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di Salvatore Iacono

L'inserto culturale del Sole 24Ore dedica una pagina all'Isola di Salina curata da Antonio Calabrò che alle Eolie è di casa...

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Da Roma in linea Salvatore Iacono. "Quell'ala dell'aereo ben "conservata" ed il prossimo anno ricorrerà il centenario dell'incidente a Marina Corta..."

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29 FEBBRAIO 2020

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Da Roma in linea Salvatore Iacono. Cronache dall'Universo

GUARDATE E STUPITEVI. Da oggi, il Telescopio Spaziale James Webb, posizionato nel punto di Lagrange L-2, a circa un milione e 500mila chilometri dalla Terra, ha iniziato a inviare immagini con una risoluzione spaziale estremamente elevata, mai raggiunta prima da un qualsiasi strumento per l’osservazione dell’Universo.

Una delle prime immagini è stata quella del Quintetto Stephan, situato nella costellazione di Pegaso, scoperto dall’astronomo francese Éduard Stephan nel 1877.
Si tratta di un gruppo di 5 galassie, ciascuna formata da centinaia di miliardi di stelle e, sebbene venga definito un “quintetto”, solo quattro delle cinque che lo compongono sono effettivamente vicine tra loro. La quinta galassia, quella più a sinistra del gruppo (NGC7320), si trova a una distanza di 40 milioni di anni-luce dalla Terra mentre le altre quattro distano da noi circa 290 milioni di anni-luce.

L’interesse del Quintetto di Stephen risiede nella possibilità di fornire agli astrofisici l’osservazione diretta dell’interazione gravitazionale tra le galassie e di studiare la formazione, al loro interno, delle nuove stelle che hanno origine da tale interazione. Mediante lo spettrografo nel vicino infrarosso e quello nel medio infrarosso, Webb ha potuto studiare in dettaglio il nucleo della galassia più in alto del gruppo (NGC7319) che ospita un buco nero supermassiccio, con una massa pari a 24 milioni di volte la massa del nostro Sole.

Questo buco nero sta attirando e assorbendo sia le stelle più vicine sia il gas interstellare, emettendo un’energia luminosa equivalente a 40 miliardi di Soli. I dati forniti da Webb aiuteranno gli scienziati a valutare la velocità con cui i buchi neri supermassicci si nutrono e crescono. Credit NASA.

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----Così scriveva, nel 1894, nella prefazione a “Die Liparischen Inseln”, Luigi Salvatore d’Asburgo-Lorena, Principe di Toscana e Arciduca d’Austria:
 
«Immerse nell’incantevole mare di Sicilia, queste piccole isole in modo straordinario avvinsero l’animo mio, sia che le scorgessi tra le raffiche impetuose di una tra quelle tramontane invernali, cui debbono forse il nome di Eolie, o che mi apparissero attraverso una tra le tante trombe marine che con tanta frequenza ivi accompagnano i temporali primaverili…».
 
Ed è proprio una di queste trombe marine che, nella tarda primavera del 1984, ho fotografato davanti a Marina Lunga di Lipari.
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Nel giugno del 1983, lo shuttle Enterprise volò su Roma sul dorso del Boeing 747 denominato Shuttle Carrier Aircraft. Sono riuscito a fotografarlo e queste foto le considero quasi uno scoop.

L’ Enterprise è stato il prototipo degli Shuttle che poi hanno volato nello spazio e ha compiuto un totale di 13 decolli sul dorso dello Shuttle Carrier Aircraft. In cinque voli, rientrò autonomamente per testare le manovre di avvicinamento e atterraggio.

Successivamente, venne anche utilizzato per test di vibrazione e dimensionali.

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LAMPI DI LUCE NEL COSMO. Nel 2002, una stella, precisamente una gigante rossa, situata nella costellazione dell’Unicorno, vicino al bordo più esterno della nostra galassia, a 20mila anni luce dalla Terra, ha emesso un violentissimo lampo di luce, diventando improvvisamente 600mila volte più luminosa del Sole e, temporaneamente, l’oggetto più brillante della Via Lattea. La luce , allontanandosi dalla stella, ha illuminato lo spazio circostante cosparso dalle polveri prodottesi in una precedente esplosione della stella stessa e dando origine a delle immagini spettacolari.

Queste immagini sono state riprese da Hubble Space Telescope dal settembre 2002 al dicembre 2006 consentendo di osservare l’evolversi dell’evento. Al centro dell’immagine del dicembre 2006, in cui la nube di polvere e gas ha raggiunto le dimensioni di 14 anni-luce (pari a 132mila miliardi di chilometri), si vede la gigante rossa che ha emesso l’impulso di luce. La causa di questa eccezionale esplosione rimane a tutt’oggi un mistero. Ovviamente, ciò che vediamo adesso è accaduto 20mila anni fa.

*Specialista in Microelettronica e Componenti Elettronici per Applicazioni Spaziali Ingegnere Nucleare

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Nel febbraio del 2018, il telescopio spaziale Hubble ha osservato una supernova nella galassia NGC2525, situata a 70 milioni di anni luce dalla Terra.

Una «supernova» è l’esplosione di una stella avente una massa di almeno 9 volte quella del Sole. In un arco di tempo che va da una settimana a qualche mese, la supernova emette tanta energia di quanto ne emette il Sole in diversi miliardi di anni e in una quindicina di secondi la sua temperatura raggiunge i cento miliardi di gradi Kelvin. Nell’esplosione , la stella emette la maggior parte del materiale o tutto il materiale di cui è costituita ad una velocità che può raggiungere i 30 mila chilometri al secondo ovvero il 10% della velocità della luce.

Al culmine dell’esplosione, la supernova osservata da Hubble, denominata SN 2018gv, ha raggiunto una luminosità pari a quella di 5 miliardi di stelle simili al nostro Sole ed è stata la stella più luminosa della sua galassia per poi diminuire lentamente fin quasi a svanire alla nostra vista.

Bisogna tener conto che questa esplosione è avvenuta 70 milioni di anni fa e la sua luce, viaggiando nell’universo, ha illuminato i nostri occhi solo 2 anni fa.

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Uno dei fenomeni più evidenti dell’interazione gravitazionale tra la Terra e la Luna, cioè delle forze scambiate tra il nostro pianeta ed il suo unico satellite naturale, è l’oscillazione periodica del livello del mare, la marea, la cui ampiezza e fase sono fortemente influenzati dalla forma e dalla topografia sia dei bacini oceanici sia delle coste.
L’energia gravitazionale accumulata nell’innalzamento viene restituita nell’abbassamento e si trasferisce dalla Terra alla Luna spingendola sempre più lontano. Infatti, la Luna si allontana dalla terra di 3,8 centimetri l’anno.

Nel 2004, dopo un viaggio durato quasi 8 anni, la navicella spaziale Cassini iniziò la sua missione nel sistema di Saturno, missione durata 13 anni e frutto della collaborazione tra la NASA, l’ESA, l’Agenzia spaziale Italiana, e alla quale ho dato anch’io un piccolo contributo lavorativo.
Durante la sua crociera scientifica, la Cassini non solo ha esplorato da vicino il gigantesco pianeta gassoso con i suoi anelli, ma anche tutte le sue 82 lune. In particolare si è avvicinata a Titano, la luna più grande di Saturno, grande quasi quanto la Terra, e ha sganciato una sonda, Huygens, che è scesa sulla sua superficie.

L’enorme mole di dati inviati dalla Cassini richiederà anni per essere analizzata e studiata, e nuove scoperte stanno emergendo da questi dati.
Una di queste riguarda proprio l’interazione gravitazionale di Saturno con la sua gigantesca luna Titano. Gli scienziati sapevano già che, come nel caso della Luna, anche Titano si sta allontanando da Saturno; ma la scoperta sorprendente è che Titano va alla deriva con una velocità 100 volte superiore a quella precedentemente calcolata: 11 centimetri all’anno. 
Questo dato potrà aiutare gli scienziati a rispondere ad una annosa questione: quando si sono formati gli anelli e le 82 lune?

Si sa che Saturno si è formato 4,6 miliardi di anni fa. L’attuale valore della velocità di deriva permetterà di calcolare con maggiore precisione a che distanza da Saturno si è formato Titano e conoscendo la sua attuale distanza dal pianeta (1,2 milioni di chilometri) si potrà risalire alla sua età. Inoltre, il valore della velocità di deriva di Titano fornirà anche un’importante conferma di una nuova teoria che consente di spiegare e prevedere come i pianeti influenzano le orbite delle loro lune.
Nella foto inviata dalla navicella Cassini, una spettacolare immagine di Titano in primo piano e di Saturno con i suoi anelli visti di profilo.

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