La polvere sottile della montagna di pomice di Lipari é ancora il ricordo di un sistema dove i numerosi cavatori del tempo pensavano di aver trovato l'America in casa. Come i pochi padroni ed il Comune che era convinto di aver scovato l'eterna mucca da mungere. Ma i conti ad un certo punto smisero di tornare. Dieci anni fa, l'epoca industriale lasciò il passo all'Unesco che divenne l'alibi che portò la fine della mungitura e della mucca.

Non ci fu più niente latte ed il decadimento sbriciolò la montagna trasformandola in alternativa "spiaggevole" che attira una quantità infinita di turisti alla ricerca delle spiagge bianche, vanto e tradizione ormai estinte. Ma non si dice. In queste montagne, lungo i canaloni bui e arrugginiti vivono ancora le anime di chi si è scavato involontariamente la propria fossa chiamata silicosi o è rimasto sotterrato dai crolli improvvisi perché la sicurezza è stata sempre un accessorio per i datori di lavoro.

Tutti vittime e tutti colpevoli. Quella era l'epoca della fame e si accettava anche il fumo bianco e lungo che dalle cave finiva direttamente dentro le pance dei bastimenti e delle navi che lo spargevano nel mondo. Pomice che oggi si risveglia dal suo mistero e cerca di cavalcare una nuova epoca, quella "ripoliticata" in nome della natura con tanti diavoli che ancora girano in quel paradiso da mettere in sicurezza.

A Lipari con la pomice si comandò oltre mezzo secolo. Adesso la montagna è ad un bivio. Continuare ad essere sottoposta al comando politico o darsi la mossa "tirabuscesca" per muoversi verso un futuro più serio e più tecnico.

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