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ULTIMORA. Magistratura onoraria. Rispondendo all’interrogazione in tema magistratura onoraria, il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede ha affermato che «la magistratura onoraria rappresenta un vero e proprio pilastro del sistema giustizia. Il testo di riforma in discussione in Commissione Giustizia prevede, allo stato, un regime di doppio binario con possibilità per i magistrati onorari già in servizio al momento dell’entrata in vigore della legge Orlando di scegliere tra lo status attuale, con previsione di pagamento cd “a cottimo”, oppure di optare per il pagamento di una indennità fissa che è stata innalzata rispetto alla legge Orlando». 

di Luigi Ferrarella

In Tribunale a Sassari una sentenza del giudice del lavoro dà torto al ministero della Giustizia che nega lo status di lavoratori subordinati ai magistrati onorari, e a Milano un sindacato del personale di cancellerie ricorre invece al giudice del lavoro contro l’applicazione di volontari con cui la Corte d’Appello cerca disperatamente di tamponare vuoti d’organico per mantenere i propri standard europei: la giustizia del lavoro come surreale frontiera di maxiquestioni ormai incancrenite. Il primo fronte riguarda quei «precari» del diritto (per lo più avvocati) che da tantissimi anni fanno i magistrati onorari (5.500, di cui quasi 1.800 vpo-viceprocuratori), cioè per funzioni ma non per carriera, reclutati per titoli anziché per concorso, in teoria a tempo ma di fatto continuamente prorogati, pagati a cottimo (98 euro lordi per 5 ore di udienza, compreso tutto il lavoro di studio delle decine di processi di una udienza), e soprattutto senza malattia-pensione-ferie, ma ormai divenuti insostituibili.

Rappresentano, infatti, la pubblica accusa in udienza nella quasi totalità dei procedimenti per reati di competenza del giudice monocratico e dei giudici di pace. Stanchi di essere trattati come co.co.co. del diritto, e storditi dal susseguirsi di progetti di riforma, ieri per i vpo arriva dalla giudice del lavoro sassarese Maria Angioni una sentenza che «accerta e dichiara la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato di fatto» tra il ministero della Giustizia e un vpo (patrocinato dagli avvocati Claudio e Ilaria Tani, e Maurizio Serra). E lo fa «dalla data di immissione nelle funzioni di vpo» e «con ogni effetto conseguente per legge»: che, nel potenziale impatto generale per il ministero (in risarcimenti per il passato e adempimenti per il futuro) sarà stimabile dopo le motivazioni. A un giudice del lavoro, ma a Milano, ricorre anche un sindacato del personale amministrativo contro il ministero per una condotta della presidenza della Corte d’Appello: la quale, pur continuando a fare i processi in metà della durata media italiana e in linea con quella europea, fatica però a farlo con una media del 29,6% in meno di cancellieri nel distretto (40% a Busto o Monza), e con aggravi di competenze (tipo la gestione edilizia): «Su 15 promessi ingegneri, architetti e geometri, ne è arrivato uno», dice la presidente Marina Tavassi, mentre ad esempio Napoli può contare su una apposita Direzione Generale con 30 persone. Inoltre il rapporto tra cancellieri e magistrato è «di circa 2 a 1 a Milano, 5 a 1 a Roma, 4 a 1 a Napoli».

Prima il ministro Orlando e poi ora Bonafede (che sabato sarà a Milano per l’anno giudiziario) dopo 20 anni hanno meritoriamente ripreso ad assumere migliaia di cancellieri, che però pareggiano appena quelli che vanno in pensione, e sono contesi dai vari uffici giudiziari in una lotta tra poveri attorno a una coperta corta per tutti. Tavassi ha allora cercato di tenere a galla il settore penale applicando su base volontaria (come le norme consentono 6 mesi più 6 mesi per straordinarie necessità) personale dell’Unep, cioè dell’ufficio di 80 persone che notificava atti oggi invece telematici. Così 16 lavoratori, divenuti fondamentali per la funzionalità delle cancellerie, hanno confermato la propria disponibilità, ma il sindacato Uilpa ha depositato un ricorso al giudice del lavoro per il danno formale al contratto nazionale che firmò anni fa e che verrebbe violato da quelle applicazioni. Senza le quali i presidenti delle varie sezioni penali hanno scritto al coordinatore Giuseppe Ondei che le cancellerie rischierebbero di collassare, con la prospettiva di dover fare solo i processi con detenuti. Non è certo quello che vogliamo, hanno subito compreso i sindacalisti nella prima udienza, e il giudice del lavoro ha allora rinviato a marzo per consentire una intesa in extremis che scongiuri il «collasso» da nessuno voluto.(corriere.it)

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