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di Guido Barendson

Esule a Roma conto i giorni che mi separano dal rientro sulla nostra Isola e mi si stringe il cuore: leggo le tue cronache, seguo le dichiarazioni delle personalità pubbliche e private, parlo con amici sparsi tra Marina Piccola e Timberio, e non c’è una sola notizia che arrivi ad incoraggiarmi sullo stato di salute dello Scoglio.
La piazza è chiusa sbarrata, come fosse inverno pieno. A parte gli alimentari, le farmacie e l’edicola, che non hanno mai chiuso, su via Roma si alzano le saracinesche, ma resta il deserto sia per le Botteghe sia per le Camerelle.
Intendiamoci, la cittadinanza ha dato una straordinaria prova di responsabilità nei giorni del lockdown, osservando gli ordini del famoso Decreto Ministeriale. Mi chiedo se fosse davvero necessario che le motociclette dei Falchi si arrampicassero su fino a Villa Jovis per verificare che nessuno si azzardasse a fare una camminata: consideriamolo bonariamente un eccesso di zelo.

Grazie alla compattezza di Capresi e Anacapresi, è andata bene, per fortuna. Ma ora che la fase acuta dell’emergenza è passata, mi chiedo cosa stia succedendo, cosa impedisca il ritorno alla normalità.
L’altro giorno ho visto su Rai1 un brevissimo passaggio con Marino Lembo: il sindaco ha speso – come sa ben fare – parole di buon senso: ha parlato di sicurezza e ha esaltato l’orgoglio della nostra Città. Accanto a lui, in piazza, due miei carissimi amici: Lino, di Paolino ‘under the lemon trees’, e Gianluigi Lembo di Anema e Core. Giusta la scelta di due figure notissime della imprenditoria. Ma quelle sedie buttate ai piedi delle scale, c’era davvero bisogno di farle vedere? Non si poteva farle spostare o scegliere altro posto? A Saint Tropez sarebbe successo?
Ecco, ho pensato che questa piccola sciatteria, questa mancanza di attenzione, siano un po’ il segno di uno stato d’animo di abbandono.
Annamaria, tu ha inventato la definizione di ‘Salotto del Mondo’: ma se io venissi a casa tua, altro che sedie ammucchiate! Troverei comode poltrone, caffè e magari un whisky!
Stiamo tutti in convalescenza, ma ogni giorno dobbiamo fare un passo in più. Sennò, tanto vale restare a letto.

Penso ai lavoratori stagionali senza prospettiva di impiego, penso ai proprietari degli storici negozi di moda, penso agli albergatori: se non arriveranno gli stranieri, sarà molto dura affrontare l’intero anno.
Ma finché il quadro sarà desolante, chi avrà voglia di venire?
L’itinerario lo conosciamo tutti:
– riempire la piazza: è il cuore della nostra Comunità
– riaprire esercizi commerciali e ristoranti
– concordare con l’armatore Aponte – il vero padrone del Golfo – orari seriamente differenziati per arrivi e partenze, per evitare assembramenti questi sì pericolosi a Marina Grande. Lancio un’idea: per garantire la piena sicurezza in porto, tutti i mezzi devono circolare rispettando gli orari come se fossero aeromobili. Sei in ritardo di oltre dieci minuti, allora perdi lo slot e resti in banchina, magari sanzionato dalla Capitaneria per aver mancato di garantire un servizio di pubblica utilità. Potrebbe essere uno stimolo accettabile.

– rafforzare i trasporti locali: è mai possibile che continuino a circolare mezzi pubblici degni di un paese sottosviluppato? E poi, se a bordo di una singola corsa di autobus e funicolare potrà salire un massimo di dieci persone, quanto dovremo attendere in piedi al Porto?
– Del Capilupi non parlo: se non fosse per l’impegno di tanti medici, infermieri e dipendenti, molte persone uscirebbero menomate per la vita e tanto varrebbe chiuderlo, per evitare la serie dei ‘Vivi per Miracolo’ in onda ogni settimana.
E’ molto lunga la lista delle necessità e dei lavori da fare per coltivare la bellezza, rilanciare la cultura, riportare quel ‘bel mondo’ che – spaventato dall’affollamento dei giornalieri nei nostri vicoli e dall’assedio dei motoscafoni a mare – ha scelto altre mete, che non godono del fascino caprese ma giocano alla grande su una capacità di accoglienza migliore.
Se vuoi, Annamaria, ne parleremo una volta ritornati alla normalità. Ma QUALE NORMALITA’? Spero una normalità migliore di quella ante-Covid, con meno gente, meno volgarità, meno ‘ammuina’ e più tranquillità.

Vogliamo difendere davvero lo Scoglio: allora ricordiamoci che Capri è dei Capresi, ancora più uniti dalla grande prova offerta dal lockdown, ricordiamoci che gli arrivi e le partenze vanno attentamente regolamentati, sia con l’armatore monopolista dei vecchi traghetti e degli aliscafi-carri bestiame, sia con i gestori dei flussi turistici. Qualcuno è contento di vedere famiglie intere affrante e buttate a terra dietro S.Anna per mangiarsi un panino? Qualcuno è contento di vedere le facciate sporche abbandonate di tanti bei palazzi? Qualcuno è contento di vedere passare di corsa attraverso la Piazza in fila indiana tanti ospiti che non hanno nemmeno il tempo di alzare lo sguardo sulla Bellezza?(capripress.com)

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