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Categoria: Video Interviste

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Bene Ben…ito, la bella poesia recitata,

"un menestrello errante che cerca di seminare l'amore su una terra arida", gli articoli dei giornali italiani e stranieri, Rosa Balestrieri, canzoni impietrite di luce, nostalgia ritmi, armonia, cantare in eoliano per salvare una lingua che muore, il calendario degli arrivi e partenze, imperatori e mendicanti, la voce dello zolfo, l’orgoglio eoliano, il Festival degli emigranti e…

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Le rarità eoliane di Massimo Ristuccia a cura di Gennaro Leone. Benito Merlino, l’artista eoliano per il mondo. 2° puntata L'intervento

Le rarità eoliane di Massimo Ristuccia a cura di Gennaro Leone. Benito Merlino, l’artista eoliano per il mondo. 1° puntata. L'intervento

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L'intervento

di Benito Merlino

Cari Massimo e Gennaro,

In questa vostra terza puntata delle Rarità Eoliane sul Notiziario, mi siete stati Eolianamente vicini. Il vostro "savoir dire" mi è piaciuto e ha scatenato in me mille ricordi belli e brutti delle nostre isole. È vero, "il popolo degli emigranti", come dice Gennaro, è stato da tempo dimenticato dai nostri politici. Hanno dimenticato l'attaccamento dei nostri emigranti  a queste isole vaganti tanto decantate da Omero, hanno dimenticato tutte le rimesse che hanno fatto all'isola per la costruzione dell' ospedale, per le feste, le processioni dei nostri santi, le commemorazioni dei nostri morti.

Essi, che più di tutti si sentono Eoliani quando arrivano sui loro scogli, sono trattati come turisti, pagano la tassa di sbarco, l'aria che respirano. Il paese li ripaga organizzando loro il festival della canzone degli emigranti messo su con sacrifici dal nostro Bartolino Leone e con qualche spicciolo del comune. Questo non basta... Bisognerebbe accogliergli con più entusiasmo perchè si sentano a casa. Occorrerebbe organizzare seminari, un museo della pomice e dell' emigrazione che parlino dei problemi d'inserzione che hanno dovuto affrontare alla Strania per vivere degnamente e fare studiare i figli. 

A me fa piacere quando un vecchio minatore di ritorno all'isola che incontro per strada mi bombarda di domande nella nostra bella lingua che sa di sale, di zolfo, di sudore : 

- Quannu arrivasti, quantu stai, quannu riparti ? 

- Speru farimi tutt'a stati.

- Beni, tantu a casa l'hai. Mi ricuordu du papà tua, regula materna, mi curò prima di partiri pi Brukkulinu. Un iurnu chi scavava bastarduni 'nta na rutta du Pilatu si mullò un custuni di pumici chi mi vurricò. Mi purtaru subitu unni u papà tua ch'era puru u medicu di portuali e mi cusù da testa e pedi e mi sarvò. Bravu cristianu ch'era u papà tua, bravu dutturi. Tu ci rassumigghi. 

"Un paese vuole dire non essere soli, avere gli amici, andare al caffè", come diceva Cesare Pavese. E qui ricordo una frase del professore Iacolino parlando degli emigranti e che mi disse nella intervista che le feci per il mio film Le Sette sorelle : "Loro un pezzo di cuore ce l'hanno qui". Che dire più di questo ?

Ringrazio Massimo d'aver ricordato la grande Rosa Balestrieri che ha saputo dare con le sue canzoni un soffio epico alle nostre tradizioni. E qui ricordo un mio concerto organizzato dall'UNESCO in piazza Duomo a Milano con lei, Ignazio Buttita, Ciccio Busacca.

Ma ora mittimu a vila pi n'autra cosa. Parliamo del premio Grinzane Cavour di cui accennò Gennaro. Correva l'anno 2009, eravamo nel mese di marzo e si doveva consegnare questo prestigioso premio letterario al mio amico scrittore Pino Cacucci, di cui ero traduttore in francese, per il suo romanzo Nahuì, ed. Feltrinelli. Alla vigilia del premio, Giuliano Soria, fondatore del Grinzane, scomparve con i soldi del premio. Qualche giorno dopo l'arrestarono. Lo stesso premio Grinzane Francia doveva essere dato a Pino Cacucci e al traduttore all'Istituto italiano di Cultura di Parigi. Cosa che non si fece ed io e Pino siamo rimasti a secco. A me le targhe, i premi, gli attestati non mi sono mai piaciuti. Sono sempre stato libero. A me piace ritrovarmi là dove il mare è ancora blu, dove all'alba la rugiada bagna le ginestre e il gelsomino. E a Parigi come dice giustamente Gennaro, la Tour Eiffel mi ricorda a Canna di Filicudi.

Un'abbraccio.

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