c’è e cioè “i bordi, le aree vuote, le terre di confine, molti scrittori ne sono inevitabilmente attratti”, spazi vuoti che Conrad, per esempio, in “Cuore di tenebra “ affida alle fantasie del marinaio Marlow.

L’atlante delle terre immaginate raccoglie mappe di diverse dimensioni che gli autori o gli editori inseriscono nei libri, ma anche schizzi utili agli scrittori per la storia o mappe di luoghi che l’hanno ispirata. Così il libro riunisce le mappe di classici della storia e della letteratura disegnate da autori o ispirate da scrittori anni prima della creazione dei loro libri. Con l’atlante si riesce a compiere un’esplorazione di mondi nuovi, di paesaggi selvaggi, frutto dell’immaginazione attraverso le geografie del cuore e del ricordo.
“Una mappa è anche qualcosa che fa cominciare una storia, un generatore di idee”, scrive Cressida Crowell, “disegnare una mappa è un modo meraviglioso di comunicare con il proprio inconscio”. L’autrice ricorda il rapporto col padre e le sue mappe sono quelle che risiedevano nella sua mente già da bambina.

E poi, come non ricordare Robert Louis Stevenson che nel 1881 per accontentare il figlioccio disegnò la mappa dell’isola del tesoro che gli ispirò il suo romanzo di pirati e, ispirato a sua volta da Stevenson, Robert MacFarlane iniziò a scrivere una lunga serie di libri su isole e mappe.

Con “Le terre immaginate” si viaggia con la mente e col cuore in mondi lontani da noi o vicinissimi, basta lasciarsi affascinare dai disegni e calarsi su un’sola, una foresta, un mare popolati da creature fantastiche o realistiche. Si impara anche a leggere le mappe esplorando terre ignote e misteriose o fiabesche, si diventa esploratori e ricercatori di avventure, naviganti o un po' pirati e come scrisse Stevenson “ mi dicono che ci siano persone a cui non interessano le mappe, ma trovo difficile crederlo”.

Titolo “Le terre immaginate” Autori Vari Curatore Hum Lewis-Jones pp. 256 Editore Salani Prezzo euro 35,00

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Intervista a Divier Nelli curatore dell'antologia "Moon" Lisciani Libri

Affascina e intriga, alzare lo sguardo in su per ammirarla o interrogarla è un gesto comune e ricorrente soprattutto nelle notti d'estate quando diventa anche rossa e perde il suo pallore. I gatti la sorvegliano , le maree la subiscono e noi la ammiriamo perplessi o innamorati, increduli o malinconici. Poeti, scrittori, artisti, cantautori, l'hanno scelta per raccontarne un aspetto o renderla simbolica associandola al sentimento dell'amore, è lei, la luna, che resta un mistero con i suoi crateri e il suo lato oscuro. Che sia solo uno spicchio o un grande tondo, non smette mai di attrarre e sedurre. Il 20 lulio del 1969 l'uomo l'ha raggiunta, l'ha calpestata, l'ha trafitta con il il palo della bandierina e ha esultato. "Moon" raccolta antologica di undici racconti, curata da Divier Nelli, celebra i 50 anni dall'allunaggio, di quel grande traguardo per gli esseri umani, con storie che ripercorrono attraverso diverse chiavi di lettura e generi quella data storica e quella notte della diretta tv dall'America con Tito Stagno e Ruggero Orlando. La luna entra in ogni racconto, si lascia guardare o è sfuggente e si insinua in storie tragiche o ironiche, di fantascienza o d'amore.
Divier,mi racconti come è nata l'idea di questa antologia?

Sono fin da bambino un amante dell'astronomia, dello spazio, della cosmologia. Esattamente nell'estate di quattro anni fa stavo osservando una bellissima Luna piena col telescopio, e ricordo che a un certo punto mi dissi: Tra poco si festeggeranno i 50 anni dall'allunaggio, sarabbe interessante scrivere qualcosa in proposito. Ma quel qualcosa non doveva essere un libro di ricordi per pochi, ma un testo di narrativa per tutti. Racconti di più autori, di genere libero, che ruotavano intorno a quello storico 20 luglio 1969.

Come hai scelto gli autori?
Intanto sono 11, come il numero della missione Apollo che ha portato i primi uomini sulla Luna. E volevo che condividessero la passione per il mio progetto e non si limitassero a fare il compitino come spesso accade per molte antologie. Inoltre volevo a bordo non solo nomi importanti ma anche tanti esordienti, voci nuove, e nel volume ce ne sono ben 6, che hanno scritto la loro storia durante il mio corso annuale di scrittura a Viareggio.

Non solo racconti ma anche una selezione di fotografie in appendice....
Per una ricorrenza così importante come i 50 anni dal primo allunaggio, ci voleva un volume curato, prezioso. Cosa di meglio di una serie di foto di quella storica conquista?

Curatore ma anche autore e il tuo racconto chiude la raccolta, su quale lato della Luna hai puntato?
Ovviamente non ho dubbi che siamo stati sulla Luna. Però col mio racconto, l'ultimo, che si ricollega a quello di Giulio Leoni che apre il volume, ho voluto un po' giocare con le teorie complottiste. La storia è nata da questa semplice domanda: Ammettendo che l'impresa non sia mai stata compiuta, che sia opera di un regista, perché dovrebbe essere attribuita a Stanley Kubrick e non a qualcun altro?

Quanto secondo te di quel mitico 20 luglio di 50 anni è nel cuore degli italiani?
Sicuramente molto in coloro che nel 1969 erano abbastanza grandicelli da capirne la portata. Quell'evento unì il mondo intero davanti alle tv tenendolo col fiato sospeso. Nei decenni successivi ci si aspettavano viaggi sulla Luna per tutti e non solo, un futuro tecnologico e radioso. Poi le cose non sono andate cosi, i programmi Apollo sono stati chiusi, l'opinione pubblica ha perso interesse per l'esplorazione spaziale. Molte delle nuove generazioni sanno poco o nulla del primo allunaggio.

Presenterete Moon in tour? Anticipami qualcosa.
Ci saranno diverse presentazioni in giro per l'Italia: Viareggio, Firenze, Roma... Il 4 luglio alle ore 21:30, presso la Cittadella Galileiana di Pisa, parteciperò come ospite alla tavola rotonda inaugurale della rassegna LUNA 50: eventi in occasione dell'anniversario dello sbarco sulla Luna, ideata e coordinata dall’Università di Pisa con il patrocinio del Comune.

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Intervista a Christian Delorenzo curatore di "Racconti di mare e tempesta" (ET Einaudi)

Viaggiare per mare è lasciarsi cullare dalle onde o solcarle, fronteggiare le burrasche e le tempeste ma anche compiere un viaggio simbolico, un percorso di cuore e fatica fatto di bellezze e pericoli, suggestioni e insidie. Con "Racconti di mare e tempesta" il curatore Christian Delorenzo propone un viaggio per racconti che va dalla superficie agli abissi marini con i contributi di venti autori che tra l'Ottocento e il Novecento hanno narrato il Mare. Delorenzo già curatore di sei antologie per l'editore Einaudi introduce quest'ultima con brevi accenni ai contenuti dei racconti scelti ma con una passione che traspare a ogni riga, passione per il mare e per chi lo celebra con parole, storie e scene celebri o meno conosciute perchè chi va per mare deve essere libero di perdersi tra i flutti, di ristorarsi nelle sue acque ma anche di lottare contro i marosi.

Scrivi nell'introduzione che “il mare bagna ogni riva del continente letterario”, con quale criterio hai scelto i racconti dell'antologia?
“Poesia o non poesia?”, mi sono chiesto per prima cosa, trasformando le certezze di Benedetto Croce in un dilemma shakespeariano. “Prosa, – ho risposto. – Ma una prosa che non sia prosaica”. C’è da dire che il mare aiuta: è fatto di acqua, sale e poesia. Penso alle visioni orientali di Conrad, ai bucanieri romantici di Melville, all’amore tempestoso di Fitzgerald. 
Le antologie che fanno i libri “a brani”, giustapponendo estratti senza storia, hanno qualcosa di troppo statico per i miei gusti. Del resto, il mare è sempre in movimento. Quindi, ci volevano testi con una loro unità narrativa: racconti, soprattutto. Ma anche fiabe, bozzetti, aneddoti, novelle. C’è pure il capitolo di un libro, quello che il fantomatico capitano Charles Johnson, alias Daniel Defoe, dedica alla vita della piratessa Mary Read. 
A eccezione dello stesso Defoe e della fiaba senza tempo sul Leviatano, l’orizzonte cronologico è compreso tra Otto e Novecento: la stagione in cui il mare si fa protagonista, e la fa da protagonista.

Con questa antologia sei alla tua settima curatela. Quattro dedicate al giallo, una al Natale e una ai gatti. Il filo che le lega tutte è sempre e comunque il mistero?
Per i gialli, di sicuro. In generale, il filo è l’editore: sono tutte uscite per Einaudi. Ma a legarle è anche un modo di lavorare, un principio di narrazione: ognuna di queste antologie si costruisce come una storia a più voci. Mentre leggo i testi, li immagino all’interno di una cornice, che può essere scandita dai titoli delle sezioni. 
C’era una volta il Natale, per esempio, segue le tappe della festa, dagli addobbi ai regali. Animali in giallo è una specie di zoo del mistero: ogni racconto ospita un animale diverso. Racconti di mare e tempesta...

È un voluto viaggio-racconto del mare dalla superficie ai suoi abissi?
Esatto. Le prime tre sezioni sono dedicate alle figure che solcano la superficie dei mari: capitani, pescatori, pirati e ribelli, ma anche normali viaggiatori. Poi si attraversa la tempesta e, dopo un bel rischio di naufragio, si finisce nell’universo sottomarino.

Quali mostri compaiono?
Il vascello fantasma di Edgar Allan Poe può essere considerato un mostro? In ogni caso, è lui che ci trascina negli abissi. Dove non manca, ovviamente, il calamaro gigante, a cui Wells, nel suo racconto, dà il nome fittizio di Haploteuthis Ferox. Centocinquant’anni prima di Alla ricerca di Nemo, Andersen ci fa assumere il punto di vista dei pesci, alle prese con una creatura che sembra il “grande serpente di mare”. C’è poi il sirenetto di Yeats, che ingabbia le anime degli annegati. Senza dimenticare il Leviatano della tradizione ebraica, e il dio dei mari trasformato da Kafka in un insoddisfatto amministratore. 

Oltre alla curatela spesso traduci anche qualche racconto che inserisci, in questa ti sei occupato, tra gli altri, di “Un incendio sul mare” di Turgenev. Che ti ha colpito di quella storia?
Mi ha colpito la storia che ruota attorno alla storia. 
È il giugno del 1883. Turgenev è molto malato. Non riesce più nemmeno a tenere la penna in mano. Eppure trova la forza di dettare in francese questo aneddoto di gioventù. L’ha raccontato tante volte, ma non l’ha mai messo per iscritto. Parla del suo primo viaggio in nave da solo, all’età di diciott’anni: a bordo scoppia un incendio, lui crede che sia finita, ma poi, con una scialuppa, riesce a raggiungere la riva di Lubecca. 
Insomma, c’è quest’uomo sul letto di morte, che ricorda quando, per la prima volta, si è salvato la vita. Non è struggente?

Hai un tuo autore preferito?
Troppi. Ma se parliamo di autori di mare, lo so: Conrad, con cui si apre la raccolta.

Qual è il tuo rapporto col mare? 
Ti dico solo questo: tra l’inverno e la primavera, mentre lavoravo all’antologia, mi sono preso in affitto una casetta di fronte al mare. Avevo bisogno di vederlo anche quando staccavo gli occhi dal computer.

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Leonardo Piccione- "Il Libro dei vulcani d'Islanda- Storie di uomini,fuoco e caducità" (Iperborea)

Il semplice gusto di raccontare spinge Leonardo Piccione a scrivere "Il libro dei vulcani, Storie di uomini, fuoco e caducità" edito da Iperborea. Raccontare è un bisogno molto islandese, in un luogo in continua evoluzione geologica, la creatività è di casa e secondo una statistica un cittadino su dieci pubblica almeno un libro nel corso della sua vita. Anche per Piccione, barese, in un territorio ballerino che erutta lava e vapore in cui "la stessa sopravvivenza della razza umana costituisce per alcuni studiosi un mistero", raccontare vuol dire andare avanti, resistere e sopravvivere. In questo luogo che è un "tentativo di convivenza forzata" gli uomini restano e ascoltano i vulcani che abitano l'isola da molto piu' tempo di loro e qui l'autore si sente in un certo senso a casa e ha voglia di condividere storie ascoltate dall'amico e guida Arnòr o sentite e studiate, storie legate al territorio con l'intento di "restituire con le parole un poco della vitalità che impregna l'aria islandese quasi quanto lo zolfo, e che richiama e contagia". Il libro è dedicato a 47 vulcani "signori di una guerra imprescindibile, combattuta sopra e sotto la terra abitata dal popolo piu' pacifico del mondo", con una scheda sul significato del nome, altitudine, tipo, rischi e ultima eruzione.Nelle storie abbinate a vulcani e luoghi leggiamo quella dello scrittore William Morris, autore di "Il paradiso terrestre" e ispiratore di Tolkien e Lewis ed il suo viaggio intimo in islanda, una passione che "l'aveva aiutato a recuperare fiducia nell'umanità, nell'indomita opposizione della civiltà islandese alla povertà e alle intemperanze della natura, aveva intravisto i germogli di un grande cambiamento globale, il cui sogno l'avrebbe trasformato in uno dei padri del socialismo britannico"; o ancora la catena del Dyrfioll col ricordo di Kjarval, il piu' grande pittore islandese del '900 che evocava lo spirito dei luogho non la loro apparenza" e tutte le estati dipingeva vicino a un'umile capanna accanto al fiume, rappresentando l'idea del vulcano e trasformando il particolare in generale; o anche la spedizione di due preti in una valle per raggiungere il monte temuto dai fedeli e considerato terra di briganti, stregoni, spiriti malvagi e che invece si rivelò luogo pacifico e convinse gli abitanti a non provarne piu' timore e a chiamarlo "Cima dei preti". Sono racconti, ricordi, cronache di viaggiatori, colonizzatori, esploratori, avventurieri e artisti impregnati dei sapori e delle atmosfere dell'isola. Intorno ai trenta diversi sistemi vulcanici attivi di varie tipologie, ruotano e si muovono uomini, sogni, progetti in un continuo moto evolutivo. Il libro che fa viaggiare la mente e il cuore e non trascura le citazioni di autori da Verne a Auden a Goethe, fa "ammalare" d'Islanda e infettare della stessa "Malattia" di Arnòr che sull'isola ci torna ogni anno a metà marzo a pescare e a "farsi una dose d'Islanda", un luogo che "educa al rinvio e al cambio di programma, sbatte in faccia ai suoi abitanti la materialità della variabile del tempo. Qui le ore possono essere toccate, i giorni annusati".

Titolo: Il libro dei vulcani d'Islanda Editore: Iperborea Prezzo euro 19,50

Incipit:" L'Islanda è una malattia,mi avvertì Arnòr picchiettandosi una tempia con l'indice sinistro. Era un uomo di numerosi centimetri e ancora più chili, una schiera disordinata di peli a ornare la palla bitorzoluta che era la sua testa."

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Mario Tozzi "L'Italia intatta"

Un libro iniziato quarant'anni fa sottoforma di appunti delle vacanze trascorse in lungo e in largo per l'Italia e formatosi nel tempo,come una lunga sedimentazione geologica che però mette insieme strati di paesaggi, persone, curiosità e peculiarità, così Mario Tozzi ha scritto "L'Italia intatta" edito da Mondadori. L'autore assembla una splendida raccolta di pezzi dello Stivale tenuti insieme come "centinaia di tessere di una lucida bellezza che commuovono e sorprendono. Qualcuna straordinariamente intatta" nel senso che in alcuni luoghi il tempo si è fermato a qualche secolo fa o dove l'uomo è intervenuto positivamente o luoghi abbandonati e ripresi dalla Natura. Intatti sono i luoghi, ma anche un essere vivente, un fossile, un uomo,una cultura, un'atmosfera. Tozzi, geologo, saggista ricercatore e divulgatore scientifico in tv in questo libro prezioso invita il lettore e il viaggiatore a usare i cinque sensi per godere appieno il senso dell'intatto, di qualcosa che abbiamo perso e possiamo recuperare con una visione e un assorbimento più ampi. Mario Tozzi invita dunque ad approcciare i luoghi non solo con occhi diversi ma anche con un cuore aperto ad accogliere e percepire la natura e la cultura e tramutarle in benessere e serenità. Tozzi veste i panni non solo del naturalista, del geologo e del ricercatore ma anche quelli del detective, come Hole di Jo Nesbo, che richiama in aperura del libro, ma oserei dire anche di Dupin di Poe che con la "serendipity" faceva associazioni e rammentava dettagli. Un racconto emozionante che fa scoprire un'Italia inedita da apprezzare ma anche da preservare e proteggere e che invoglia a iniziare un viaggio a piedi magari attraverso sentieri selvaggi e incontaminati e a fermarci per assaporarne profumi e panorami per riappropriarci di una bellezza che spesso ci sfugge inghiottiti dalla fretta e dall'accumulo di informazioni superficiali e inconsistenti. Tozzi incanta il lettore per la sensibilità e delicatezza con cui fa emergere ricordi e sensazioni e le quattro parti in cui è diviso il libro e che toccano le Alpi, le valli, le pianure ma anche le isole, i monti, le gole, i vulcani, apre " finestre sul patrimonio delle nostre radici più profonde e antiche".

Mondadori Euro 14,00

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Nero di Siena di Mario Falcone (Ianieri edizioni)

Città d'arte, del Palio e di tradizioni culturali e gastronomiche , Siena diventa un luogo di morte nel nuovo thriller di Mario Falcone. Raffinato narratore di storie che nascondono dietro il crimine il racconto di personalità spezzate, di uomini angosciati, di rapporti dilaniati, Falcone inaugura una serialità con un detective affascinante e seducente seppure ricco di contraddizioni e angosce, è Lorenzo Brandi, vicequestore a Siena dopo un lungo periodo di lotta alla mafia a Catania. Un trasferimento che rappresenta per Brandi anche un allontanamento da una situazione personalle che gli ha lasciato ferite e rimpianti. La calma della città toscana è solo apparente e un duplice omicidio eccellente avvia la macchina investigativa guidata da Brandi che può contare su una squadra che lo sostiene e su collaboratori che tra una battuta e una critica partecipano a un'indagine delicata e complessa perchè riguarda le alte sfere della finanza cittadina. I coniugi Volpi barbaramente uccisi nella loro casa lussuosa appartengono all'high society senese. Gualtiero Volpi banchiere e uomo in vista per le sue diverse attività in ambito finanziario insieme alla ricca moglie Luna Orsato rappresentavano una delle coppie piu' ammirate e rispettate e la loro morte violenta apre una squarcio, una ferita infetta che stenta a rimarginarsi, anzi diventa l'inizio di una malattia piu' grave e incurabile che investe Siena. Toccherà a Brandi conciliare i suoi malesseri personali con un caso che ben presto coinvolgerà altri attori della scena politica e finanziaria. Vizi, interessi, convenienze e connivenze scomode aprono anche uno scenario fatto di rimandi, di accuse e sospetti su cui cade inevitabile il manto dell'omertà. Falcone costruisce una vicenda che parte dalle vittime e dall'indagine sulle loro vite e abitudini per scardinare un sistema in cui convivono malaffare, politica, massoneria, traffici illeciti e la longa manus della 'ndrangheta. Mali che intaccano diversi strati sociali della città e che Falcone mette dinnanzi e anche a confronto col suo detective, uomo che ha conosciuto la criminalità organizzata in Sicilia e porta i segni di quella lotta e che li combatte senza nascondere anche i suoi tormenti privati, le sue scelte difficili e obbligate, il suo essere uomo di legge fino in fondo. Tanti i personaggi che partecipano alla scena narrativa e a un 'indagine che non lascia respiro e che riporta a avvenimenti reali e tanti i colpi di scena, le sorprese, i volti nascosti che vengono allo scoperto e confermano Falcone come una della voci piu' interessanti del panorama del noir , capace di raccontare con eleganza e con i ritmi cinematografici una storia dura che investe e devasta.

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A Giordano Bruno Guerri il premio “Custodi della Bellezza”. La cerimonia sabato 25 maggio

Si rinnova l' appuntamento con il premio “Custodi della Bellezza”, intitolato a Khaled Al-Asaad, ed ideato da Naxoslegge nell'ambito di Nostos, “Festival del viaggio” che da quest'anno si trasferisce a Siracusa, grazie al progetto dell’assessorato alla Cultura guidato da Fabio Granata.
"Il premio- come dichiara Fulvia Toscano, direttore artistico di Nostos- nasce come un riconoscimento a quanti, in vario modo, custodiscono la “Bellezza”. Il nostro pensiero, infatti, e' andato subito a Khaled Al-Asaad, eroico archeologo che, con la sua morte sul campo per la difesa di Palmira incarna lo spirito di quanti credono che ancora valga la pena vivere e morire per un' idea”.
“Rilanciamo il Premio e il Festival nel nome e nel ricordo di Sebastiano Tusa, al quale proprio l’anno scorso ebbi l’onore di consegnare il Premio per il 2018” ricorda Fabio Granata, assessore alla Cultura del Comune.
Il premio nelle precedenti edizioni è stato assegnato anche a Moncef Ben Moussa direttore del Bardo di Tunisi e ad Enzo Maiorca alla memoria.
Per questa IV edizione, il comitato scientifico del premio, formato da Fabio Granata, Fulvia Toscano, Marinella Fiume e Giuseppe Nuccio Iacono, ha indicato quale vincitore Giordano Bruno Guerri, presidente del “Vittoriale degli Italiani”. Una scelta che coincide con l’anniversario della impresa fiumana a cui lo stesso Guerri ha dedicato il suo ultimo saggio”Disobbedisco” e sul quale a Siracusa converserà con Pietrangelo Buttafuoco. La cerimonia si terrà sabato 25 maggio, alle ore 11.00, presso il Salone di rappresentanza dell' INDA, alla presenza delle autorità e della stampa.
Per quella occasione è programmato un momento di ricordo di Sebastiano Tusa da parte dell’assessore Fabio Granata e di Moncef Ben Moussa. La consegna del Premio avverrà invece al Teatro Greco, prima della rappresentazione dell' Elena di Euripide.

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26 MARZO 2019

 La dottoressa Cristina Marra, già famosa alle Eolie, sarà la responsabile della sezione “Letteratura” di "Globalpres" 

Luca Bianchini "So che un giorno tornerai" Mondadori

Mi piace pensare a Luca Bianchini come a un detective dei sentimenti, un indagatore di storie e rapporti umani felici o struggenti che insegue per strada o che incontra per caso e gli chiedono di essere raccontate e investigate nel profondo, e leggo i suoi romanzi con questi occhi, immagnandolo in una città italiana che percorre a piedi per scovare e scoprire le case, le vie, i volti che diventeranno ambientazioni e personaggi. Anche il suo recente romanzo "So che un giorno tornerai" è un'intensa e intrigante indagine nei cuori di un uomo e una donna che si sono sfiorati per poi allontanarsi in modo drammatico ma senza recidere quel filo rosso del sentimento che unisce per sempre. In uno dei suoi tanti viaggi, Bianchini ha conosciuto la storia che voluto romanzare in questo libro, la vicenda di una bambina e di una madre, di una famiglia del nord e una del sud, di un amore mai sopito ma stordito dalla distanza e dalla fuga, di una nascita che cambia il corso della vita della giovane madre Angela e di tutta la coralità dei personaggi che ruota intorno alla sua scelta di maternità. Il romanzo racconta col sorriso e qualche lacrima uno spaccato dell'Italia degli anni Sessanta, da Trieste a Santa Severina in Calabria, un'Italia unita da un amore proibito che lascia come frutto una bambina che avrebbe dovuto nascere maschio per essere riconosciuta da un padre che l'abbandona e sceglie di rimanere con la sua famiglia d'origine. La piccola Emma avrebbe dovuto essere quel Giorgio tanto atteso da Pasquale, jeansinaro calabrese che si è arricchito col commercio a Trieste, e Angela bella ventenne che fa la commessa in una pasticceria e sogna di essere come Monica Vitti nel film "La ragazza con la pistola". Emma vivrà la prima infanzia accudita e tirata su dai nonni materni, i Pipan e dagli zii e non conoscerà la madre fuggita dalle sue responsabilità per sposare la "seconda scelta", Ferruccio, e trasferirsi a Bassano del Grappa. Ma lasciare Trieste non significa dimenticare e ben presto il legame del sangue esige incontri e avvicinamenti. Bianchini investiga così i cuori dei suoi personaggi e dei luoghi, quella Trieste ancora nostalgica dell'impero austro ungarico e quella Calabria antica e conservatrice. A sette anni Emma vorrebbe davvero essere quel maschietto desiderato dalla madre, per averla con sè, godere dei suoi abbracci e crescere in una famiglia che sa di normalità. Emma rivede la madre e si mette sulle tracce di un padre assente ma che non l'ha mai dimenticata. Bianchini racconta con delicatezza e sensibilità i passaggi del cuore, l'alternanza di sensazioni, la difficoltà delle scelte che nascono nei rapporti tra un uomo e una donna e nelle responsabilità di chi fa il genitore. Il ritorno e l'attesa caratterizzano il leit motiv della trama narrativa, accompagnati da una certezza che nasce dal cuore.

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Giulio Perrone- "L'amore finchè resta" Harper Collins

Che rischi comporta l'amore? Forse che duri, come recita l'aforisma di Wilde in esergo al romanzo, o che non si riconosca, si respinga o non si sappia trattenere? Un grande enigma l'amore, forse per questo Tommaso, protagonista di "L'amore finchè resta" di Giulio Perrone, s'impone delle regole per non cedere al sentimento, per schivarlo a favore di un rapporto falso con la ricca moglie Lucrezia, che gli consente di mantenersi uno stile di vita alto, tanti agi e zero responsabilità. Quarantenne romano, attico in via Giosuè Borsi con annesso studio da terapeuta, una BMW ultimo modello, sposato da undici anni con la figlia del notaio Altomonti, la fonte del suo benessere e dei suoi lussi, Tommaso, passa inaspettatamente dall'essere martello a fare l'incudine: la moglie lo lascia "senza troppi convenevoli. Con fermezza e decisione". La sua colpa è aver trascurato pure quella "parvenza di sentimento da riaccendere al momento giusto" per lasciarsi stordire da rapporti con amanti saltuarie e da quello piu' assiduo con Anna ed essere quindi rimpiazzato. Perrone lascia che a parlare del suo nuovo status di single senza un soldo sia lo stessoTommaso in prima persona che si racconta a carte scoperte, senza filtri come davanti a uno specchio che finalmente riflette la sua immagine piu' vera e rivela la sua reale identità. Il protagonista, come prigioniero di un incubo da cui non riesce a svegliarsi, perde tutto, fa le valige e si ritrova al punto di partenza, catapultato indietro al tempo dell'adolescenza nella casa popolare dei genitori che la madre Iole, vedova, deve ancora finire di riscattare. Costretto a lasciare anche il figlio Piero, Tommaso si sente solo, è solo! Passato e presente si rincorrono e tanti non detti, parole impresse nella mente e nel cuore, insoddisfazioni o incomprensioni pian piano hanno un significato nuovo che sa di esperienza, di affetto, di famiglia. Lo sconforto cede presto il posto a un "rimboccarsi le maniche" che Tommaso sente come il consiglio di molti e si ritrova a fare il barista come da ragazzo, ma stavolta per mantenere il figlio e aiutare la madre piena di debiti. Una sfida anche con se stesso, e non si vergogna a tornare dietro il bancone e cercare di fare il possibile per sbarcare il lunario.Tommaso impara a scoprire anche la normalità nel suo rapporto col figlio che, in fondo conosce poco, e la riapprezza grazie al sapore semplice di un panino con la frittata mangiato mentre sono diretti allo stadio a tifare Roma, anche se adesso sono a bordo dello scassato maggiolone rosso del '73 appartenuto a suo padre. Non poche le difficoltà economiche che Tommaso deve fronteggiare e inizia così il suo percorso di formazione, una maturità tardiva ma necessaria che lo investe come l'odore forte delle cipolle e della salsa di zia Gina o la genuinità dei discorsi in romanesco dell'amico tifoso Roberto. Nel microcosmo del bar di Gianni, Tommaso osserva i clienti, serve caffè ai tavoli e dispensa dritte e incrocia anche lo sguardo di una giovane donna con un nome che comincia per L ma che non è Lucrezia. La quotidianità, con le piccole grandi soddisfazioni di sentirsi utile e di poter contare su selezionati ma veri amici come Lorenzo, gli restituisce pure la dignità e gli offre una chance inaspettata. Rimettersi in discussione a quarant'anni, cedere alle nuovi leggi del mercato per fare soldi subito ma a costo di perdere e guadagnare cosa? A chi dovrà rinunciare? Tommaso in un'altalenante flusso di riflessioni sollecitate dalla sua voglia di essere finalmente e soltanto se stesso, fa la scelta che segna la volta nella sua vita. Perrone racconta una storia in cui molti si ritrovano in uno dei tanti personaggi simbolo che la rendono corale. Tommaso non rappresenta solamente un marito fallito, un padre superficiale, un figlio assente ma anche un uomo che vuole leggersi dentro e scrollarsi gli stereotipi e i clichè dettati dalla società, con Tommaso, l'autore racconta e svela rapporti tra un padre pieno di incertezze e un figlio che sa fronteggiare le emergenze, e ancora tra un figlio unico indeciso e una madre vedova che tenta ancora di aprire la porta alla fotuna per riscattarsi, tra un giovane che ha abbandonato il suo quartiere d'origine e quando torna non si rende conto di quanto tempo è passato e di come sia cambiato. Un romanzo sull'amore e sulla sua intrigante "pericolosità" ma anche sul tempo che passa e che ci lascia delle tracce che non vogliamo vedere ma che ci rendono piu' forti e veri.

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Alberto Garlini "Il canto dell'ippopotamo" Mondadori

Un libro necessario, frutto di una raccolta di esperienze, ricordi, appunti, che raccontano la formazione di un uomo vocato alla letteratura e che ripercorre la sua giovinezza e le sue scelte di pancia e di cuore. Dopo il bellissimo giallo "Il fratello unico", Alberto Garlini stavolta indaga su se stesso, sui moti dell'anima, i legami indissolubili e la passione per le parole nel toccante "Il canto dell'ippopotamo". L'autore accarezza i ricordi che diventano quella nostalgia mai nominata ma che aleggia in ogni pagina con una narrazione sofferta e delicata che affronta anche la malattia fisica e quella piu' subdola del male dell'anima che incombe come un'ombra nefasta. Un viaggio intimo nel suo Friuli degli anni Novanta che celebra il poeta Pierluigi Cappello e un'amicizia destinata, sin dal primo incontro, a diventare solida e vera, alimentata da incontri, letture, scambi, confronti. Garlini partecipa alla crescita e alla popolarità di Cappello, alle sue sconfitte e sofferenze ma anche alle piccole e grandi soddisfazioni fino al capolavoro di "Parole povere". La poesia diventa àncora di salvezza, sfogo, meta tanto per Pierluigi costretto sulla sedia a rotelle da un incidente stradale e diventato per tutti il Poeta, quanto per l'autore che rincorre sogni e ambizioni e cerca rifugio nelle parole. Parole che ben presto hanno anche l'urgenza di diventare storie ed è ancora un amico che raccontava " un mucchio di storie e tutte le credeva vere" a far nascere in Alberto la passione per il racconto, si tratta del piccolo Paolo, un bambino"appassionato della vita, sia quella reale che quella immaginaria". Incontri e separazioni fisiche da persone e luoghi caratterizzano il flusso della narrazione che rimette insieme pezzi di un puzzle che diventa una parte di vita, una storia di amicizia, di fusione di sogni e di intenti vissuta con lo sfondo di un Friuli "antico" che profuma ancora di poesia. 
INCIPIT Quella mattina mi ero svegliato presto, avevo bevuto un sorso di caffè e mi ero messo a scrivere. Non ricordo cosa scrivevo, ma era bello stare nella bolla del freddo, col caffè caldo di fianco, a leggere parole scritte forse con amore."

EDITORE Mondadori PREZZO 18,00

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Franco Vanni - La regola del lupo- Baldini + Castoldi

Stavolta Steno Molteni c'è cascato, il ventisettenne cronista di nera si è fatto ingannare da una bionda e avvenente avvocatessa che per tre notti ha diviso la sua stanza 301 all'albergo Villa Garibaldi e gli ha fatto pure trasgredire la regola "mai con le colleghe giornaliste, con le poliziotte, mai con le avvocatesse", frustato e mortificato da quanto ha origliato da dietro la porta del suo bagno, scende nella hall mentre fuori dalla finestra "la primavera faceva danzare l'aria di Milano". Non troppo lontano da lì, a Pescallo, una frazione di Bellagio, la stagione dei risvegli e delle fioriture regala panorami mozzafiato e colori strabilianti, come quello di una rigogliosa pianta di glicine per anni la salvezza e il talismano dell'ormai anziano pescatore del lago, detto da tutti Santiago che, da quando era ragazzo, con la barca di alluminio, andava a pesca di lucci. Adesso quella pianta con tutta la sua bellezza la detesta, così come il panorama e tutto il resto, gli anni addosso lo hanno cambiato, ma lui accusa quel glicine che "col tempo aveva perso il suo potere di riportare nella sua testa la pace degli uomini antichi". Pace che quella mattina è squarciata da due spari uno dei quali colpisce a morte il quarantenne Filippo Corti sul tender della sua barca ormeggiata sul lago. A bordo tre amici della vittima, i soli sospettati e l'arma rimasta in bella vista. In tempo reale Molteni è avvisato dell'omicidio dal signor Barzini della reception del suo hotel che come in un tam tam aveva aveva ricevuto la brutta nuova dal collega portiere e amico di un albergo di Bellagio, nonchè padre di Steno. La macchina narrativa della seconda indagine di Steno Molteni "La regola del lupo" di Franco Vanni, parte subito come lo fa la sua Maserati Ghibli guidata dall'amico clochard Alberto che lo accompagna per le vie del centro di Milano a indagare sulla vittima e scrivere un articolo particolareggiato per il settimanale "La Notte" . Nello stesso momento sul luogo del delitto arriva il maresciallo Salvatore Cinà, che i bellagini chiamavano Lupo per via di una sua vecchia indagine e che ora, prossimo alla pensione, si trova di fronte un caso apparentemente troppo semplice. Se Cinà con esperienza e col suo modus che lascia trasparire una sicilianità conservata con orgoglio ha a che fare con i tre ricchi sospettati, a Milano Molteni ricostruisce la vita e le abitudini della vittima detta sin da giovanissimo il Filippino, figlio della portinaia di un pregiato stabile del centro che in poco tempo era riuscito a diventare un giovane uomo d'affari e addirittura a comprare quella casa dove la madre lavorava e lui giocava col figlio dei proprietari, Andrea, col quale viveva in simbiosi. Una scalata sociale inarrestabile era stata l'obiettivo del giovane Filippo che con ambizione e determinazione raggiunge successi e conquista un posto nell'alta società che le sue umili origini non gli avrebbero mai permesso di ottenere. Tre amici hanno condiviso con lui successi, potere, vacanze e anche tradimenti, gli stessi che sono a bordo della dodici metri e vedere il suo cadavere riverso sul gommone. Andrea, Marco e Priscilla tre modelli per Filippo, da imitare, da superare e anche da cui prendere qualcosa, a cui sottrarre una caratteristica, una specialità, un sentimento a suo unico vantaggio. Sin da piccolo con loro si sente un randagio, un lupo solitario in mezzo a cani di razza, eppure la sua volontà e determinazione lo rendono piu' forte e anche spietato nelle sue scelte. Vanni ricostruisce la figura di un ragazzo solo che ha la velleità di diventare capobranco e fa muovere a suoi piacimento i tre amici troppo abituati agli agi, troppo addestrati al benessere e al superfluo. Filippo è selvaggio e selvatico e in questo risiede la sua sicurezza nell'affrontare gli ostacoli, non teme ma attacca, non chiede ma pretende o istiga e man mano che Steno raccoglie informazioni prende forma il lato piu' nero della vittima. Sul lago iniziano le indagini, arrivano i Ris e il magistrato e anche la bella Sabine, la fotografa del settimanale con "un'arma segreta" per estorcere notizie e indiscrezioni. Vanni offre al lettore una scena del crimine chiara, pulita, tre possibili colpevoli e diversi occhi e punti di vista su quella barca, non solo quelli di uno strepitoso e sorprendente testimone oculare. L'autore ha una scrittura limpida che non si perde in inutili dettagli o descrizioni e che mette sul tavolo tutti gli elementi come se il lettore fosse insieme a Cinà sulla barca o a Molteni a casa della vittima. La ricostruzione di una storia di ambizione e amicizia, di amore e sofferenza, di solitudine e emarginazione, è fornita con una tecnica a incastri che lascia volutamente qualche tassello fuori posto. I tre amici hanno orchestrato insieme l'omicidio o solo uno di loro ha agito? Tutti avevano un motivo per odiare quell'amico troppo carismatico eppure tutti e tre erano insieme sulla sua barca a festeggiarne il quarantesimo compleanno. Figure comprimarie si muovono nella scena e se Steno alterna l'indagine al suo impegno come barman nell'albergo dove soggiorna a un prezzo di favore, Cinà già pensa ai giorni da pensionato e il lago conserva e custodisce brutture e inciviltà pronte a tornare a galla.

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Monica Pais "Animali come noi"- Longanesi

Il primo da cui divenne inseparabile fu "Piccoli animali e animali piccoli", il libro "sottratto" alla biblioteca di Oristano da bambina e mai restituito perchè macchiato col latte e nascosto in soffitta, ben presto i piccoli amici di carta divennero di carne, ossa, peli, piume, squame, perchè il sogno di Monica è stato, sin dall'infanzia, quello di prendersi cura di animali in difficoltà che incrociano il suo cammino e di diventare veterinaria. Monica Pais, veterinaria lo è diventata e anche una delle piu' famose e brave d'Italia, e quel libro sporco di latte lo ha sostituito con il suo "Animali come noi", illustrato da Paolo D'altan, che racconta gli incontri speciali con i "rottami", animali abbandonati, randagi, selvatici, feriti nel corpo e nell'anima, di cui lei si è presa cura negli anni prima a casa e in seguito nell'ambulatorio e nella clinica Due Mari insieme al marito Paolo. Da bambina adotta, cura e ospita nella sua stanzetta "ordinari rottami" come uccelli, gatti e pure pipistrelli, nutre e ridona la libertà a passerotti o cani del canile. La bambina col talento e la passione del veterinario, diventa piu' attiva in primavera, quando "era piu' frequente trovare piccoletti affamati per strada" o li va a cercare prima che loro cercassero lei. Nelle pagine di Monica Pais diventano personaggi il cane gas, il daino Bambi, il cigno Biancaneve, la volpe Rosa Fumetta e tanti altri protagonisti di storie di coraggio, dignità, volontà, fierezza, dolcezza e amore. Diviso in quattro parti, il libro che somiglia a un diario di viaggio con tappe e incontri fondamentali che le hanno lasciato un segno, un tatuaggio sul cuore, è anche un romanzo di formazione all'amore e al rispetto verso creature simili e spesso migliori degli esseri umani che, con generosità e senza secondi fini, sono "maestri di sostegno lungo la strada della nostra esistenza, ci insegnano di nuovo ada ascoltare la natura che batte dentro di noi e ci rimorchiano in porto anche attraverso il mare piu' tempestoso". Dalla sua "malattia" per i cavalli, alla mascotte Frank, all'arrivo di animali selvatici o marini, l'autrice presenta una carrellata di esperienze con esseri meravigliosi, dal cigno nero, al topo, alla tartaruga, al fenicottero, alla donnola e svela aneddoti, sentimenti, lezioni di vita e di sopravvivenza, guidata nel suo percorso da "un gran debito di riconoscenza verso tutte le creature grandi e piccole". Riconoscenza che spinge Monica a lanciare la Onlus "Effetto Palla" dopo aver salvato e adottato una pitbull cresciuta con un laccio stretto attorno al collo che le ha fatto gonfiare il muso rendendole la testa simile appunto a una palla, nome scelto per lei, diventata da subito l'ombra di Monica e la sua sostenitrice. Dal racconto per immagini sui social, dove Monica Pais è seguitissima con i suoi post di denuncia o di ricerca di una casa per i tanti "rottami", a questo libro, l'autrice è instancabile nel prodigarsi per difendere creature di ogni razza e dimensione e nell'aiutarle a ristabilirsi e a reintegrarsi nel loro ambiente naturale e perchè no, a instaurare il giusto rapporto con i proprietari umani che troppo spesso dimenticano di essere animali come loro. 

Longanesi Euro 16,90

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Luca Ammirati "Se i pesci guardassero le stelle" (DeA Planeta)

Samuele ha un rapporto speciale con le stelle, le conosce a fondo, le ammira insieme ai tanti visitatori dell'Osservatorio astronomico di Perinaldo a cui fa da guida, ma le guarda soprattutto in solitudine, sulla panchina del belvedere, "la sua oasi di poesia e pace" e si convince "che tutto andrà bene, qualunque cosa accadrà". Samuele è il trentenne protagonista di "Se i pesci guardassero le stelle" (DeA Planeta) di Luca Ammirati e divide le giornate al mattino da reporter precario per il giornale locale e la notte da astrofilo appassionato all'Osservatorio. Ammirati, responsabile interno della sala stampa del teatro Ariston di Sanremo, ambienta il romanzo tra Perinaldo, il lungomare, il centro storico e i quartieri della città dei fiori che splende di colori e luci e regala non poche suggestioni al protagonista. Si nutre di sogni Samuele Serra, vorrebbe diventare un creativo pubblicitario e, perchè no, trovare la compagna con cui condividerli e relizzarli, ma è ancora solo a raccontare progetti e delusioni a Leo, un amico speciale che lo ascolta a ogni suo rientro a casa. Samuele sente di non aver raggiunto nessun traguardo e di girare a vuoto come fa Leo. La notte di San Lorenzo, all'Osservatorio incontra Emma, una donna bellissima e misteriosa in "una scena dove gli occhi stanno al posto delle parole e l'impulso prevale sulla logica". Emma scompare dopo poche ore per un errore del protagonista. Sarà stata reale o si è trattato di un sogno nella notte piu' bella dell'estate? Ammirati dà una sferzata alla storia e il percorso di Samuele si lega a quello della ricerca della donna che simboleggia il sogno da raggiungere. Con una scrittura delicata e sensibile ai moti dell'anima, agli impulsi emotivi, alle sbadataggini e alle scelte istintive e alle intuizioni del protagonista, spronato dai suoi dialoghi con Leo, l'autore racconta una storia che è lo specchio di un'intera generazione in un romanzo di formazione alla vita ma soprattutto ai sogni "perchè non esistono sogni facili. Esiste solo il coraggio di inseguirli".
Luca Ammirati "Se i pesci guardassero le stelle" (DeA Planeta) euro 16,00

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