Panarea - Diversi tipi di organismi marini, in particolare i più complessi (coralli e molluschi) meno si adattano rispetto a quelli più elementari, come le alghe, all'acidificazione degli oceani. Sono questi i risultati di un'indagine condotta da un gruppo di ricerca dell'Università di Bologna nel cratere del vulcano sommerso dell'isola di Panarea, nelle Eolie. Lo studio si è svolto nell'ambito del progetto europeo CoralWarm, finanziato dall'European Research Council ed è stato pubblicato sull'ultimo numero della rivista Natura Climate Change con il titolo "Biomineralization control related to population density under ocean acidification".


L'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera per cause dipendenti dall'uomo - si legge in una nota dell'Ateneo bolognese - è un fenomeno ben noto e che genera crescente apprensione. Ciò che è meno noto è che questo gas viene disciolto anche negli oceani, causando un incremento del livello di acidità delle acque marine.

Lo studio condotto da un team congiunto di ricercatori dei Dipartimenti di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Chimica "G.Ciamician" e Fisica dell'Università di Bologna, ha avuto come scenario l'area circostante il cratere vulcanico sottomarino al largo dell'isola di Panarea, dal quale fuoriescono emissioni continue di anidride carbonica (CO2) che aumentano l'acidità dell'acqua circostante. Dalla periferia verso il centro del cratere l'acidità aumenta gradatamente, rispecchiando i valori previsti per gli oceani del globo per il 2100.

Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare come alcune specie chiave del Mediterraneo reagiscono all'aumento dell'acidità del mare rispetto al fondamentale processo di calcificazione, necessario per la costruzione delle loro strutture carbonatiche (come lo scheletro dei coralli, le conchiglie dei molluschi o le strutture prodotte da alcune alghe). La ricerca ha evidenziato come, all'aumentare dell'acidità, mentre le caratteristiche mineralogiche dello scheletro dei molluschi più complessi rimanevano quasi invariate, quindi incapaci di adattarsi alle mutate condizioni ambientali, quelle delle alghe diminuivano la concentrazione del carbonato di calcio (che si dissolveva), a favore di minerali più resistenti all'acidità. Avvicinandosi al cratere, nel punto più acido quindi, si trovavano solo le alghe. Ciò suggerisce che in un mare acidificato come quello previsto nei prossimi decenni, organismi animali come coralli e molluschi e altri calcificanti potrebbero diminuire la loro presenza a favore di organismi vegetali semplici come le alghe, che sembrano più in grado di reagire alle variazioni ambientali con conseguenze molto importanti sull'intero ecosistema marino. In conclusione, la ricerca di Unibo ipotizza che i mari acidi del futuro saranno più poveri proprio delle forme di vita più complesse, con gravi conseguenze a catena su tutte le specie che popolano l'ecosistema marino.

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