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Vincenzo Franza: “Messina ha in costruzione il suo Porto a Sud, soluzione ottimale per l’attraversamento dei centri abitati. E Villa?”

Il nuovo porto a Sud rappresenta la soluzione definitiva ai problemi che il traghettamento crea a Villa San Giovanni, ed infatti il progetto era stato giustamente inserito nella programmazione dell’AdSP. Per questo, sorprende e preoccupa notare che il progetto non rientri tra gli interventi immediatamente realizzabili avvalendosi dei fondi e delle procedure semplificate del PNRR.

“Avevo personalmente già avuto modo di lamentare la mancanza di collegialità nelle scelte strategiche su quelle aree della Città di Messina che non hanno destinazione portuale. Adesso anche il Tavolo del Partenariato del Mare chiede il confronto all’AdSP dello Stretto per poter apportare il proprio contributo di professionalità ed esperienza nelle scelte per gli sviluppi futuri dei porti di competenza di quell’Ente.
In questo senso va letta la comunicazione inviata dal Partenariato al Presidente Mega, con l’auspicio collettivo di un cambio di rotta, finalmente in direzione di quella collegialità nelle decisioni cha da sempre anche noi armatori privati auspichiamo.

“In attesa di poter apportare il mio contributo in uno specifico tavolo di confronto, non ho potuto tuttavia non notare, spulciando le intese raggiunte col Comune di Villa San Giovanni durante il Commissariamento, che la realizzazione del Porto a Sud della città nostra dirimpettaia non è più tra le priorità realizzative dei programmi dell’Autorità di Sistema Portuale.

“Di quest’approdo che sarebbe speculare a quello di Tremestieri (con tutto ciò che di positivo conseguirebbe in termini di tempi di percorrenza dei traghetti) e che risolverebbe quel vulnus per la città e i cittadini (dal punto di vista del traffico veicolare, dell’inquinamento e della relativa congestione della viabilità) che anche il Comune di Villa San Giovanni da tempo denuncia, si parla ormai da troppo tempo.

“Demolire e non ricostruire beni del demanio regionale dopo anni impiegati a non fare e a impedire di fare: ecco il salto di qualità dell’AdSP dello Stretto”.

“C’è un enorme problema di metodo e una enorme carenza di democrazia. E’ tempo di dire basta a questa mistica dell’uomo solo al comando; è tempo che il pallino torni in mano a quelle Istituzioni espressione del volere popolare”.

C’è un bel dibattito in corso in città sulle sorti dell’area dove sorgeva il Teatro in Fiera, un dibattito polarizzato ma anche trasversale, con interessanti riflessioni e singolari prese di posizione individuali. Un dibattito, tuttavia, come spesso capita a Messina, concentrato esclusivamente sul merito, mentre c’è all’orizzonte l’ennesimo, enorme problema di metodo.

Da membro del Tavolo del Partenariato del mare, che non è stato in alcun modo coinvolto in questa decisione dell’AdSP, non posso non rilevarlo.

Accade infatti che un Ente statale chiamato a gestire anche terreni del demanio regionale (come quello in parola), nell’ambito di un importante processo di riqualificazione di un’area pregiatissima della nostra città proceda a demolire un manufatto ivi contenuto nell’ambito di un progetto di manutenzione tramite demolizione/ricostruzione, e poi però decida di non procedere alla ricostruzione (o anche alla ricollocazione in altro sito, magari più pregiato) prendendo a pretesto la 

rescissione ordinata dal Consiglio di Giustizia Amministrativo -e la successiva rinuncia delle altre ditte- nonché una presunta consultazione della quale non è dato conoscere i dettagli quali-quantitativi.

Al di là del contenuto, l’intollerabile retorica dell’uomo solo al comando, che ha caratterizzato le più recenti governance dell’AdSP dello Stretto – naturalmente indotta dalla cancellazione del Comitato Portuale, nel quale trovavano rappresentanza tutte le categorie di stakeholders pubblici e privati - trova ancora una volta plastica rappresentazione in un evento che avrebbe potuto davvero segnare una svolta in direzione di democrazia e partecipazione nella gestione della cosa pubblica e dei beni comuni.

Peraltro, proponendo di fatto la definitiva demolizione di un bene patrimoniale del demanio, evento per il quale la normativa vigente impone un’apposita procedura autorizzativa per evitare danni erariali.

Sia chiaro! Il sottoscritto è pienamente d’accordo nel non ricostruire il quel luogo il Teatro in Fiera, ma, come scrive il massimo poeta “il modo ancor m’offende”.

Il re è nudo: ormai emerge che la mission dell'autorità di sistema portuale in questi anni è stata quella di non fare, di impedire di fare, e di cessare di fare quel che si faceva. Oggi, per sovrammercato, oltre a ciò si programma anche di demolire quello che rimane!

È tempo che il pallino torni in mano a quegli Enti e Istituzioni – in testa la Regione, insieme al Comune e all’area metropolitana di Messina – che trovano potere e responsabilità in un consenso reiterato e profondo. Noi attendiamo…

 

“Abbiamo formalmente richiesto, insieme ai rappresentanti del mondo delle imprese, del lavoro e delle professioni, una integrazione dell’odg della prossima riunione dell’Organismo di Partenariato della Risorsa Mare presso l’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto. Ciò per affermare e ribadire che argomenti importanti e di interesse trasversale possono utilmente essere discussi solo agendo il metodo del confronto e della condivisione”.

Con queste parole il rappresentante degli armatori in seno all’Organismo di Partenariato, Vincenzo Franza, entra nuovamente nel dibattito da qualche tempo in corso sul ruolo e i compiti dell’Autorità e sulle strategie per rilanciarne l’operatività.

Armatori, operatori portuali, spedizionieri, trasportatori hanno firmato un documento nel quale si chiede al segretario generale dell’AdSP di integrare l’ordine del giorno della riunione in programma il prossimo 27 ottobre con alcuni punti ritenuti importanti e ineludibili.

Si chiede in particolare che si discuta delle aree e delle infrastrutture ex Fiera di Messina; della proposta di estendere a 15 anni la validità di alcune concessioni demaniali; della costruzione a Tremestieri di una stazione di rifornimento di gas LNG; un confronto sullo stato avanzamento e sulle eventuali criticità del Piano Operativo Triennale e del Documento di Pianificazione Strategica di Sistema.

Per Franza si tratta di una iniziativa “assolutamente in linea con gli scopi e le finalità dell’Organismo di Partenariato della Risorsa Mare, che per qualità e ampiezza della rappresentanza può e deve sempre più sostanziarsi quale luogo di confronto politico in senso lato, che tenga cioè conto anche delle necessità e delle istanze dei territori oltre che delle necessità dei porti e delle aree portuali”.

 

Caronte & Tourist Isole Minori risponde – con una lunga nota firmata dal Presidente Vincenzo Franza e inviata, tra gli altri, al Ministro delle Infrastrutture, al presidente della Regione e all' Autorità di Sistema Portuale siciliane – alla proclamazione di un nuovo sciopero dei portuali da parte dei sindacati confederali, non soltanto esponendo le proprie ragioni in merito alla legittimità dell'avvio in autoproduzione delle attività di rizzaggio e derizzaggio dei mezzi trasportati sulle proprie navi, ma anche ricostruendo la genesi dello sciopero e sollevando seri dubbi sulle modalità di un'agitazione che rischia di mettere in ginocchio la popolazione di tutte le isole minori della Sicilia.

"Abbiamo ricevuto – scrive il presidente – una lettera con la quale le segreterie regionali delle organizzazioni sindacali FILT-CGIL, FIT-CISL e UILTRASPORTI hanno indetto "l'immediato stato di agitazione di tutti i lavoratori portuali della Sicilia" e, contemporaneamente, "una prima iniziativa di sciopero di 72 ore" dal 26 al 28 maggio prossimi, nonché una successiva ("in assenza di risposte positive") dal 30 maggio al 1° giugno 2018. Un totale di 144 ore di sciopero in sette giorni. Ciò perché – recita la proclamazione – la scrivente, in data 11 maggio, in costanza di uno sciopero nazionale dei lavoratori portuali e marittimi sui temi dell'autoproduzione di servizi portuali, aveva "comunicato che a far data dal giorno successivo, il 12 maggio, avrebbe ripreso ad espletare le operazioni in autoproduzione sul porto di Milazzo. Lasciamo alla valutazione di legittimità della Commissione di garanzia per la regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali e a quella politica del sig. Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e del sig. Presidente della Regione Siciliana, le considerazioni su un'agitazione dalle modalità sopra descritte e sulle conseguenze di essa sulle modalità di vita dei cittadini delle isole minori della Sicilia. Ci limitiamo, in questa sede – prosegue Franza – a riassumere lo stato dell'arte di una vicenda sulla quale abbiamo assistito, nelle ultime settimane, a un'escalation di prese di posizione dai contenuti in tutta franchezza inaccettabili e dai toni certamente sopra le righe".

La lettera della Società scende nel dettaglio della disciplina delle operazioni di rizzaggio e derizzaggio specificando che esse sono regolamentate dalla Legge n. 84 del 1994 che le delega alle imprese portuali, ammettendo tuttavia che esse possano essere svolte da personale delle compagnie di navigazione – per l'appunto in "autoproduzione", previa autorizzazione concessa dalle Autorità portuali o marittime competenti – purché nel rispetto di condizioni espressamente descritte dalla normativa ed evidenziando che "i termini della querelle riguardano proprio il fatto che Caronte & Tourist Isole Minori, come prevede la legge, ha richiesto e in più casi ottenuto l'autorizzazione all'autoproduzione per i porti nei quali operano le navi della flotta sociale".

"Abbiamo inutilmente (per oltre dodici mesi nelle trattative per il contratto integrativo dei marittimi dipendenti da Siremar) provato a trovare un'intesa preventiva con le organizzazioni sindacali, sulla base del fatto che siamo una società con serie perdite di bilancio, che ha tra l'altro ereditato navi in condizioni di grave inadeguatezza, e che abbiamo la conseguente necessità di aggredire e ridurre tutti i costi – soprattutto poiché operiamo in concessione e siamo destinatari di denaro pubblico – secondo i nostri principi e preoccupandoci dell'eliminazione o quanto meno dell'attenuazione delle ricadute sociali delle nostre scelte strategiche. Per questo abbiamo dichiarato, anche in sedi ufficiali di confronto e come potranno confermare i vertici dell'Autorità di Sistema della Sicilia Occidentale e quelli di Sicindustria, la nostra disponibilità a farci carico della ricollocazione del personale portuale che dovesse risultare in esubero dall'esecuzione in autoproduzione di rizzaggio e derizzaggio. Operazioni, tra l'altro, che vorremmo effettuare solo sulle navi di capienza non comparabile alle autostrade del mare che effettuano linee in concessione e trasportano solo pochi mezzi, per lo più guidati (e dunque senza alcuna interferenza con le operazioni portuali propriamente dette), con ricadute sul terreno occupazionale assolutamente gestibili. Con buona pace delle presunte conseguenze devastanti profetizzate dalle organizzazioni sindacali.

Riguardo allo sciopero, il presidente di Caronte&Tourist Isole Minori riassume la cronologia degli avvenimenti: "L''asserita provocazione dell'annuncio della ripresa dell'autoproduzione nel porto di Milazzo – inizialmente avviata secondo la formula del silenzio assenso e poi formalmente autorizzata dall'A.P. di Messina il 2 maggio 2018 – non era altro che la conferma di una comunicazione già formalizzata in un incontro svoltosi in sede di Confindustria a Palermo che, non per caso, condusse alla sospensione di uno sciopero indetto (anch'esso per 72 ore, alla prima proclamazione...) per il periodo 3/5 maggio. Nel verbale di quella riunione può leggersi che "i rappresentanti dell'azienda dichiarano che le attività in essere sul porto di Milazzo sono sospese fino al prossimo venerdì 11 maggio al fine di proseguire il confronto apertosi oggi e tentare di definire modalità condivise di attuazione delle possibilità di autoproduzione e di attenuazione degli eventuali impatti occupazionali che ne possano derivare". In cosa risiede, dunque, la provocazione, se si pensa che a quell'incontro ne è seguito un altro in sede di Sicindustria – il successivo 8 maggio – nel quale la scadenza dell'11 veniva ripresa e sottolineata?"

La conclusione della lettera di Caronte & Tourist Isole Minori è netta e amara, ma lascia intravedere margini di ripresa del confronto: "Naturalmente non pensiamo che dietro la difesa dell'occupazione portuale ci sia quella delle compagnie portuali. Né sottovalutiamo le tematiche di sicurezza e di difesa dell'occupazione che sono state poste a base delle iniziative sindacali: ribadiamo la nostra totale disponibilità al confronto. Non possiamo tuttavia non evidenziare come Caronte & Tourist Isole Minori sia innegabilmente titolare di un diritto derivante dalla vigente normativa e stia tentando di tutelarlo applicando una Legge dello Stato, provando a concordarne con le organizzazioni sindacali le modalità e a governarne le ricadute occupazionali. Al netto delle valutazioni di merito, il tenore, la tempistica e le modalità della risposta sindacale pongono un problema di agibilità della pratica d'impresa che non può essere eluso dalle Autorità competenti, se solo si considera che più di tre ore prima della dichiarazione di sciopero le parti avevano ricevuto una convocazione sul tema per il 30 maggio da parte di Confindustria che si era proposta come mediatore della vicenda. Siamo dell'opinione che ci si trovi in presenza di un'opposizione di principio, di una battaglia di retroguardia che rischia di trascinare ancor di più il sistema in una palude, dalla quale – in particolare in Sicilia – neanche gli sforzi di modernizzazione, annunciati ancorché non ancora realizzati dalle Autorità competenti, riusciranno a tirarlo fuori".(oggimilazzo.it)

 

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