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Dettagli...

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di Deborah Natoli

Occhio: enormi e urticanti Vermi cane! Tanti…tantissimi e molto molto a riva… questi addirittura spiaggiati ma ancora vivi!

LE NOTE

1) E' allarme Vermocane anche nei mari del Sud Italia, dalla Puglia alla Sicilia. Si tratta di veri e propri vermi marini, conosciuti anche come vermi del fuoco, carnivori e voraci, dall'aspetto colorato ma con migliaia di aculei urticanti. Non hanno nemici e se vengono spezzati in due hanno la capacità di rigenerarsi. Rappresentano una minaccia per l'ecosostema marino, soprattutto per le riserve naturali, per i coralli, e per il lavoro dei pescatori.

I biologi del laboratorio dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) attivo a Panarea e a Milazzo, li stanno studiando perchè oltre a rappresentare un pericolo per tutti gli animali lo sono in realtà anche per l'uomo: frequenti anche le ferite nei pescatori, che spesso sono costretti a ricorrere al cortisone.

I vermocanepossono anche raggiungere scogli e spiagge e per questo è in atto una campagna di informazione per allertare i bagnanti sui possibili danni.

2) «Il Mediterraneo sta pagando un prezzo elevato per l’effetto dei cambiamenti climatici: diventa sempre più povero con grandi stravolgimenti della sua biodiversità - dichiara Valentina di Miccoli, campagna Mare di Greenpeace Italia -. Come dimostra il nostro progetto Mare Caldo, laddove esistono misure efficaci di tutela delle nostre acque queste resistono meglio agli impatti della crisi climatica, di cui la diffusione di specie come il vermocane è una delle prove più evidenti. Per questo abbiamo bisogno di aumentare la rete di aree marine protette in Italia".

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3) di Angelo Pajno

CERCASI VERMOGATTO!

Quando non c'è limite alle bestialità.
Leggo che talune illuminate menti avrebbero trovato il rimedio al famoso "vermocane", simpatico animaletto vermiforme dai colori brillanti ma dalle setole oltremodo urticanti.
Pare che la simpatica bestiola stia invadendo anche i nostri mari (quelli eoliani, dico) a causa del cambiamento climatico, male endemico per la razza umana destinata così alla sua oramai imminente estinzione.

Mentre scaramanticamente accedo con la mano destra ai "gioielli di famiglia" leggo che, comunque, il famelico invertebrato sarebbe facilmente debellabile semplicemente....aumentando il numero, già oggi spropositato, delle Aree Marine Protette (?) esistenti in Italia.
È a tutti noto, infatti, come il vermoide in argomento sia assolutamente rispettoso dei divieti imposti dai vari enti gestori di cotanto illuminate realtà le quali, peraltro, hanno il taumaturgico potere di abbassare la temperatura delle acque all'interno del proprio perimetro, così rendendo l' ambiente ostile all'intruso.

Miracoli del genere non si ricordano dai tempi della passeggiata di Nostro Signore sulle acque del lago di Tiberiade.
Ma non sarebbe più semplice - e logico - assoldare un VERMOGATTO che terrebbe occupato il "nostro" nella atavica lotta tra...cani e gatti costringendo così il primo ad allontanarsi verso il largo per evitare pericolosi, quanto fastidiosi, graffi... sul muso?
Ma quante bestialità mi tocca sentire!!!

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di Pietro Lo Cascio 

Il paradosso del “vermogatto”.

Nel “Manuale di zoologia fantastica”, Jorge Luis Borges ha offerto al lettore la più vasta rassegna di creature leggendarie o immaginifiche, che il grande scrittore argentino ha potuto assemblare grazie alla sua consumata e straordinaria conoscenza del mito e della letteratura antica. Eppure l’immaginario fantazoologico dei nostri tempi sembra non esaurirsi in quest’opera.

Negli ultimi e frequenti interventi dell’avvocato Pajno apparsi sul “Notiziario”, infatti, si può cogliere la reiterata volontà di ampliarne il repertorio, gradualmente arricchito da “tafani bicornuti”, “piattole linguiformi” e – di recente – persino dai “vermogatti”.
Tale sfoggio di fantasia non ha un’origine astratta o casuale, ma sembra rispondere a uno stimolo di evidente natura sensoriale, curiosamente indotto dall’aggettivo “protetto”: basta che si parli di protezione – dell’ambiente, della lucertola, del mare o di qualcos’altro – ed ecco che compare immediatamente una nuova creatura, alla quale viene affidato il compito di schernire le solite baggianate partorite dagli ambientalisti.

Il “vermogatto”, per esempio, è la simpatica risposta al “vermocane”, la cui progressiva espansione – purtroppo tutt’altro che immaginaria – è legata ai cambiamenti climatici. E chi sostiene che le aree marine protette possano risolvere il problema sta dicendo una “bestialità” (cito l’autore del “vermogatto”).
Peccato che parecchi dati, però, diano ragione a questi imbecilli.
Un recente studio pubblicato da un team internazionale di ricerca su una delle più autorevoli riviste scientifiche mondiali (https://www.pnas.org/doi/abs/10.1073/pnas.1701262114) è giunto alla conclusione che le riserve marine rappresentano la strategia più praticabile ed economicamente vantaggiosa per produrre benefici su scala locale e globale e contrastare i cambiamenti climatici: la conservazione degli ecosistemi marini incrementa l’immagazzinamento del carbonio e riduce il problema dell’acidificazione, degli spostamenti delle specie animali, della diminuzione della produttività biologica – e dunque della produzione di ossigeno – e persino degli eventi meteorologici estremi, nonché dei loro effetti cumulativi.

Potrei citare decine di articoli simili e facilmente consultabili su Google Scholar, ma preferisco fare qualche esempio più agevole, nello stile del “vermogatto”, limitandomi al contesto del Mediterraneo.
Con la fotosintesi, un metro quadrato di prateria di posidonia produce da 10 a 15 litri di ossigeno al giorno, ma soprattutto è in grado di catturare e immagazzinare quantità di CO2 da 10 a 50 volte in più di quanto faccia un metro quadrato di una foresta. Inoltre, un ettaro di posidonieto dà rifugio a migliaia di specie, e più del 55% dell’anidride carbonica a livello globale viene immagazzinato dagli organismi marini: basterebbe questo a spiegare perché la semplice tutela di questo habitat permetta di ridurre l’effetto dei gas serra.

Le aree marine protette garantiscono la conservazione di habitat che aumentano la resilienza del mare, e di conseguenza anche la nostra, e assolvono un ruolo cruciale per attenuare – se non addirittura invertire – la tendenza dei cambiamenti climatici.
Perché è fondamentale creare nuove aree marine protette, ovvero nuovi spazi per aumentare il grado di resilienza? Perché il Mediterraneo si sta riscaldando a una velocità tripla rispetto alla media degli oceani; gli eventi meteorologici estremi che si sono verificati sempre più frequentemente negli ultimi anni (i cosiddetti “medicanes”) danno una misura del cambiamento in atto.

Negli ultimi 50 anni è scomparso il 34% delle praterie di posidonia: la rapidità del loro declino è 4 volte superiore a quello delle foreste a livello globale. E un ettaro in meno di posidonieto causa l’erosione di 15 ettari di litorale.
Serve altro?
È ovvio che le AMP non siano impermeabili a tutti gli impatti dei cambiamenti climatici, e che probabilmente vi si trovi anche qualche “vermocane”.
Tuttavia, rappresentano aree a stress ridotto, dove la capacità di adattamento degli organismi marini al problema è avvantaggiata. Meglio ancora se sono tante: reti integrate di AMP aumentano le possibilità di sopravvivenza di habitat e specie, ma possono anche essere utilizzate come siti “sentinella” (di ricerca) per monitorare gli effetti del riscaldamento globale, coerentemente con gli obblighi di ricerca e osservazione sistematica previsti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e da altri accordi internazionali.
Il “vermogatto”, dunque, non basta.

Certo, non si può negare che questa creatura ibrida – un po’ polichete, un po’ felino – possa esercitare un fascino discreto tra chi nutre un’incontenibile passione per la zoologia fantastica, e devo ammettere che qualche volta mi piacerebbe appartenere a tale schiera. Per esempio, dovrei ricorrere all’uso della nomenclatura tassonomica per attribuire alcune affermazioni a un “Leguleius tuttologus” ma, per rispetto nei confronti di Linneo, mi asterrò dal farlo.

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Rassegna Stampa GDS.IT

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