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di Lina Paola Costa

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Tre minuti di silenzio
Tre minuti di silenzio, perché uno non basta.

Ci vogliono almeno tre minuti di silenzio per fermarci a riflettere sul valore simbolico – oltre che sulla triste vicenda umana – che la morte del giovane giornalista Antonio Megalizzi assume in queste ore, nel nostro mondo sottosopra.
Un dolore per la famiglia, perché morire a ventinove anni è sempre un naufragio, mai un approdo, nel lungo navigare della vita di ogni individuo. Una tragedia anagraficamente simmetrica a quella del suo attentatore, altrettanto giovane di età e morto sparato, una volta per tutte, ventiquattrore fa. 

Una congiuntura di elementi che inducono a ripercorrere il valore di una Europa da più parti vilipesa, svalutata, violata dal fanatismo islamico ma anche tradita dai suoi stessi rappresentanti. Una Europa che invece rappresenta un ideale profondo, una dimensione mentale, una visione della vita che non può facilmente essere spazzata via dal risorgere di pregiudizi e di piccoli o grandi sovranismi mentali, prima che politici o economici.

Strasburgo, più di Bruxelles, simboleggia il lato buono dell’ideale europeo, la dimensione di civica convivenza, di spendibilità di un progetto politico, la condivisione di esperienze che affonda le radici forse in tempi assai remoti. E Megalizzi si diceva innamorato di questo ideale, di questa Europa non del tutto persa, di questa realtà che stava studiando più approfonditamente.
Se Antonio Megalizzi avesse fatto un altro mestiere qualsiasi, avremmo condiviso un lutto e basta, avremmo partecipato ad un ennesimo episodio di cronaca dolorosa.
Ma il fatto che la pallottola abbia perforato la testa di un giovane giornalista sembra voler simboleggiare un attacco alle idee, al mestiere di osservare capire e informare, per devastare non solo i corpi ma soprattutto la lucida ragione e il profondo dei sentimenti.
La mia generazione studiava quel Sacro Romano Impero che ha informato di sé un’idea territoriale molto concreta, pur se non ancora corrispondente ad un progetto statale, e poi umanistico e poi illuminista, ad una evoluzione mercantile e borghese della società come sarà nei secoli successivi.

Antonio Megalizzi rappresenta inoltre quell’universo globale tutto italiano, ma affatto provinciale, che si proietta oltreconfine sintetizzando nella sua vicenda una parabola lunga oltre un secolo.
La famiglia e il cognome sono del sud, calabresi emigrati a loro volta al nord quando l’emigrazione era già intrecciata alla mai risolta questione meridionale. È moro di aspetto, nei tratti somatici è mediterraneo ma ha un accento inconfondibile, cresce e si forma nella città più mitteleuropea di tutte, quella Trieste crocevia di culture continentali e non, poliglotta e fervida, da cui trae lo slancio per affacciarsi alla sua Europa…

Tre minuti, per pensare a queste coincidenze. E ricordare che queste persone giovani, come la Solesin o Regeni, giovani ma intensamente belle, hanno speso la vita per varcare i confini mentali e dato esempio di come si possa essere cittadini d’Europa, imprestando reciprocamente risorse e obiettivi per i quali meritano tutto il nostro rispetto.

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CHE SUCCESSO PER L'ALBERO DEI DESIDERI ALL'OFFICINA DEL CANNOLO SUL CORSO VITTORIO EMANUELE

Che successo per "L'albero Dei Desideri". L'evento è stato dedicato interamente ai bambini,e pensato per creare la giusta atmosfera natalizia. E' nato dalla collaborazione e partecipazione di chi crede ancora che l'Unione e la voglia di fare siano alla base di tutto.
Il Natale é dei più piccoli che sognano e di quei grandi che non vogliono smettere di crederci.
E i bambini, nipoti, amici hanno partecipato in massa insieme ai piu' grandi per festeggiare qualche ora insieme in allegria e serenità!

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