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Il Giudice del tribunale di Barcellona Giovanni Mannuccia ha assolto S.L. G. perchè il fatto non sussiste. E' stato difeso dall'avvocato Salvatore Leone

Era stato accusato di esercitare il preteso diritto di proprietà, potendo ricorrere al giudice e si faceva lecito apporre un cancello chiuso con catena e lucchetto all'ingresso dell'abitazione di R. G. 

Si è celebrata dinnanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto- Giud. Dott. Giovanni Mannuccia- l’udienza per l’accertamento dei profili di responsabilità sulle presunte irregolarità del noto locale balneare White Beach di Lipari del Sig. S. L. difeso dagli Avvocati Francesco Rizzo e Salvatore De Natale.

In particolare, secondo la Procura della Repubblica , accusa sostenuta in aula dal PM Dott. Francesco Dieni, nei giorni compresi tra il 18 luglio e 23 luglio 2020, il locale teneva aperto un luogo di pubblico spettacolo e di intrattenimento senza osservare le prescrizioni dell’Autorità di pubblica sicurezza a tutela dell’incolumità pubblica in quanto privo della necessaria licenza.

Invero, nel corso del procedimento gli avvocati Rizzo e De Natale hanno dimostrato come il Sig. L. S. aveva già depositato istanza di autorizzazione in data antecedente ai fatti e, nelle more, non essendo stata prescritta alcuna documentazione integrativa, si poteva ben evincere come il bene giuridico dell’incolumità pubblica, non era mai stato violato.

Conseguentemente, il Giudice ha pronunciato il dispositivo della sentenza ed ha assolto S.L. del reato contestato perché il fatto non sussiste.

 

Il Tribunale, in composizione monocratica, in persona della Dott.ssa Anna Elisa Murabito, ha assolto il Sig. F.C. del reato allo stesso ascritto, perché il fatto non sussiste (il reato contestato si rinviene ex art. 187 c. 1 Decreto Legislativo 285/1992). Dall’analisi della sentenza in esame si riporta l’accaduto come segue.
In data 13/06/2019, alle ore 22.00 circa, presso la via Francesco Crispi del comune di Lipari, si verificò un sinistro stradale.
Immediatamente, si recarono sul posto i militari che provvidero a svolgere i relativi accertamenti. Il giorno seguente, giunti presso il presidio ospedaliero più vicino, i fautori del sinistro (F.C. e A.L.) vennero sottoposti agli accertamenti richiesti e dagli esami si rinvenne:
1) che uno (F. C.), secondo quanto riportato dalle analisi delle urine, risultava positivo alla sostanza cannabinoide (THC);
2) che l’altro (A.L.) risultava positivo al controllo alcolemico con un valore di 1.69.
[i dati degli esami risalgono al 14/06/2019, giorno successivo alla vicenda, avutisi intorno alle ore 13.30/14.20].

Rebus sic stantibus, la sentenza si pone come particolare per la motivazione addotta. Difatti, in riferimento ad F.C., il quale risultò positivo al drug test (effettuato tramite analisi delle urine), si riportò che l’esame condotto su di egli, finanche rilevasse la presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo, non permetteva di individuare l’esatto arco temporale di assunzione dalla sostanza, così come è noto in letteratura scientifica nonché da quanto sancito dalle “Linee guida per la determinazione della sostanza d’abuso nelle urine” (Istituto Superiore di Sanità, Regione Lazio, Progetto regionale “Monitoraggio e miglioramento della qualità dei laboratori di tossicologia in ambito regionale DGR 556/2010).

Ergo, “il risultato di un’analisi di una sostanza d’abuso ottenuto su campione di urina non è correlabile all’eventuale stato di alterazione psicofisica del soggetto consumatore al momento del prelievo del campione”. Le stesse linee guida su indicate prevedono che “nei casi in cui si debba valutare l’attualità d’uso di sostanze illecite […] le indagini devono necessariamente essere eseguite su sangue […] essendo inaccettabile […] l’impiego della matrice urinaria”. Da ciò si evinse:
a) che il lasso temporale intercorso tra il sinistro e l’esame delle urine era considerevole, essendo (il secondo) avvenuto, come più volte ribadito, il giorno seguente;
b) che l’esame espletato non offriva una puntuale e precisa indicazione del momento storico di assunzione della sostanza e dei valori presenti nell’organismo. Inoltre, la ricostruzione dell’accaduto non permise di dichiarare con certezza che F.C. versasse in condizione alterate (psicofisiche), avendo egli mantenuto il corretto senso di marcia, non ponendo in essere nessuna avventata o improvvisa manovra, facendo dunque sorgere il c.d. “ragionevole dubbio”.

Redattore: Dott. Rocco Federico Magistri

 

Al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Giudice Dott.ssa Anna Lisa Polimeni, sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste nei confronti di F.C. difenso dagli Avvocati Francesco Rizzo e Salvatore De Natale.

L’uomo era stato accusato del reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacente a seguito di accertamento tossicologico svolto in un quanto coinvolto in un incidente occorso in Lipari nel 2019.

La difesa ha prima avanzato richiesta di rito abbreviato per poi concludere il procedimento provando la non colpevolezza dell’imputato.
Infatti, dall’esame delle prove emerse si è constatato come l’accertamento della presenza nelle urine di metabolici di sostanza stupefacente non è dimostrativo dell’attuale sussistenza dello stato di alterazione (richiesto invece dalla norma) in quanto ciò costituisce la fase successiva dell’assunzione della sostanza.
L’attualità degli effetti di alterazione può essere provata solo all’esito dell’esame ematico che nel caso di specie non era stato effettuato.

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