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di Gianluca De Maio 

La crisi delle grandi opere sembra essere esplosa nella sua interezza. Il settore delle costruzioni nel suo complesso può ormai vantare un record dal sapore amaro. Le big del comparto assieme hanno oltre tre miliardi di debiti. Astaldi dovrà rafforzare il capitale con una manovra da circa 400 milioni. Trevi, a sua volta, cerca circa 300 milioni da iniettare, Grandi lavori Fincosit segna un ritorno sugli investimenti negativo per il 4%. I numeri sono stati forniti recentemente dal Sole 24 Ore. A ciò si aggiunge che Condotte ha avviato la procedura di concordato in bianco, dandosi tre mesi di tempo per decidere il proprio futuro. Al di là di Impregilo-Salini, il cui rapporto tra indebitamento e margine lordo rimane intorno a quota uno, le altre aziende viaggiano su una proporzione che parte da tre e arriva a valere addirittura dieci volte tanto. Lo scorso anno il nostro Paese, a differenza di altre nazioni europee, ha previsto per le imprese in difficoltà o in concordato la possibilità di rimanere in gara e continuare a partecipare ai percorsi d' appalto.

Da un lato una garanzia e un salvagente. Chiudere i rubinetti significherebbe far peggiorare ulteriormente la situazione. Dall' altro però il rischio è di creare un effetto a catena che porterebbe a un domino vero e proprio. Il caso di Condotte spiega magistralmente la delicatezza del fenomeno italiano. L' azienda ha un debito che si avvicina ai due miliardi di euro. Il patrimonio supera di poco i 200 milioni. Da qui la necessità di rivolgersi al tribunale di Roma che la scorsa settimana ha prontamente nominato tre commissari. Spulciando più in profondità i numeri, si può vedere che la metà del fatturato è prodotto in Italia. Lo Stato deve a Condotte addirittura 900 milioni e a sua volta l' azienda è impegnata verso le banche per 800 milioni di euro. Lo scorso dicembre i vertici del colosso hanno constatato «la grave situazione economico finanziaria e ha dato mandato a banca Rothschild di presentare un piano finalizzato all' ottenimento di finanza in bonis e di finanza protetta». In poche parole, al termine dei 120 giorni, si apriranno tre strade possibili. La prima prevede la creazione di una newco che porterebbe con sé dipendenti e commesse. Nella bad company rimarrebbero i debiti, mentre ai commissari andrebbero i proventi della vendita della newco a una terza parte. Con questi soldi si pagherebbero i debiti o parte di essi. La domanda di concordato in bianco lascia anche aperta la possibilità di un cosiddetto 182 bis, dal nome dell' articolo della legge fallimentare. Si tratterebbe di ristrutturare i debiti e ripartire con liquidità fresca. All' interno di questa stessa seconda strada, le banche potrebbero chiedere anche di spacchettare il debito.

Appoggiandosi all' articolo 67 le banche e l' azienda potrebbero ottenere una sorta di esenzione dalla revocatoria. In pratica alcune controllate otterrebbero un canale privilegiato. Un modo per mettere benzina nei singoli motori del colosso, quelli in grado di ricominciare da subito a correre. Resta il timore di una terza strada che si chiama liquidazione e porterebbe alla chiusura del colosso. Con tutto ciò che ne consegue. Tutti i ragionamenti teorici hanno in ogni caso impatti pratici sulla vita quotidiana dei cittadini europei e soprattutto italiani. Condotte ha da poco portato a casa una gara in Polonia. Nel Nord del Paese il governo di Varsavia prevede per 77 milioni di euro la costruzione di tratto di superstrada che nel complesso dovrà collegare Berlino a Minsk. In Italia l' azienda romana partecipa alla gara per lo sviluppo dell' ospedale di Cisanello, a due passi da Pisa. Si tratta di un mega lavoro da 430 milioni di euro. Di cui 247 per le opere e circa 183 per la gestione e la manutenzione. In tutto si tratterà di 632 posti letto, con specializzazioni in terapia intensiva e neonatologia. Lo scorso undici settembre sono state aperte le buste amministrative, ma non sono state comunicate le compagini ammesse alla competizione. Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, da cui è scaturita la gara, assieme al Comune di Pisa, a fine 2017 ha confermato di essere allo step finale del procedimento. «Alla ripresa dei lavori, alla Befana, saremo pronti per l' aggiudicazione della gara d' appalto per l' ospedale di Cisanello», ha spiegato Rossi. «Sull' opera lavoriamo ormai da diversi anni, dal 2000 in poi. La cosa importante è che questo prevede anche che chi farà le offerte dovrà intervenire sulla parte vecchia degli ospedali, l' attuale Santa Chiara, vicino alla torre, vicino a Piazza dei Miracoli, e penso dunque che questo sia un progetto complessivo di riqualificazione». Un polo fondamentale per tutta la Toscana.

La compagine guidata da Condotte con la controllata Inso è considerata tra le papabili per know how e per la filiera che rappresenta. Se una volta assegnata la gara l' esito del concordato finisse male che accadrebbe all' ospedale di Pisa? Esistono le altre aziende mandanti che partecipanti all' intera filiera. Ma la catena è complessa e - ad esempio - nel caso specifico partecipano aziende piccole che sono state cooptate ricevendo garanzie dalla parte superiore della filiera (è il caso della Braccianti srl). La legge consente giustamente di inserire elementi più piccoli magari vicini al territorio, ma da valutare, in questo momento, è la situazione complessiva dell' intero sistema delle costruzioni. Come sempre il problema è a monte. E si chiama Stato. Se il pubblico non paga e le banche non possono più garantire, a rischio non ci sono solo i posti di lavoro dei grandi colossi ma l' intero schema delle infrastrutture italiane. Se il pubblico non versa il dovuto e non salda i debiti, ospedali, strade e ponti ritarderanno ulteriormente. E l' Italia non può permetterselo. 

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