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Dettagli...

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di Rosa Oliva

I figli di un Dio minore.

James alla fine capi che, anche con l'amore più grande, occorre umiltà e pazienza e che dovrà rispettare quella persona straordinaria a cui in fondo basta il silenzio per amare e per proteggere una fierezza innata. Sono le conclusioni di una bellissima recensione del film di Randa Haines. Eh si, ci vuole tanto amore e pazienza se si è nati in un arcipelago e si fa parte di un Comune di sei isole, tutte bellissime e con peculiarità e caratteristiche diverse. Un ottimo alibi, però, quando la volontà politica è di non prendere in considerazione esigenze "scomode" che arrecano danno anche alle casse della Regina Madre.

Le ordinanze del Primo Cittadino di Lipari circa le limitazioni per contenere l'espandersi della Pandemia lasciano molto perplessi e perché no, l'amaro in bocca.

La limitazione temporanea dell'accesso all'isola di Panarea non avrebbe per motivi di prudenza e solo temporaneamente potuto determinare analoga ordinanza per Stromboli?

Il video che segue sarà per voi oggetto di considerazioni e conclusioni, lascio a voi la libertà di giudizio

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di Mita Medici

Che vergogna quel pontile preso d'assalto!!

Che tristezza per me vedere questo scempio, io che ho vissuto Stromboli dai suoi anni più poetici!!! Era un'avventura ogni volta arrivarci, ma ne valeva la pena!

Ci trovavi pace, accoglienza gentile, bellezza, discrezione assoluta, divertimento vero, operosità, stupore, cultura, quel tanto di selvaggio che ti dava la sensazione di essere un eroe tra eroi!

Miei amati strombolani difendetela la vostra isola magica!!

VIDEO

Da Filicudi in linea Graziella Bonica "Covid, anche noi non siamo tranquilli..."

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di Graziella Bonica

L 'evoluzione della situazione 'covid' enunciata dal Sindaco ieri, riguardante Panarea, non ci lascia tranquilli.
Anzi, ci mette in allarme e ci fa chiedere dove siano i tamponi, chi li effettua, chi controlla sulle altre isole .
Posto che, le presenze su tutte le Eolie sono nel numero di migliaia,( vedi Stromboli in particolare,ma nn solo) che sbarcano in centinaia da barche, navi ed aliscafi.

Che le spiagge sono invase (e le stesse sono lasciate dagli avventori in condizioni vergognose) e che nei bar e ristoranti le persone brulicano come formiche, ci richiediamo: possibile che a Panarea con 14 positivi si chiuda agli sbarchi e si facciano ordinanze per controllare l eventuale aumento dei positivi e le altre isole, assediate da mare e da terra siano immuni??
Cos 'è ?

Il covid non lo portano più in giro le persone?
Dove sono i controlli?
Perche Pantelleria, si attrezza per prevenire eventuali contagi e adotta opportuni provvedimenti e noi no??
Cosa facciamo, a Settembre poi, chiudiamo le scuole e ci rimettiamo le mascherine che d estate abbiamo dimenticato di indossare???
Ritengo ,da cittadina che osserva, che i controlli siano opportuni, necessari per tutelare davvero la i cittadini eoliani,in primis.
Quindi vadano predisposti.
La salute pubblica è bene fondamentale per tutti e ovunque.
Cordialmente.

Ci sono momenti nella vita che non hanno prezzo!

Sono i momenti in cui l'operosita e l'amore hanno il sopravvento su tutto e tutti. La vitalità dei giovani, la loro Bellezza unita a quella di noi maturi è ricchezza.

Grazie a tutti per questa bellissima esperienza. 

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Lipari, l'appello del Centro Studi ai giovani...

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Sono passati quarant’anni da quando venne fondato il Centro Studi e Ricerche di Storia e Problemi Eoliani. Quarant’anni di rassegne cinematografiche, di attività editoriale, di convegni, conferenze, presentazioni di libri, concerti, incontri letterari, commemorazioni. Migliaia di eventi che hanno animato quaranta estati, e non solo, alle Eolie e in giro per l’Italia e per il mondo. Quei ragazzi che decisero di dedicarsi alla storia dell’arcipelago, che proposero momenti di riflessione, che sostennero attività di studio, aiutando laureandi, dottorandi, scienziati, professionisti a ragionare e scrivere delle nostre isole, oggi si sentono ancora ragazzi nello spirito.

Ma non basta: il tempo passa e il mondo evolve. Nuove tecnologie hanno rivoluzionato le modalità comunicative, di studio e ricerca. Nuove sfide e nuove conoscenze si sono imposte sempre più prepotentemente modificando gusti, abitudini, stili di vita e di lavoro. Eppure, se pensiamo alla storia plurimillenaria delle Isole Eolie, al ruolo che l’arcipelago ha svolto attraverso la storia, non si deve pensare che il lavoro sia completato. Nuove scoperte in ambito storico, filologico, artistico, letterario e scientifico continuano a stimolare la voglia di conoscenza e di promozione dell’arcipelago eoliano. Sono numerosi i giovani che hanno deciso di dedicarsi allo studio delle isole, raccogliendo il testimone da chi è venuto prima.

In un mondo globalizzato, percorso dal reticolo immateriale di internet, i discendenti di coloro che partirono nel secolo scorso in cerca di fortuna e affermazione sentono il bisogno di conoscere qualcosa di più delle loro origini. È un fenomeno comune a tutte le popolazioni e a tutte le epoche, e le nostre isole hanno da sempre affascinato chi le ha visitate o ne ha solo sentito parlare. Col passar del tempo molti testimoni del passato sono scomparsi, ma in molti casi hanno lasciato una traccia del loro passaggio, grazie a un video, un’intervista, un libro, un diario, attraverso fotografie, oggetti, attrezzi di lavoro che hanno a poco a poco composto un affresco corale fatto di donne e uomini, di mestieri e tradizioni, di valori e insegnamenti tramandati alle generazioni successive.

Oggi più che mai è importante il ruolo della memoria, collettiva e personale.  Memoria intesa come valorizzazione del passato che per molti versi rimane sempre attuale e che ci aiuta a vivere il presente, in un’ottica di salvaguardia e di rilancio, affinché i giovani di oggi siano consci dell’importanza del lascito culturale dei nostri avi, perché siano consapevoli del proprio ruolo di custodi e al tempo stesso di nuovi protagonisti di una bellissima storia che unisce i classici ai moderni, gli antichi ai contemporanei.

È importante che giovani studenti, semplici appassionati continuino il lavoro di chi li ha preceduti. Grazie ai nuovi strumenti tecnologici che abbattano le distanze tra continenti, sarebbe bello immaginare una comunità di cultori delle Eolie che approfondiscano lo studio, che rievochino fatti e personaggi, che mettano in rete un archivio di dati e materiali, proponendo incontri, anche virtuali, in cui non si smetta mai di parlare del vasto patrimonio artistico, storico e naturalistico delle Isole Eolie.

Questo vuole essere un invito a tutti i giovani di buona volontà che intendano proseguire il cammino intrapreso quarant’anni fa, con il loro entusiasmo e la loro modernità, per non perdere la rotta che prima o poi li ricondurrà agli antichi approdi eoliani.

Riportiamo il testo del telegramma inviato dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini al Centro Studi nel mese di aprile del 1983 in occasione del convegno per il quarantesimo anniversario della liberazione:

“Ora che la Repubblica è una realtà viva, non dimentichiamo che la sua storia passa anche da Lipari e che l’afflato ideale che ne ispirò la nascita e tuttora deve sorreggerne il cammino trova in questi luoghi la sua origine più vera e più nobile; nella fede, nel disinteressato impegno, nella fraterna solidarietà che la dittatura fascista mai riuscì a piegare”. (Sandro Pertini)

 

A Sebastiano Musumeci Presidente Regione Sicilia, a Ruggero Razza Assessore alla sanità e p.c. ASP Messina

Oggetto: analisi dei bisogni degli abitanti dell’isola di Stromboli e richiesta delle prestazioni sanitarie ritenute inderogabili in loco.

Gent.mo Presidente, la commissione sanità della Pro Loco “Amo Stromboli” si è fatta carico di procedere ad un’analisi dei bisogni di salute degli abitanti dell'Isola di Stromboli concentrandosi, prevalentemente, sui bisogni delle fasce più fragili della popolazione quali: anziani, bambini e malati cronici.
Sono state considerate le patologie che rivestono particolare rilevanza anche dal punto di vista statistico in quanto rappresentano percentuali sicuramente superiori alle realtà nazionali.
È stato anche considerato lo spiccato isolamento geografico ed i seri problemi di collegamento con i più vicini presidi ospedalieri/ambulatoriali.
Di seguito, in estrema sintesi, le prestazioni sanitarie che consideriamo prioritarie in loco:

1) concordare e definire la presenza del Pediatra di libera scelta;
2) garantire con cadenza da definire, l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie;
3) garantire con cadenza da definire, le prestazioni specialistiche di Geriatria, Cardiologia e
Diabetologia. Quest’ultima potrebbe anche avvalersi della telemedicina;

4) istituire un servizio di prelievi ematici per le indagini di laboratorio, con cadenza da concordare, per evitare dei viaggi lunghi e snervanti per una prestazione che richiede pochi minuti;
5) istituire un servizio infermieristico (infermiere di comunità/famiglia) che potrebbe essere utilizzato per molte altre prestazioni anche domiciliari (prelievi, terapie, valutazione di parametri vitali, antropometrici, ecc.);
6) garantire con cadenza da definire, la presenza dell’Assistente Sociale per l’effettuazione dei
colloqui necessari per l’analisi dei bisogni ed attivare, se necessario, la progettualità e gli interventi necessari quali, ad esempio, l’assistenza domiciliare in favore degli anziani per l’aiuto domestico e l’igiene della persona.

Si fa, inoltre, presente che vista l’emergenza nazionale legata al SARS-CoV-2 diventa ancora più urgente e necessario avere le prestazioni richieste al fine di evitare che una popolazione debole, già sottoposta ai disagi legati a veri e propri viaggi della speranza, venga sottoposta anche ai rischi legati al contagio. Sicuri che queste richieste vengano prese in seria considerazione si porgono cordiali saluti

*Presidente Pro Loco Stromboli

 

Ciao fratello, era l'alba di un giorno qualunque ma fu un giorno che segnò le nostre vite ed anche la tua.
Ieri sera ho incontrato dei tuoi amici uno in particolare mi ha riferito: "quando mi ha detto che non avrebbe partecipato alla regata ho capito che si sentiva davvero male, ma tutto potevo pensare tranne che da lì a poco ci avrebbe lasciato."

Brutto scherzo ci hai fatto guerriero, come al solito sei arrivato prima tu
12/9/1959-3/11/2016

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Lipari, è deceduta la signora Bartola Salvio

Lipari, è deceduta la signora Bartola Slavio.

Aveva 87 anni.

Ai familiari le condoglianze del Notiziario

A riprova dell'amore contagioso e inguaribile la nostra associata di "Amo Stromboli", Gloria Luppa, autrice dello scatto che è l'emblema e simbolo della nostra associazione dedica queste parole alla nostra vulcanica isola.

Grazie Gloria non finiremo mai di ringraziarti

*Responsabile di "Amo Stromboli"

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di Gloria Luppa

La mia casa è sul porto
Suona il cellulare, un messaggio da G. “Quando torni alla realtà?”.
Oggi il telefono ha rete e diventa sempre più difficile prendere le distanze dal continente.
Da bambina venire su quest’isola era come fare un viaggio indietro nel tempo. Tre cose
hanno segnato la mia infanzia: non c’erano né telefoni fissi né cellulari, le strade erano
solo di terra battuta, e si camminava scalzi. A giudicare dai miei piedi neri non ho ancora
perso quest’abitudine.

La prima volta che sono arrivata sull’isola occupavo uno spazio sostanzioso dentro la
pancia di mia madre. A ricordarmelo una vecchia foto sbiadita, ormai tendente al giallo,
con i miei genitori che si abbracciano sul molo.
Da allora, è sempre stata la mia ossessione. Il rifugio perfetto dove scappare e
abbandonarmi agli istinti più primordiali. Ancora adesso mi trovo qua, su quello che
chiamano il Faro del Mediterraneo.

L’isola è un triangolo che si erge nel Tirreno, anzi una trottola, questa l’origine del suo
nome. Il suo fascino è tutto nascosto sott’acqua, ciò che vediamo è solo una minuscola
porzione dei misteri che cela il mare.
È raggiungibile soltanto via mare e sempre se questo si sveglia di buonumore. Nei giorni
in cui lo scirocco tira forte, attraccare non diventa per nulla semplice. È la più lontana dalla
terra ferma e nonostante l’apparente ostilità che dimostra, da qui di gente ne è passata
tanta. È stata terra di Greci e Romani; si narra che vi abbia dimorato Eolo; è stata vittima
di molte emigrazioni; punto strategico per i tedeschi durante la Guerra; ritrovo per hippie;
meta ambita per artisti di tutti i tipi.

Qui i quattro elementi naturali convivono in una danza perenne, rubando la scena adesso
l’uno, adesso l’altro. Il vento di maestrale ingrossa il mare, le onde si alzano altissime fin
su in cima alla scogliera, lasciando che l’intonaco bianco delle case ceda il passo ad un
tempo precoce; la terra trema e un fumo nero sale su dalla montagna, dipingendo di rosso
la notte macchiata di stelle. Il mare in inverno ha una massa ingombrante, ti circonda, ti
soffoca, è grigio e cattivo.
Ricordo di settimane intere bloccata sull’isola in attesa dell’arrivo del primo aliscafo. Le
scorte di alimenti freschi cominciavano a scarseggiare e l’acqua andava razionata. L’isola
era silente, solo qualche voce sparsa in lontananza e poi i boati del vulcano.
Iddu lo chiamiamo. È un modo per personificarlo, per dargli l’importanza che merita.
Siamo un popolo nato tra i vulcani e non temiamo la loro presenza, la rispettiamo, quasi li
veneriamo. È un amico al quale dare il buongiorno al mattino.
Si percepisce subito la presenza di qualcosa di ignoto e di sacro. Una forza attrattiva verso
il cuore della terra, che ti attira a sé nei suoi momenti di euforia.
Stromboli è viva e si percepisce subito.

A parte me, anche i miei fratelli hanno visitato l’isola sin dall’infanzia, ma non ne hanno
fatto un’ossessione. Io, invece, ne sono stata attratta quasi magneticamente, tanto da
tatuarmela due volte e sceglierla come meta post quarantena.
È già settembre ed io da tre mesi non ho molti contatti col mondo fuori dall’isola. Le
informazioni mi giungono dalle chiacchiere di paese e dalla gente che va e che viene dal
continente. Mi dicono che sono saliti i contagi.
Passeggio su quest’isola come se vivessi in un mondo parallelo, percependo che
qualcosa di ciò che chiamiamo normalità, o realtà per dirla come G., anche qui è presente.
Ho come la sensazione di dover allungare la mano ed afferrare la terra che, nelle giornate
di forte vento, si intravede all’orizzonte e rituffarmi così in quella normalità.
Faccio questo da sempre. “Va bene, oggi parto!” - mi dico -, poi butto uno sguardo
all’orizzonte e penso “ma dai… ancora un po’ posso restare!”.
Sono sempre due le domande che gli isolani mi riservano al momento dello sbarco. Una è
Arrivasti? - perché se una cosa sta ancora accadendo, per noi siciliani è già successa - al
momento della discesa dall’aliscafo e l’altra Quanto ti fermi?.

La prima risposta è facile, respiro profondo l’aria non è inquinata, il cane freme per correre
al mare e mi dico: “sì, sono arrivata finalmente”. La seconda, invece, è più complessa e mi
verrebbe da rispondere solamente che non ho una data di partenza, che voglio
accomodarmi qui e lasciare che il tempo passi, dettato dalle ore di calura e frescura.
Sarebbe comunque inutile, loro sanno perfettamente che non sono ancora pronta per
restare.
Ciò che invidio agli isolani o a coloro che hanno scelto di vivere l’isola, è il loro coraggio di
aver dato un tempo umano alla propria vita.
Qualcosa di ancestrale mi lega a loro, un legame saltuario, casuale, ma intenso. È la
percezione che ho della loro capacità di accettare il limite.
Da un’isola non è facile andar via, ti abitui agli spazi misurati, al contatto diretto con gli
uomini e con la natura. Il ritorno al continente ti ubriaca: le luci, i colori, i rumori, le voci, le
automobili, le strade, i bar, le sirene, la velocità e infine ti accorgi dell’unica cosa che non
senti. Non senti niente che non sia di umana invenzione.

L’accettazione del limite altro non è che l’accoglimento di un’altra realtà che per il
continente è diversa, è stravagante, è quasi follia.
In questi giorni di isolamento ho parlato spesso con G. della vita sull’isola. L’isola la
conosce, tuttavia non vuole vedere quella normalità che per me è presente anche nel
modo di vivere che hanno sull’isola.
Eppure capisco G., viviamo in una società che ci impone sempre di raggiungere nuovi
obiettivi. Se non te ne poni almeno uno, sei praticamente niente! Il punto è correre e non
fermarsi mai, oltrepassare sempre quel limite.

Sono cresciuta in un ambiente dove l’utopia - intesa come prospettiva di vivere una vita
diversa da ciò che la società impone come normale - si può solo sognare e riderci su,
come un “sarebbe bello se”. Un ambiente dove l’obiettivo che ti fissi è solo
apparentemente tuo, ma in realtà rispecchia il layout convenzionalmente accettato.
E proprio per questa mia voglia di arrendermi e osservare, ho cercato di argomentare a G.
che chi sceglie di vivere l’isola un obiettivo in realtà ce l’ha: vivere e basta.
L’isola per me è insegnamento. Me la impongo per non dimenticarmi che una via di fuga è
possibile, che l’accettazione del limite è una strada percorribile. Me la impongo per non
dimenticare la possibilità dell’utopia.

In fondo sull’isola, mi concedo solo il lusso di godere del presente, senza pensare al
domani.
È questo che penso quando, sul terrazzo di casa con uno sguardo intontito, guardo ora il
mare ora il vulcano. E mentre mi trovo così visibilmente persa, il mio cane, al contrario, sa
perfettamente cosa vuole e mi riporta coi piedi per terra.
Lui è un lupone di 50kg con un’irrefrenabile voglia di giocare ed un innato senso critico nei
confronti di tutto ciò che faccio. Infatti anche adesso mi guarda come a dire “ebbè, che
tempo vuoi ancora? Torniamo a casa!”.
È lui a ricordarmi che è già settembre. Sull’isola è il mese degli addii ed anche noi
dobbiamo cominciare a fare i giri delle case per salutare tutti coloro che restano.
Così inizia il nostro pellegrinaggio, o meglio, il mio. Lui se ne va in giro tirando a destra e a
sinistra, con un enorme legno in bocca che di tanto in tanto cade giù facendo un forte
tonfo, attirando gli sguardi stupefatti e incuriositi dei passanti. Per fortuna che c’è
canescemo, così mi piace chiamarlo.
Inizia il pellegrinaggio dicevo, dalla zona porto - chiamata Scari - fino alla più remota parte
dell’isola, Piscità.

Le case qui sono lo specchio di chi le vive e l’averne conquistato la fiducia è una
sensazione di benessere assoluto.
Una piccola porticina con il legno logorato dal tempo è l’ingresso di ognuno di questi
mondi. Un vialetto in pietra lavica, in mezzo ad un giardino all’eoliana, è il raccordo tra il
fuori e il dentro. I giardini non hanno erba, sono all’apparenza selvaggi e poco ospitali, ma
la verità è che l’acqua non può essere sprecata per un verde smeraldo. Sono quindi gli
alberi i personaggi principali che, pesanti di frutti, si allungano con i loro rami verso il
terreno, lasciando cadere quelli non ancora raccolti. Cerco sempre gli orti negli angoli più
improbabili ed eccoli li, rigogliosi di ortaggi. Gli immancabili alberi di agrumi rubano sempre
la scena, non fosse altro per quell’odore inconfondibile di casa che emanano.
“C’è nessuno, possiamo entrare?” è la frase di rito e la risposta pronta, netta, ruvida, trasiti
è il passe-partout.

Il bianco monotono della facciata esterna della casa inganna la ricchezza degli interni.
In inverno la prima sensazione è di un caldo secco, ristoratore, e poi il piacevole odore di
legna bruciata nella caldaia a pietra; in estate, invece, le pareti spesse non lasciano
passare il caldo afoso tipico del sud dell’Italia ed il fresco ti invoglia a sederti e
curtigghiare.
Queste case sono perlopiù gallerie d’arte. Tanti sono gli artisti che si innamorano dell’isola
e durante i loro passaggi fugaci, o duraturi, lasciano un regalo agli isolani che gli hanno
aperto le porte dell’isola.
I loro doni si trovano li, appesi, tra mille altri gingilli a formare parte di un caos perfetto.
Eppure le opere dei forestieri non sono le uniche ad arricchire queste case. Ciò che mi
affascina di più sono le opere degli artisti dell’isola ed il forte contrasto tra le loro mani
ruvide e la bellezza che riescono a creare.

Una tra le case a me più care è quella di Mario. Umile, accogliente, ci viveva con sua
moglie e un cagnolino cazzutello. Era un omone con capelli arruffati e barba lunga, io la
ricordo da sempre bianca. Ha trascorso tutta la sua vita sull’isola, senza averla mai voluta
lasciare, nemmeno per brevi soggiorni. Lì aveva tutto e gli bastava così. Una vita spesa
sotto al vulcano e devota al mare, che sembrava potesse guarirgli tutti i mali, o quasi.
Aveva uno sguardo dolcissimo, parlava poco, ma era amato da tutti. Aveva delle mani
grandi, segnate dal tempo e dal duro lavoro, e il suo aspetto nascondeva la cosa più
straordinaria di tutte: Mario era anche un pittore.
In casa originariamente a dipingere era la moglie, ma Mario aveva un mondo dentro e
delle storie da raccontare, così quando lei lo capì, gli lasciò tutte le tele.
Ricordo che la prima volta che entrai in casa sua rimasi senza parole. Tele, colori, figure,
fuoco, mare, è stato come entrare dentro un paese fantastico, avrei voluto portare con me
tutti quei quadri. Un giorno mio padre me ne regalò tre ed io non posso fare a meno che
portali con me di trasloco in trasloco.

Questa volta non è né un messaggio di G. a riportarmi alla realtà, né la frenesia di
canescemo.
Passeggio sull’isola da Piscità a Scari, salgo su per la salita di casa, è ripida e mi spezza il
fiato. Alzo gli occhi in cerca del fumo che si alza da dietro la montagna, fin quando Iddu
fuma, io posso tornare.
Prendo lo zaino e il guinzaglio, canescemo comincia a piangere di gioia, giro la chiave
nella toppa e la chiudo. La mia casa è sul porto, dall’alto vedo arrivare l’aliscafo, sento
urlare “Scalo di Stromboli”, è il mio biglietto di ritorno.

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