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di Francesco Biancheri

Porticello, scenari ipotetici.

Quello che leggerete è frutto di personali congetture, fondate in parte sull’assunto che “uno più uno fa due”. Tutto qui! Le Eolie rappresentano uno degli ultimi paradisi naturali esistenti nel Mediterraneo, ricchi di storia e di tradizioni antropologiche. Sono anche luoghi che non risentono, se non marginalmente del fenomeno “dell’overtourism”, che interessa diverse località con le criticità che ne conseguono, semmai risentono di una stagione turistica troppo breve rispetto alle sue potenzialità, soprattutto rispetto alla varietà paesaggistica al confronto con gli altri arcipelaghi Italiani, quali le Tremiti, Egadi, Pontine e isole del Golfo di Napoli ad esempio. In questo momento, a mio modo di vedere, le nostre Isole sono oggetto di attenzione da parte di investitori con grandi capacità finanziarie di ampie visioni.

Sono già due anni che un noto multimilionario Americano soggiorna lungamente tra le isole nel periodo estivo con una notevole organizzazione logistica al seguito non proprio vacanziera, e quest’anno un altro suo pari, noto per una storica opera di ricostruzione immobiliare post bellica nel vicino Oriente e, si è soffermato con il suo panfilo davanti a Porticello. Dato per assodato che né l’uno né l’altro non possano non beneficiare di migliori alternative di dove trascorre le loro estati, in luoghi più ameni della baia di Porticello, occorre ricercarne le probabili ragioni. Credo che vi sia questa attenzione per una serie di motivi: iluoghi di vacanze per le fasce alte dei superricchi vacanzieri, nel Mediterraneo sono abbastanza inflazionate e la Costa Azzurra, il litorale Toscano con il “Forte”, la Sardegna, Capri, Corsica ecc. Le Eolie sono aree al sicuro da rischi di guerra, attentati, fenomeni ambientali disastrosi dovuti al cambiamento climatico, eventi sanitari gravi e squilibri politici, come avviene in Africa, e nei Paesi Latinoamericani dove sono localizzate attività di ricettività alberghiera di fascia alta.

Le Isole Eolie, nel loro complesso invece rappresentano l’ipotesi un una location privilegiata ed innovativa: sono sette, disposte su una superfice territoriale ampia, sono variegate nel paesaggio, e con opportuni investimenti facilmente collegabili ai nodi di trasporto continentali con mezzi privati come idrovolanti, elicotteri, e dove manca si faranno, porti ed aeroporto. Circa la ripartizione delle ex aree estrattive, tra un parco geominerario a monte e l’utilizzo ricettivo a valle, come da qualche autorevole esperto ipotizzato, anche in una recente intervista su questo giornale, sono pienamente d’accordo, e già sarebbe una buona operazione congiunta pubblico / privato che garantirebbe in una osmosi finanziaria tra i due necessari protagonisti.

L’ipotesi di un “albergo diffuso” su tutto il territorio delle sette isole non è da scartare e tutto sommato, auspicabile, perché l’alternativa è la regressione ad una economia turistica disomogenea e frammentata, priva di peso sul mercato turistico internazionale e di mera sussistenza, come già avviene in altri piccoli arcipelaghi sparsi nel nostro Mediterraneo. Questa iniziativa poteva anche essere condotta dall’imprenditoria locale, ma le ataviche divisioni e particolarismi non lo hanno reso possibile.

Che i fondi di investimento, i personaggi prima citati, o altri facoltosi sodali investano sulle Isole non può che fare piacere, ma ciò che è veramente importante e che questi investimenti abbiano una ricaduta sociale, sul miglioramento delle infrastrutture, quali i porti, la distribuzione idrica, il mantenimento di presidi sanitari, la buona viabilità, la cura del territorio in senso lato ecc, Questo sì è fondamentale. Per giungere a questo risultato occorre che le istituzioni pubbliche facciano sentire la loro autorevole voce, perché nulla si muove se la politica, locale in particolare, non sia d’accordo.

Chi produce tali investimenti non ha a cuore il benessere della popolazione. In economia si parla di “massa battente” quando si fa riferimento alla popolazione in senso lato e questo la dice lunga, sta quindi alla politica operare affinché la ricchezza ed il benessere venga a ricadere sulla popolazione in modo equo, ponendo agli investitori delle condizioni ben precise. Non si chiede loro l’impossibile, ma la giusta restituzione in termini sociali del loro investimento finanziario.

E sottolineo “finanziario”, perché l’ottica dei grandi fondi non è la ricerca del profitto, ma la remunerazione del capitale, il loro obiettivo, e quindi cosa ben diversa. Ma in questo momento non mi sembra di udire la voce della politica, chiara e forte, ma forse sono troppo lontano dai megafoni e ne faccio ammenda. Senza di una presenza di indirizzo della politica c’è il fondato rischio che la popolazione eoliana entri in una condizione subordinata, “di patruna a jarzuna” tanto per citare un antico adagio, e per citarne un altro “cu si guardò, si sarvò”. Lo scrivo senza polemica e senza alcun motivo personale.

Da quarantacinque anni vivo fuori dalle Eolie, e fuori dalle mie amate isole ho costruito la mia vita, non ho alcun interesse se non un debito di amore e riconoscenza verso la terra dove sono nato e felicemente vissuto.

Da Roma in linea Francesco Biancheri. Cave pomice Lipari. Puntata n.1

IL SETTIMANALE DE "IL NOTIZIARIO” di Gennaro Leone e Angelo Sidoti con Massimo Ristuccia. Pomice&altro

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