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Categoria: Cultura

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di Marco Manni

La prima grande crisi della preistoria eoliana e gli eventi vulcanici del IV millennio

In uno dei precedenti articoli della presente rubrica, abbiamo affrontato il tema dei primi insediamenti umani a Lipari, avvenuti in forma stabile circa 7300 anni fa dopo l’imponente eruzione di Gabellotto. Tra le facies culturali susseguitesi nel corso della preistoria, si sono registrati due importanti crisi demografiche le cui dinamiche appaiono poco chiare. Il primo declino si è verificato nel corso del IV millennio a.C. e si è protratto sino al successivo. Questo vasto arco temporale lascia perplessi, e fa pensare ad una concomitanza di fattori avversi protrattisi nel tempo che hanno reso i luoghi inospitali.

Nella fase finale del Neolitico l’ossidiana, ricavata nell’area di Canneto Dentro-Gabellotto, veniva ancora largamente utilizzata dato che la rivoluzione tecnologica avviatasi con la scoperta del rame, si fece strada lentamente per concretizzarsi solo nell’età del Bronzo. In merito alla prima crisi, l’eminente archeologo L. Bernabò Brea (1965; 1994) così si era espresso: “Mentre le quattro fasi della civiltà neolitica- davano l’impressione di una continuità culturale, a questo punto della serie stratigrafica eoliana è evidente che bisogna segnare una netta cesura. La Cultura di Piano Conte- definita per la prima volta a Lipari - sembra corrispondere ovunque ad un periodo di forte recessione demografica, della quale non conosciamo le cause”.

Recenti studi (Manni et al., 2019; Martinelli et al., 2022) annoverano tra le possibili concause una concentrazione di rilevanti eventi vulcanici che hanno avuto luogo a Vulcano ed a Stromboli. Al centro della caldera di La Fossa di Vulcano, dopo circa 3 ka di quiescenza, si assiste all’evoluzione del cono oggi denominato Gran Cratere, che raggiunse circa i 2/3 della sua conformazione attuale (De Astis, 2013); la colata di Punte Nere nel tratto basale NE del nuovo cono è stata datata 5.5 ka circa [Malaguti et al., 2021; Gillot 1987; Soligo et al. 2000].

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L’entità delle esplosioni idromagmatiche come anche il volume del fallout che hanno accompagnato tale fase rimangono da definire, ma sono stati certamente in grado di condizionare le attività antropiche nella vicina isola di Lipari (mentre Vulcano si manteneva totalmente disabitata). Negli stessi secoli il vulcano Stromboli, denominato in questa importante fase Neostromboli, raggiunta la massima espansione volumetrica, fu affetto da instabilità strutturale e imponenti crolli nel settore NE dell’isola, che hanno portato alla formazione del canalone della Sciara del Fuoco (Tibaldi et al., 2001; Francalanci et al. 2013) che segna l’inizio dello Stromboli Recente. Le onde di maremoto generate da imponenti frane (simulate numericamente), si sono rivelate potenzialmente catastrofiche per le coste maggiormente esposte.

Nella stessa epoca si assiste in tutto l’arcipelago ad una forte contrazione demografica e sulla maggiore isola all’abbandono del villaggio di Diana che sorgeva com’è noto in area costiera. Le scelte insediamentali nel periodo in questione coincidono con aree poste al riparo dai pericoli provenienti dal mare, inclusi quelli naturali rappresentati da onde di tsunamis, e rispetto agli effetti prodotti dall’attività della vicina isola di Vulcano.

Forse non a caso nacquero insediamenti rurali in aree sopraelevate, e ridosso dei rilievi dell’isola (come avvenuto per località Spatarella rispetto a M. Giardina- Monte della Guardia). Allo stato attuale delle conoscenze Lipari avrebbe attraversato complessivamente un periodo di quiescenza di quasi 7000 anni che divide l’attività preistorica di Gabellotto da quella altomedievale di Monte Pilato, (Forni et al., 2013). Indagini mirate su questo presunto periodo di stasi potrebbero portare a diverse conclusioni.

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Per approfondimenti:

https://www.annalsofgeophysics.eu/index.php/annals/article/view/7716

https://www.iipp.it/wp-content/uploads/2019/09/Abstract-Book-LIV-IIPP-definitivo.pdf

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