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di Pietro Lo Cascio

Consigli d’estate

Come forse qualcuno ricorderà, dal 2007 al 2017 ho ricoperto la carica di consigliere comunale del comune di Lipari. Tra i tanti argomenti affrontati in quei dieci anni, sono intervenuto più volte sul futuro delle ex-cave di pomice, dichiarandomi a favore di una loro trasformazione in un parco geominerario. Nel dubbio che ciò possa essere sfuggito, segnalo un paio di link utili alla memoria

https://www.giornaledilipari.it/dalle-cave-di-pomice-ad-acquacalda-lo-cascio-no-alberghi-e-aviosuperficie/

https://eolienews.blogspot.com/2015/10/area-ex-cave-di-pomice-porticello.html

Del resto, per un parco geominerario della pomice erano già disponibili precisi lineamenti progettuali frutto del lungo lavoro di Giuseppe La Greca, allora segretario del PD, e condivisi dalla commissione IUCN coordinata dal prof. Hamilton nel 2007, poi un’ipotesi di destinazione dell’area espressa nel Piano di Gestione del Sito UNESCO Isole Eolie redatto dal prof. Angelini nel 2008, e altre ipotesi progettuali messe a punto dal Politecnico di Milano quando Angelo Sidoti era consulente della precedente amministrazione comunale; ma, andando a ritroso nel tempo, ritroviamo l’argomento durante la conferenza internazionale “Fire between Air and Water” organizzata dall’UNESCO e dalla Regione Siciliana a Lipari nel 2002, e addirittura preconizzato dall’amministrazione Giacomantonio nel 1997, quando le cave lavoravano ancora a pieno regime (vedi link seguente) http://www.archiviostoricoeoliano.it/wiki/acquacalda-immagine-delle-eolie-7-gennaio-1997-6-luglio-1997

Il parco geominerario della pomice non è dunque una novità. Eppure, a leggere i resoconti della stampa locale, l’attuale consiglio comunale sembra scoprire il tema nella calda estate del 2021. Lo fa quando il governatore Musumeci, probabilmente sulla scorta di una serie di appelli e del loro risalto mediatico, decide di intervenire nella questione apponendo un vincolo all’area mentre il curatore fallimentare stava procedendo alla vendita dei beni mobili e immobili dell’azienda chiusa nel 2007. Suscita sospetto e indignazione la “fretta” di tale intervento, sopravvenuto dopo QUATTORDICI anni di generale indifferenza verso le sorti delle ex-cave. “Perché non si occupa dell’ospedale?” tuona qualcuno. Certo, giustissimo, ma perché non occuparsi anche della pomice?

È vero che il consiglio comunale è l’organo principale per la programmazione e la pianificazione del territorio, e non sarò certo io – da ex consigliere – a dubitare dell’importanza di tale ruolo. Anzi, proprio per questo mi chiedo: il consiglio attuale ha prodotto in questi anni qualche interrogazione, o almeno un ordine del giorno, sul futuro delle cave? Si mai è accorto che nel contenzioso con la curatela fallimentare il Comune di Lipari aveva perso da tempo ogni diritto sull’area? E quando lo ha scoperto? Ma soprattutto, ha mai avanzato proposte o espresso opinioni sull’argomento?

Ho cercato a lungo, passando in rassegna Internet, generalmente prodiga di notizie sulle varie attività consiliari, ma non trovo nulla. Magari qualcosa può essermi sfuggito, e ovviamente ringrazio fin d’ora chi vorrà segnalarmelo.

A me pare che l’unica fretta registrabile, peraltro perfettamente comprensibile nell’ottica del ruolo assegnatogli, sia stata quella del curatore fallimentare, che in tempi record e con modalità a tratti discutibili stava procedendo allo smantellamento e all’alienazione dei beni dell’azienda fallita. Ciò apriva due sole prospettive: o l’acquisto da parte di privati, e la probabile parcellizzazione dell’area in varie attività (probabilmente difformi tra loro), oppure un intervento da parte dello Stato o della Regione.

La Regione ha preso un impegno e ha compiuto il primo passo. Forse i miei ex colleghi avrebbero preferito assistere alla vendita dei capannoni al dettaglio, magari in salsa locale? Non è però scontato che ciò avrebbe risolto il problema degli artigiani: chi può escludere che altri investitori – magari grossi, forestieri e agguerriti – facessero una proposta da “asso pigliatutto” finendo per fagocitare buona parte dell’area?

Oppure, salomonicamente, avrebbero preferito il nulla dei QUATTORDICI lunghi anni appena passati, perché il nostro Comune non ha né avrà mai le risorse per entrare in gioco.

Lo scopriremo prossimamente, dato che il consiglio comunale si è improvvisamente destato ed è ancora in carica per quasi un anno. Di certo leggeremo cose interessanti.

P.S. sempre durante il dibattito, stando alle notizie stampa, un ex collega avrebbe proposto le dimissioni in massa del consiglio a fronte degli impegni disattesi dalla Regione sull’ospedale. Una proposta forte e di indubbio impatto; peccato, poteva farlo già qualche anno fa, quando lo abbiamo fatto noi (segue link pro memoria)

https://www.notiziarioeolie.it/video-e-video-interviste/9308-lipari-in-consiglio-comunale-si-e-insediato-paolo-arena-ma-ha-annunciato-le-dimissioni-subentra-simone-gullo-le-dichiarazioni-e-la-nota-della-sinistra.html

L'INTERVENTO

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di Angelo Sidoti

Spinto dalla curiosità e dai continui richiami pubblicati in questi giorni da noti studiosi, ricercatori, storici, scienziati, titolati giornalisti, ormai usciti a galla sul tema della pomice di Lipari e il collegamento diretto con il riconoscimento delle Eolie Patrimonio dell'Umanità, ho effettuato una semplice ricerca sul testo completo del PDG del Sito Unesco Isole Eolie della parola "Parco Geominerario Pomice" = risultato NULLA.
Di conseguenza la realizzazione del Parco non è richiamata nel documento di programmazione del Sito Unesco.

Invece viene dedicato un intero paragrafo (paragrafo n.7) sul tema della creazione di un Museo della pomice nell’isola di Lipari, avente sede in località Acquacalda, ove esiste una antica “fabbrica” di pomice sottoposta a tutela come bene etnoantropologico con la specifica motivazione di risultare unico contenitore idoneo per la struttura museale in oggetto. La fabbrica, individuata catastalmente al fg. 4, p.lla 183 del N.C.T. di Lipari.

Il Centro Studi all'interno di questa sezione viene definito come segue:
"Centro Studi e Ricerche di Storia e Problemi eoliani, consulenza e gestione strategie di valorizzazione e fruizione della realtà museale attraverso l’inserimento di essa entro circuiti di turismo culturale, ricerca permanente delle fonti scritte e orali sulla pomice, organizzazione di una biblioteca specialistica da attivare presso il Museo a disposizione degli studiosi".
Mi domando: cosa ha fatto in tutti questi anni (ben 21) per portare avanti questo progetto? Ha scritto ai Presidenti della Regione, ai direttori delle testate giornalistiche nazionali, regionali o mondiali?
Quali sono le basi su cui si fonda l'esperienza sul tema di consulenza e gestione strategie di valorizzazione e fruizione di realtà museali?

Quale il vero interesse del Centro Studi sul tema di Porticello e Acquacalda? Quali quelle su Caolino?
Partiamo da qui.... per fare chiarezza tutti!!!!!!!!!!!!
Questi erano i meri impegni assunti dalla Pumex Spa a quei tempi:
"Soc. Pumex, sponsorizzazione e finanziamento della ricerca e del recupero di tutto il patrimonio oggettuale destinato al Museo. Di concerto con la Soprintendenza si impegnerà altresì a destinare alla esposizione museale i macchinari, le attrezzature, le suppellettili, i materiali documentari e archivistici di volta in volta dismessi, obsoleti e/o divenuti “storicizzabili”.
Buona lettura di tutto il paragrafo del PDG.

Lipari, donna gravida trasferita all'ospedale di Milazzo

Lipari, intervento dell'elisoccorso per una donna gravida ricoverata all'ospedale di Milazzo.

Un pensiero venale

È giustamente passato inosservato alle Eolie il decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, modificato dalla legge n. 120 dell’11 settembre 2020, con il quale il Ministero dell’Ambiente ha stanziato 40 milioni di euro a sostegno delle piccole e micro-imprese e delle guide che operano nelle Zone Economiche Ambientali, a fronte del calo del fatturato determinato dalla pandemia.
Giustamente, perché le Eolie oggi non sono classificate tra le ZEA italiane.
Pantelleria potrà accedere a questi sostegni, perché è un Parco Nazionale. Ustica, le Egadi e le Pelagie potranno fare altrettanto, perché sono Aree Marine Protette.

Nel panorama delle isole circumsiciliane siamo rimasti solo noi, tenaci difensori di una ridente economia ormai votata al turismo dei minorenni assetati di movida agostana, cultori di antiche tradizioni e irrinunciabili diritti di caccia, pesca e libero ancoraggio, vigili sentinelle contro il nemico che aspetta solo di cogliere un attimo di distrazione per “mummificare” il nostro territorio.

Certo, qualche milione dei quaranta che piovono su piccoli imprenditori e fornitori di servizi che lavorano nei parchi e nelle AMP italiane, diciamocelo onestamente, avrebbe anche potuto farci comodo. Ci sono affitti e bollette da pagare, c’è da fare la spesa, e le prospettive non sono molto più rosee di quelle del 2020, fatte salve albe e tramonti.

Ma la fiera lotta contro i vincoli imposti dall’alto richiede fermezza e sacrificio. Come nel caso dei congrui finanziamenti stanziati di recente per i Siti UNESCO “Patrimonio dell’Umanità”, che nel nostro arcipelago non arriveranno perché attendiamo da 21 anni un ente gestore, bisognerà distogliere lo sguardo – inconfessabilmente cupido – altrove ed essere orgogliosi del nostro operato, di quanto (non) fatto fin oggi a tutela della nostra integrità. Noi abbiamo altre aspirazioni: megaporti, aeroporti, defiscalizzazioni per dieci anni, zone franche.

Chissà se prima o poi ci daranno un premio.

L'INTERVENTO

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di Luca Chiofalo

Altro che venale, il pensiero di Lo Cascio è “sostanziale”!
Non è chiaro solo a troppi di noi Eoliani che per resistere a questo sciagurato momento e rilanciarsi dobbiamo utilizzare gli strumenti rivolti alla tutela dello straordinario capolavoro naturale che immeritatamente abitiamo.

Non è di sinistra o di destra, è semplicemente la cosa più sensata. I piani di finanziamento europei più massicci si rivolgono all’ambiente ed alla sua protezione, tutto è orientato verso il “green” ed il “sosteniblile”, ma giusto noi che partiamo in vantaggio guardiamo altrove…
Tra le tante divagazioni, la “Zona Franca Urbana”, strumento evidentemente inadeguato al territorio e all’emergenza da affrontare, oltre che di quasi impossibile applicazione (basta documentarsi), in piena prima ondata covid inopinatamente al centro del dibattito pubblico, proposta con protervia come la soluzione principe alle nostre difficoltà da aggressive compagini che lamentavano l’insipienza (o la sordità…) di chi come me (amministratore in quel momento) non era d’accordo.

Oggi per fortuna, il cavallo di battaglia ZFU sembra essere diventato un cavallo zoppo che nessuno più si sente di cavalcare.
Considero sempre in buonafede il contributo al pubblico confronto di associazioni e singoli, ma consiglio misura e approfondimento prima di coinvolgere in battaglie con collettive ricadute una popolazione già abbastanza disorientata.
Per essere chiari, discutiamo in modo serrato ma diamoci obiettivi utili e possibili, imparando a remare tutti nella stessa direzione per raggiungerli!

Lo Cascio, con delicato sarcasmo, indica una strada che forse è la più adatta alle necessità del territorio ed alla sua valorizzazione:
chi la vede diversamente, nel comune interesse, illustri altri percorsi praticabili e non fumosi, aggiunga senza fuorviare e bloccare ogni possibile progresso…

Perché l’attività politica non può essere un’avventura irresponsabile a danno collettivo.

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