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di CarIo D’Arrigo*

Anche le “alogene” vanno in pensione

Una scelta corretta, e persino tardiva, l’ha presa l’Europa vietando l’immissione sul mercato delle lampade alogene. Troveremo ancora in vendita i prodotti giacenti in magazzino (gli affezionati potranno farsi una scorta) ma l’industria non potrà più produrre questi “dispositivi mangia energia”. Perché le lampade a filamento, anche se alogene, consumavano (uso il passato) molta più energia elettrica di quanta “energia luminosa” producessero. Il calore che esse emanavano era il frutto del bassissimo rendimento del dispositivo elettrico. Il divieto di vendita è scattato il 1° settembre di quest’anno, e già nei negozi si possono riscontrare gli effetti. Con il regolamento dell’Unione Europea n. 244/09 la Commissione europea ha deciso la fine della commercializzazione di queste lampade. Si vogliono così ridurre i consumi energetici anche nel campo dell’illuminazione. Era già accaduto con le vecchie lampade a filamento il 1° settembre 2012, oggi tocca alle “modificate” alogene. La loro alternativa non è la “fluorescente compatta”, le cosiddette lampade a basso consumo a gas fluorescente come alcuni ancora credono, ma le lampade a Led. La voce Led è acronimo di Light Emitting Diode o Diodo a Emissione di Luce e la sua nascita si può datare negli anni quaranta, unitamente all’invenzione dei Semiconduttori e dei Transistors. Per tanto tempo non si pensò che “il diodo” potesse far luce al pari delle vecchie lampadine, ma negli anni novanta si ebbe la svolta grazie all’opera di un gruppo di Ricercatori giapponesi. Si pensi che la (ormai vecchia) lampada alogena trasformava in luce solo il 5-10 % dell’energia assorbita, le fluorescenti il 20-30 % mentre i Led restituiscono in luce ben l’85-90 % dell’energia assorbita. Considerato che ancor oggi in Italia la maggior parte dell’elettricità è prodotta con combustibili importati, il cambio è favorevole anche alla nostra bilancia dei pagamenti. 

*Fisico, Consulente di Acustica del Comune di Lipari
carlodarrigo47@gmail.com

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Parlare, l’arte del Talkshow

Il poter esprimere in modo udibile la propria volontà e i sentimenti ha sempre distinto l’essere umano che, con il potente mezzo della parola, ha espresso rabbia, amore e ha creato legami e posto distanze. Quello che noi chiamiamo timbro della voce è un modo per creare intimità o per intimidire e imporre la nostra volontà. Per dire qualcosa di confidenziale abbassiamo la voce come cenno per ridurre a pochi la nostra attenzione, l’effetto inverso evochiamo alzando la voce, intercalandola di pause, inflessioni e picchi esplosivi di grande volume ed effetto. Tutti possiamo fare mente locale di quanto scrivo ricordando i programmi televisivi politici, o pseudo tali. L’arte vocale affonda radici nell’oratoria delle più antiche civiltà. E’ nota l’importanza che ebbe l’arte del parlare nella vita dei Popoli greci e latini. A tal fine esistevano veri educatori della voce che insegnavano agli oratori le regole per la corretta impostazione dell’organo fonatorio, così come fanno oggi i logopedisti. La radio prima e la televisione dopo, ci hanno abituati a un nuovo modo di usare il mezzo vocale: la voce differita nello spazio ma non nel tempo. Lo sviluppo nel ventennio fascista della radiofonia dell’Eiar (antenata della Rai) fu l’antesignana di quella voce stentoria cui oggi assistiamo nei talkshow televisivi. Allora fu la prima volta che un dittatore si avvaleva di un mezzo propagandistico così diffuso come la radio. La voce di Mussolini non risuona più soltanto a piazza Venezia, ma gli Italiani possono ascoltare in tutto l’Impero quei discorsi scanditi con convincente oratoria, con pause e citazioni ad effetto. “La pace riposa sulle nostre forze armate” o “Credere obbedire combattere” sono le frasi sbiadite che ancora si leggono su vecchie e non restaurate facciate. Ma come far sapere di “otto milioni di baionette” se non con un grido oceanico vibrato in un primordiale microfono! Oggi la rete ha dato a tutti la parola. Non più una sola grande voce, tutto è bidirezionale e ognuno dice la sua e può ricevere un cenno di conferma o di diniego. Buona o cattiva che sia la parola di ognuno ha la sua importanza. In fondo è da poco tempo che abbiamo imparato a parlare e a diffondere la nostra parola, e ciò cui assistiamo sono solo i primi passi di quell’arte che, nata con l’uomo, sta rivelando i suoi aspetti più belli. Qualche politicante ha recentemente detto che entro un decennio il parlamento non avrà più ragione di esistere; non credo che rievocasse antiche forme di dittatura ma, a mio convinto parere, intravedeva implementazioni di democrazia diretta cui non siamo abituati e che sono frutto di questa bizzarra evoluzione tecnologica della parola parlata e scritta, anche a distanze grandissime.

---La famiglia è un microcosmo all’interno della società odierna e risente delle trasformazioni che accadono al di fuori di essa. Sempre meno puericentrica, la famiglia ha un potere minore rispetto ai genitori del passato. Genitori impreparati e distratti da interessi di alcun valore abbandonano e demandano alle istituzioni l’educazione dei figli ma, sovente, non riconoscono in queste i poteri necessari perché operino in loro vece.

A fronte di ciò spesso la famiglia non riconosce la giusta dignità agli operatori della scuola. Si va ad incontrare il docente per gridargli in faccia che “mio figlio è preparato ed è lei che non capisce un …”, quando non si passa, addirittura, a vie di fatto perché l’insegnante si è “permesso” di attribuire un voto basso o si è permesso di bocciarlo. Si possono dividere due forme genitoriali: la prima autoritaria (sempre meno attuale) e la seconda liberale.

Il primo si assicura la propria autorità con rimproveri e proibizioni cui il giovane reagisce assentandosi o con atteggiamenti aggressivi. Il liberale concede ogni desiderata al figlio sperando che questo non provi risentimenti e lo lasci in pace. Nella maggior parte dei casi l’insegnante può recuperare le carenze che i figli trovano nella loro casa. Questo fin quando i problemi da risolvere non presentano profonde carenze affettive o riguardano errati esempi acquisiti da genitori che litigano e che presentano bassa stima reciproca.

Si formano sempre più spesso famiglie allargate, ognuno dei coniugi ha un secondo partner e i figli, abbandonati a se stessi, rimangono liberi di alimentare il mercato della droga e della follia. Genitori ci si forma, non si diventa mettendo inconsapevolmente al mondo figli, senza padre ne madre alle spalle.

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