di Giovanni Albano*
Insulino-resistenza parte diciassettesima
Meccanismi attraverso cui l’infiammazione può indurre insulino resistenza.
Abbiamo visto come I macrofagi che infiltrano il tessuto adiposo, esprimono alcune proteine che producono citochine infiammatorie (IL-6 e TNFalfa inoltre i FFA (grassi liberi) attivano alcuni trasduttori (TLR), (JNK) e Nuclear factor nei macrofagi determinando un vero fenotipo pro- infiammatorio serico ed insulino resistenza.
Pertanto la produzione di citohine ( sostanze ad azione infiammatoria) tra cui IL-6 , IL_10 e TNFa,, interferiscono con la normale trasmissione del segnale insulinico favorendo l’insorgenza del Diabete tipo 2, propagando ulteriormente lo stato di infiammazione cronica.
Sinossi concettuale :
Quindi, la comunicazione tra adipociti
e macrofagi è importante nell’innescare
la risposta infiammatoria adipocitaria ed
entrambi i tipi cellulari contribuiscono
all’insorgenza della insulino resistenza.
Vedremo avanti come l’obesità (NON il semplice sovrappeso), si caratterizzi non solo per la resistenza agli effetti biologici dell’insulina, ma anche a quelli di un particolare ormone che si chiama Leptina, di cui si parlerà nella prossimi appuntamenti.
*Ambulatorio BioSalus Milazzo
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Insulino-resistenza parte sedicesima Meccanismi attraverso cui l’infiammazione può indurre insulino resistenza.
Lipotossicità e infiammazione sono intimamente coinvolti nella evoluzione di diverse malattie metaboliche
L’eccesivo accumulo di lipidi all’interno dei macrofagi nell’endotelio vascolare, induce la loro
trasformazione in foam cells, che secernono citochine ( sostanze) pro-infiammatorie, contribuendo alla progressione della aterosclerosi.
Nel fegato steatosico invece, l’attivazione di cellule particolari assieme ai macrofagi possono
favorire l’infiammazione del fegato e la sua evoluzione in steatoepatite L’accumulo di lipoproteine e derivati lipidici nel rene induce infiltrazione macrofagica e attiva il danno infiammatorio tipico delle malattie renali croniche.
Alla luce di queste semplici considerazioni, appare ovvio come un eccesso
di tessuto adiposo configuri uno stato di infiammazione subclinica persistente.
Il tessuto adiposo, quando rappresentato in quantità
normale, contiene una popolazione quiescente di macrofagi locali con scarsissima
attività pro-infiammatoria, che ha il compito di sostenere la funzione adipocitaria e
mantenere una normale sensibilità insulinica tissutale.
Quando gli adipociti si ipertrofizzano, secernono una quantità eccessiva di fattori chemiotattici che promuovono l’infiltrazione macrofagica, attraverso l’aumento delle cellule necrotiche, più rappresentate nel tessuto adiposo.
Insulino-resistenza parte quindicesima
Abbiamo visto come evidenze scientifiche hanno documentato come l’infiammazione sia uno
dei meccanismi cruciali nello sviluppo della insulino resistenza associata a malattie metaboliche come diabete o ipertensione.
Specificamente, è stato dimostrato che:
1) un eccessivo deposito di tessuto adiposo, specie nel distretto viscerale, si
caratterizza per una aumentata espressione e rilascio di citochine pro-infiammatorie;
2) questo eccesso di tessuto adiposo attiva vie di segnale infiammatorie come risultato di una disregolazione cellulare dei pathways omeostatici, come risposta cellulare allo stress flogogeno glucosio correlato;
3) gli FFA, ( grassi liberi nel sangue) i cui livelli aumentano nel corso di diverse malattie metaboliche,
possono attivare a loro volta pathways pro-infiammatori, portando allo sviluppo dell’insulino resistenza in un ciclo chiuso di relazioni metabolico- immunologiche.
Insulino-resistenza parte quattordicesima
Abbiamo visto come l'insulino-resistenza sia una condizione spesso difficile da determinare o diagnosticare, almeno nelle sue fasi iniziali, e come questa condizione di predisposizione al diabete possa inoltre essere fattore determinante per la condizione di flogosi persistente di basso grado.
La resistenza all’insulina non è comunque appannaggio esclusivo del paziente diabetico, in quanto un certo grado di insulino-resistenza si riscontra in altre condizioni cliniche quali ipertensione arteriosa, dislipidemia e obesità in particolare viscerale. Quest’ultima condizione, quale risultato dell’eccessivo introito calorico e sedentarietà, giova un ruolo chiave nello sviluppo della resistenza insulinica.
Gli adipociti specie voluminosi, risultano particolarmente resistenti all’effetto antilipolitico dell’insulina
che quindi rilasciano grandi quantità di acidi grassi liberi (FFA) e glicerolo oltre che trigliceridi.
Questo particolare fenotipo, caratterizzato da un aumento dei trigliceridi e delle LDL ossidate assieme ai ridotti livelli di HDL, è responsabile del profilo di lipotossicità del fegato e della difficoltosa capacità alla perdita di peso. ( difficolta a dimagrire ).
Lipotossicità è un termine usato per descrivere l’effetto deleterio dell’accumulo di grasso ed inoltre include il concetto di aumento di livelli plasmatici e cellulari di lipidi a catena corta che svolgono un ruolo importate nella patogenesi della insulino-resistenza. Come si può intuire è un cerchio di effetti negativi che si rincorrono
Insulino-resistenza parte tredicesima
Sinossi di quanto esposto fino adesso nella rubrica medica.
In presenza di resistenza all’insulina, per mantenere i livelli di glicemia entro un intervallo adeguato, il pancreas produce quantità maggiore dell’ormone. Tale condizione non fa altro che peggiorare il problema originario, conducendo, nel tempo, a un incremento sia dei livelli di insulina nel sangue (iperinsulinismo) che di glicemia (iperglicemia).
L’insulino-resistenza è una risposta scorretta delle cellule alla presenza dell’insulina, provocando una riduzione della loro capacità di assorbire il glucosio dal sangue. Quando si instaura la insulino-resistenza, il pancreas deve produrre maggiori quantità di questo ormone.
È possibile attuare un calcolo empirico dell’ eventuale iper-insulinismo dai semplici di laboratorio
In questo modo è possibile verificare se c’è un eccesso di insulina (iperinsulinismo) e calcolare degli indici (HOMA homeostatic model assessment e QUICKI quantitative insulin sensitivity check index) che possono risultare indicativi di insulino-resistenza, anche in presenza di normali livelli di glicemia e insulinemia.
I test con carico orale di glucosio (come il test della curva insulinemica) non hanno indicazione per la diagnosi di insulino-resistenza,
Nei prossimi appuntamenti si parlerà, in modo appena più specifico, del concetto di flogosi persistente a basso grado insulino correlata.
Insulino-resistenza parte dodicesima
2. I FARMACI SECRETAGOGHI
LE SULFANILUREE – glibenclamide, glipizide, glimepiride, gliclazide
Sono una famiglia di farmaci che stimolano le cellule beta del pancreas a produrre maggiori quantità di insulina. Agiscono indipendentemente dall’assunzione di cibo. Vengono utilizzate esclusivamente nel diabete tipo 2, hanno avuto un ruolo importante negli anni passati.
Vanno assunti 20 minuti prima dei pasti. Possono provocare, come effetto avverso, ipoglicemie ed aumento ponderale.
Sono controindicate in caso di insufficienza renale o epatica. Non rientrano più nei protocolli terapeutici, poiché considerati vecchi farmaci, tranne per alcune eccezioni.
SEGRETAGOGHI NON SULFANILUREICI – Repaglinide
Stimolano le beta-cellule del pancreas a rilasciare maggiori quantità di insulina. Questa categoria di farmaci agisce con effetto più rapido delle sulfoniluree ed è possibile assumerle appena prima dei pasti. Come effetto secondario può provocare ipoglicemie ma meno severe e meno frequenti rispetto alle sulfaniluree; anche l’effetto sull’aumento del peso è minore.
GLICOSURICI: GLIFOZINE (Empagliflozin - dapagliflozin – canagliflozin)
Con l’avvento degli inibitori SGLT2 (trasportatori sodio-glucosio tipo 2) è incrementata la possibilità terapeutica a disposizione del diabetologo. Questi farmaci possono essere utilizzati in monoterapia o in associazione con altri antidiabetici.
Nella pratica clinica, gli inibitori SGLT2 riducono l’emoglobina glicosilata (indipendentemente da età, durata della malattia e livelli di glicata di partenza), permettono un significativo calo ponderale, riducono la pressione arteriosa e riducono i livelli di uricemia.
Le glifozine, hanno dimostrato effetti positivi sul cuore in diverse condizioni come scompemso cardiaco e malattia renale cronica anche in pazienti non diabetici.
AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha comunicato un aumentato rischio di chetoacidosi normoglicemica, di osteoporosi e di aumentato rischio di infezioni delle vie urinarie .
Insulino-resistenza - parte undicesima
Ipoglicemizzanti orali nella cura del diabete
La cura del diabete mellito di tipo 2 si basa sempre sul controllo alimentare e su una corretta attività fisica, elementi che sono volti sinergicamente al controllo del peso ed alla riduzione dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia). Quando tutto questo non basta si interviene con l’uso di farmaci (compresse) detti ipoglicemizzanti orali che diminuiscono la glicemia aumentando l’efficacia dell’insulina prodotta spontaneamente o aumentando la produzione pancreatica di insulina.
Le principali classi di farmaci attivi per via orale capaci di diminuire i livelli di glucosio nel sangue sono stati espressi nella precedente parte. Vedremo qui molto brevemente la loro azione farmacologica. (farmacodinamica).
Farmaci che aumentano la sensibilità all’insulina.
1. LE BIGUANIDI – Metformina
La metformina. Non stimola la produzione di insulina, ma agisce potenziando l’azione dell’insulina esistente, riducendo così le glicemie secondo due meccanismi:
a)riduzione della produzione epatica di glucosio (gluconeogenesi)
b)aumento della capacità del tessuto muscolare di captare e usare il glucosio in risposta all’insulina prodotta
Può essere assunta o prima, o durante, o dopo i pasti; può dare come effetto avverso disturbi intestinali (gonfiore, meteorismo,diarrea). Non provoca aumento di peso né ipoglicemie.
La metformina è controindicata nell’insufficienza renale, nelle condizioni in grado di compromettere la funzionalità renale.
2. INIBITORI DELL’ALFA-GLUCOSIDASI – Acarbosio - L’alfa glicosidasi è un enzima intestinale che ha il compito di facilitare l’assorbimento dei carboidrati; questi farmaci ne rallentano l’azione aiutando l’organismo a ridurre il livello di glucosio nel sangue mediante il blocco della decomposizione degli amidi (pane, pasta e patate). Vanno assunti prima del pasto.
Possono dare come effetti avversi meteorismo, diarrea, nausea e dolori addominali
3. TIAZOLIDINEDIONI – Pioglitazone - I Glitazoni si legano ad un recettore (PPAR gamma) che si trova soprattutto sugli adipociti e (in misura inferiore) nel fegato e nei muscoli scheletrici. Questa azione stimola la trascrizione dei geni che sono sensibili all’insulina e che regolano il metabolismo glucidico e lipidico. Ciò, a sua volta, amplifica gli effetti dell’insulina nel tessuto adiposo e nel muscolo scheletrico e perciò, teoricamente, può diminuire la resistenza all’insulina stessa.
Hanno un’azione insulino-sensibilizzante, ovvero migliora la risposta dei tessuto muscolare e epatico all’arrivo dell’insulina.
Tra gli effetti collaterali del pioglitazione ci può essere un aumento del peso corporeo.
Insulino-resistenza parte decima
Parlando di resistenza insulinica e diabete tipo 2, dobbiamo fare un accenno a quelli che sono i farmaci ipoglicemizzanti orali, in utilizzo quasi esclusivamente per via orale.
Ipoglicemizzanti orali nella cura del diabete
La cura del diabete mellito di tipo 2 si basa sempre sul controllo alimentare e su una corretta attività fisica, elementi che sono volti sinergicamente al controllo del peso ed alla riduzione dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia). Quando tutto questo non basta si interviene con l’uso di farmaci (compresse) detti ipoglicemizzanti orali che diminuiscono la glicemia aumentando l’efficacia dell’insulina prodotta spontaneamente o aumentando la produzione pancreatica di insulina.
Le principali classi di farmaci attivi per via orale ( con qualche eccezione), capaci di diminuire i livelli di glucosio nel sangue sono:
1. I farmaci che aumentano la sensibilità insulinica (le biguanidi, (Metformina) i glitazoni, l’inibitore dell’enzima alfa-glucosidasi)
2. i farmaci secretagoghi (le sulfaniluree)
3. nuovi farmaci le incretine ; a) gli agonisti del GLP-1 b) inibitori del DPP-4
Nella prossima parte, domenica 4 maggio, verranno ampliate le narrazioni inerenti i farmaci ipoglicemizzanti.
Buona domenica e buon prossimo 1 maggi
Insulino-resistenza parte nona
Abbiamo visto come l’insulina sia un ormone prodotto dal pancreas che permette alle cellule di assorbire il glucosio dal sangue e utilizzarlo come energia. Nell’ insulino- resistenza, le cellule muscolari, adipose e del fegato, diventano meno reattive all’insulina, rendendo più difficile per il glucosio, l’entrata nelle cellule. Questo comporta livelli elevati di zucchero nel sangue e di conseguenza a una maggiore produzione di insulina da parte del pancreas, creando un circolo vizioso.
Nel tempo, negli anni , l’insulino- resistenza può evolvere in una alterata glicemia ed infine in diabete di tipo 2 e sindrome metabolica strettamente correlata,
L’insulino -resistenza e l’infiammazione cronica sono due processi strettamente collegati che spesso si alimentano a vicenda, portando a conseguenze negative per la “salute” metabolica. L’infiammazione cronica, d’altra parte, è una risposta immunitaria a lungo termine che può danneggiare i tessuti e contribuire allo sviluppo di diverse malattie.
Negli articoli a seguire esploreremo in modo ovviamente sintetico e semplice, il ruolo dell’infiammazione nell’insulino-resistenza e come affrontarla attraverso, come già accennato, cambiamenti nello stile di vita e dell’alimentazione.
INFIAMMAZIONE persistente cosa è e come avviene?
L’infiammazione è una risposta naturale del sistema immunitario a infezioni, lesioni o altri insulti dismetabolici e stressogeni . Tuttavia, quando l’infiammazione persiste nel tempo senza una ragione apparentemente palese, può causare danni ai tessuti e contribuire all’instaurarsi di diverse patologie croniche basandosi su alterazione metaboliche.
Insulino-resistenza parte ottava
Strettamente legato al concetto di insulino- resistenza e diabete, è l’indice glicemico.
INTRODUZIONE. L'indice glicemico è un parametro nutrizionale elaborato agli inizi degli anni '80 dal prof. Jenkins dell'Università di Toronto che classifica gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di glucosio nel sangue (glicemia), in particolare la loro capacità di fare alzare la glicemia.
L'indice glicemico (IG) è un valore che esprime la rapidità con cui gli alimenti contenenti carboidrati (zuccheri) fanno aumentare la concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia). I carboidrati per essere assorbiti e passare nella circolazione sanguigna devono essere trasformati in glucosio dagli enzimi digestivi. La digestione inizia in bocca con la masticazione e prosegue nel primo tratto dell'intestino, l'intestino tenue, dove gli alimenti arrivano dopo essere passati nello stomaco. L'aumento della glicemia, quindi, testimonia il livello di assorbimento del glucosio alimentare.
Generalmente, alimenti che fanno aumentare la glicemia in modo rapido hanno un alto indice glicemico, quelli che la fanno salire in modo più graduale hanno un indice glicemico basso.
La velocità con cui la glicemia sale dopo aver mangiato un alimento si esprime in percentuale, confrontandola con l’aumento determinato dalla somministrazione di una dose standard di glucosio, presa come riferimento. Pertanto, ad esempio, un indice glicemico pari a 50 indica che l'alimento, preso in esame aumenta la glicemia con una velocità che è la metà di quella del glucosio.
L'indice glicemico, quindi, varia a seconda dell'alimento preso in considerazione perché,, cambia la velocità con cui i carboidrati in esso contenuti vengono digeriti e assimilati e assimilati. In linea di massima, zuccheri semplici,( saccarosio, glucosio, lattosio, fruttosio) avranno un indice glicemico più alto dei carboidrati complessi (amidi) che hanno bisogno di più tempo per essere digeriti. È importante, però, chiarire che l’indice glicemico non tiene conto di quanto si alzano i livelli di glucosio nel sangue ma solo della velocità alla quale questo avviene.
Insulino-resistenza parte settima
Terapia farmacologica ipotesi strutturate.
La terapia farmacologica dell’insulino-resistenza, appare ammissibile laddove gli interventi sullo stile di vita e l’alimentazione non siano da soli efficaci, ed ha come obiettivi, la normalizzazione del peso corporeo e la prevenzione del diabete mellito di tipo 2.
I farmaci disponibili ed autorizzati previo piano terapeutico autorizzaot, a questo scopo, sono attualmente gli analoghi del GLP-1 (liraglutide e semaglutide) che consentono di trattare obesità, sovrappeso e insulino-resistenza. In alternativa, sono disponibili in commercio integratori a base di inositolo (chiro inositolo) che, associati all’intervento sullo stile di vita, possono fornire un buon supporto nei casi non complicati.
Prima dell’avvento degli analoghi del GLP-1, un farmaco spesso utilizzato per il trattamento dell’insulino-resistenza era la metformina. Formalmente, però, la metformina non è mai stata indicata né per il trattamento dell’insulino-resistenza, né dell’obesità, né per prevenzione del diabete mellito di tipo 2. Pertanto, veniva e viene sempre prescritta in regime off label. Attualmente la scelta di utilizzo della metformina per il trattamento dell’insulino-resistenza, viene riservato a casi particolari, ad esempio:
o in concomitanza di iperglicemia.
o in donne a elevato rischio di diabete gestazionale in fase preconcezionale e in gravidanza.
o Attività fisica in regime di aerobiosi ( walking therapy) 5.000 passi al giorno.
Insulino-resistenza parte sesta
l'insulino-resistenza Rimedi e trattamenti
Il trattamento dell'insulino-resistenza è orientato a migliorare la capacità delle cellule di rispondere all'insulina e a mantenere i livelli di glucosio nel sangue entro un intervallo adeguato. A questo scopo, le strategie devono essere adottate sono:
o modifiche dello stile di vita
o interventi sulla dieta
o uso di farmaci. ( si attuerà un capitolo a parte in seguito)
Modifiche dello stile di vita
Le modifiche dello stile di vita sono fondamentali per migliorare la sensibilità all’insulina e includono:
o attività fisica regolare: anche solo 30 minuti al giorno di esercizio moderato, come una camminata veloce, possono fare una grande differenza
o perdita di peso, specialmente del grasso addominale
o dormire a sufficienza.
o abolire il fumo di sigaretta.
Insulino-resistenza parte quinta Come si scopre l’insulino-resistenza
La diagnosi di insulino-resistenza può essere posta esclusivamente su base anamnestica, in una persona con:
o obesità addominale
o ipertensione arteriosa
o iperglicemia
o dislipidemia.
Laddove sia necessario quantificare l’insulino-resistenza o quando i criteri clinici non siano evidenti, può essere eseguito un esame del sangue a digiuno per rilevare contemporaneamente i livelli di glicemia e insulinemia basale.
In questo modo è possibile verificare se c’è un eccesso di insulina (iperinsulinismo) e calcolare degli indici (HOMA homeostatic model assessment e QUICKI quantitative insulin sensitivity check index) che possono risultare indicativi di insulino-resistenza, anche in presenza di normali livelli di glicemia e insulinemia.
I test con carico orale di glucosio (come il test della curva insulinemica) non hanno indicazione per la diagnosi di insulino-resistenza
Altri test (come clamp euglicemico, test di tolleranza glicemica endovenoso, test di tolleranza glucidica) non sono utilizzati per una diagnosi della pratica clinica, ma solo nell’ambito della ricerca medica scientifica.
*Ambulatorio bio salus MIlazzo
Insulino-resistenza parte quarta
Le manifestazioni dell’insulino-resistenza possono essere lievi e non sempre immediatamente riconoscibili, dal momento che la condizione si sviluppa lentamente, nel corso degli anni. Oltre a iperinsulinemia e iperglicemia, altri possibili segni e sintomi che possono indicare la presenza del disturbo includono:
o aumento di peso, e in generale tendenza a ingrassare, in particolare intorno alla zona addominale
o astenia e senso di affaticamento, soprattutto dopo aver mangiato
o difficoltà nella concentrazione
o fame eccessiva: che si sostanzia in un senso di languore continuo, soprattutto dopo i pasti
o ipotensione e ipoglicemia postprandiale, ovvero un calo della pressione sanguigna e della glicemia dopo i pasti. Queste condizioni possono portare a sensazioni di svenimento o instabilità iperidrosi o problemi dermatologici, come Acanthosis nigricans, caratterizzata da zone di pelle scura e ispessita, specialmente nelle pieghe come il collo e sotto le ascelle
o sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), caratterizzata da periodi mestruali irregolari, irsutismo, acne e problemi di fertilità.
Nonostante questi possibili sintomi, molte persone non mostrano segni evidenti di resistenza all'insulina finché non si sviluppa una condizione più grave, come il diabete mellito di tipo 2. Per questa ragione, è importante sottoporsi periodicamente a controlli, soprattutto se si hanno fattori di rischio come:
o sovrappeso
o vita sedentaria
o familiarità con diabete mellito di tipo 2
o elevati livelli di colesterolo e trigliceridi.
Insulino-resistenza parte terza
Complicazioni a lungo termine
L’insulino-resistenza, se non adeguatamente trattata, a lungo termine (sia ben chiaro in vari anni) può avere conseguenze importanti. Le principali complicazioni possono essere;
o malattie cardiovascolari e malattia renale cronica: dal momento che come detto, l’insulino-resistenza è associata a fattori di rischio cardiovascolare come l'ipertensione, l'obesità, in modo diretto con gli elevati livelli di trigliceridi e il basso livello di HDL.
o sindrome metabolica: è un insieme di condizioni (compresa alta pressione sanguigna, dislipidemia e obesità addominale) che si verifica spesso in chi è insulino resistente, aumentando ulteriormente il rischio di diabete mellito e di malattie cardiache.
o steatosi epatica non alcolica (NAFLD): in passato definito fegato grasso non alcolico, può progressivamente causare infiammazione (steatoepatite non alcolica -NASH) e danni epatici non reversibili.
Oltre ai rischi di condizioni specifiche, l'insulino-resistenza può complessivamente ridurre laqualità della vita, aumentare il rischio di altre malattie croniche e influenzare negativamente la salute generale. È dunque importante intervenire modificando lo stile di vita e, quando necessario, con il trattamento farmacologico per gestire o invertire l'insulino-resistenza.
Appare importante sottolineare come la insulino-reistenza e l’iperinsulinismo conseguente determina una condizione di flogosi sistemica e basso grado.
Insulino-resistenza parte seconda
Quando si è insulino-resistenti, come detto, l’organismo attua una serie di reazioni e di adattamenti che danno esito a una serie di effetti negativi
a) Iperinsulinemia, è il primo tentativo di compenso da parte del nostro organismo che vuole rimediare alla resistenza all'ormone insulina, inducendo le cellule beta del pancreas, a produrre più insulina del normale, per di mantenere normali i livelli di glucosio ematici.
b) Iperglicemia, ovvero l’ aumento dei livelli di glucosio nel sangue si avvera poiché nonostante l’aumentata produzione di insulina, la capacità del corpo di ridurre efficacemente i livelli di glucosio nel sangue diminuisce per una alterazione recettoriale cellulare. In questo modo, i livelli di glucosio rimangono più elevati del normale.
c) Maggiore rischio di sviluppare diabete di tipo 2, poichè con il passare del tempo, il pancreas può diventare incapace di produrre sufficiente insulina per compensare la resistenza. Ciò può portare a un'ulteriore elevazione dei livelli di glucosio nel sangue e potenzialmente quindi di sviluppare diabete di tipo 2.
d) Maggiore rischio di sviluppare diabete gestazionale poiché in gravidanza vi è sempre una relativa insulino-resistenza dovuta agli enzimi placentari. Nelle donne che avviano la gravidanza con un problema di insulino-resistenza vi è un maggior rischio che i livelli di glicemia aumentino, sviluppando diabete gestazionale.
e) Alterazioni del metabolismo lipidico (dislipidemia) infatti le persone insulino-resistenti spesso hanno livelli elevati di trigliceridi e livelli ridotti di colesterolo HDL (colesterolo "buono"). Queste alterazioni dei lipidi nel sangue aumentano il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari
L’insulino-resistenza, se non trattata, a lungo termine può avere conseguenze importanti ed anche molto gravi
L’insulino-resistenza- prima parte
L'insulino-resistenza, è una condizione in cui le cellule insulino-sensibili, come il tessuto adiposo, muscolare, epatico, dell’organismo, non rispondono adeguatamente all'insulina e di conseguenza la capacità di assorbire glucosio dal sangue.
L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas, deputato come si è detto a fare penetrare il glucosio dal sangue alle cellule, dove questo zucchero viene utilizzato ai fini energetici. L'insulina e il glucagone sono i due ormoni fondamentali per regolare i livelli di glucosio nel sangue (glicemia). In particolare, l’insulina facilitando la metabolizzazione del glucosio abbassa i livelli glicemici, mentre il glucagone è l’altro ormone di controregolazopne
L’insulina viene rilasciata dal pancreas nel sangue continuamente, in modo da mantenere stabile il glucosio nel sangue a digiuno, mentre dopo i pasti quando i livelli di zucchero nel sangue aumentano, viene secreta una maggiore quantità per abbassare la glicemia. L'ormone raggiunge le cellule dei diversi tessuti, facendo in modo che queste assorbano il glucosio, la cui concentrazione nel sangue, così, diminuisce. Questa funzione è di particolare importanza, dal momento che elevate quantità di glucosio nel sangue possono avere effetti tossici, causando danni alle cellule.
In presenza di resistenza all’insulina, per mantenere i livelli di glicemia entro un intervallo adeguato, il pancreas produce quantità maggiore dell’ormone. Tale condizione non fa altro che peggiorare il problema originario, conducendo, nel tempo, a un incremento sia dei livelli di insulina nel sangue (iperinsulinismo) che di glicemia (iperglicemia).
L’insulino-resistenza è una risposta scorretta delle cellule alla presenza dell’insulina, provocando una riduzione della loro capacità di assorbire il glucosio dal sangue. Quando si instaura la insulino-resistenza, il pancreas deve produrre maggiori quantità di questo ormone.

