Cassazione. Sentenze e ordinanze di interesse pubblico "Case..." - Notiziario delle isole Eolie # Eolie News

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Case in riva al mare, sanatorie legittime: ricorso contro norma regionale abbattimenti

A sollevare la questione una donna di Sciacca con il ricorso ai giudici di appello del Cga volto a chiedere l’annullamento di un provvedimento del Comune

Finisce davanti alla Corte Costituzionale, dopo ben 30 anni, la legge che ha esteso il vincolo di inedificabilità a tutte le case costruite sulla spiaggia ed entro i 150 metri dal mare. Tacciata di essere una sanatoria a tutti gli effetti, per chi la propone la norma serve solo a mettere ordine e sanare una ingiustizia commessa da una legge regionale che adesso finisce nel mirino dei giudici di legittimità.

Il ricorso
E’ stata una donna di Sciacca a presentare ricorso ai giudici di appello del Cga che per chiedere l’annullamento di un provvedimento del Comune che ha respinto il condono su una costruzione realizzata nel 1982 nella fascia dei 150 metri. Adesso, a pronunciarsi sulla legge regionale del 1991 che ha esteso retroattivamente l’applicazione del vincolo di inedificabilità delle abitazioni nei 150 metri dalla costa, sarà la Corte costituzionale.

Una decisione che, dagli uffici preposti arriva a 30 anni di distanza dalla presentazione della domanda, sostenendo l’insanabilità dell’immobile ai sensi dell’articolo 15 della legge regionale 78/76, trattandosi di opere realizzate dopo il 31/12/76 entro la fascia di rispetto di 150 mt dalla battigia. La proprietaria dell’immobile ha iniziato una battaglia legale assistita dagli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino.

Provvedimento illeggittimo
Provvedimento ritenuto illeggittimo dai legali che hanno invocato l’applicabilità al caso in esame del limite dei 100 metri posto che l’immobile si trova entro i 150 metri ma comunque distante più di 100 metri dalla costa e non già dei limite dei 150 metri di cui alla legge regionale 78/76. Inoltre gli avvocati Rubino e Marino prospettavano anche la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge regionale 15/91. Articolo che, con effetto retroattivo, ha ritenuto applicabile il vincolo dei 150 metri introdotto dalla legge regionale 78/76 già a partire dall’entrata in vigore di quest’ultima norma.

“Il Cga – dicono i legali – ritenendo meritevole di approfondimento le incostituzionalità sollevate circa l’applicazione retroattiva del vincolo dei 150 metri, con sentenza non definitiva ha preannunciato la proposizione alla Corte Costituzionale dell’incidente di costituzionalità dell’articolo 2, comma 3, della legge regionale 15 del 1991 e, in subordine, dell’articolo 23 della legge regionale 37 del 1985”.

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Case entro i 150 metri dalla costa, le leggi regionali al vaglio della Consulta

La corte costituzionale si pronuncerà sulla legge regionale del 1991 che ha esteso retroattivamente l’applicazione del vincolo di inedificabilità delle abitazioni nei 150 metri dalla costa. E’ stata una donna di Sciacca che ha presentato un ricorso ai giudici di appello del Cga che per chiedere l’annullamento di un provvedimento del Comune che ha respinto il condono su una costruzione realizzata nel 1982 nella fascia dei 150 metri.

La decisione degli uffici è arrivata a 30 anni di distanza dalla presentazione della domanda sostenendo l’insanabilità dell’immobile ai sensi dell’articolo 15 della legge regionale 78/76, trattandosi di opere realizzate dopo il 31/12/76 entro la fascia di rispetto di 150 mt dalla battigia. La proprietaria dell’immobile ha iniziato una battaglia legale assistita dagli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino.

I legali hanno sostenuto l’illegittimità del provvedimento, invocando l’applicabilità al caso in esame del limite dei 100 metri di cui al previgente Piano Comprensoriale 6 (posto che l’immobile si trova entro i 150 metri ma comunque distante più di 100 metri dalla costa) e non già dei limite dei 150 metri di cui alla legge regionale 78/76. Inoltre gli avvocati Rubino e Marino prospettavano anche la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge regionale 15/91 che, con effetto retroattivo, ha ritenuto applicabile il vincolo dei 150 metri introdotto dalla legge regionale 78/76 già a partire dall’entrata in vigore di quest’ultima norma.

“Il Cga – dicono i legali – ritenendo meritevole di approfondimento le incostituzionalità sollevate circa l’applicazione retroattiva del vincolo dei 150 metri, con sentenza non definitiva ha preannunciato la proposizione alla Corte Costituzionale dell’incidente di costituzionalità dell’articolo 2, comma 3, della legge regionale  15 del 1991 e, in subordine, dell’articolo 23 della legge regionale 37 del 1985”.

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Associazione a delinquere se si creano bottiglie di falso vino pregiato
di Paola Rossi

Scatta l’associazione per delinquere se più persone organizzate con compiti diversi contribuiscono alla ralizzazione, commercializzazione o anche alla messa in vendita di vino contraffatto. Inoltre, la falsa identificazione del vino come Doc o Docg e l’uso del marchio protetto di vini pregiati comporta la violazione di plurime norme penali codicistiche e di quelle legislative speciali contro la sofisticazione di questo prodotto alimentare.

La Corte di cassazione - con la sentenza n. 13767/2024 - ha confermato per il ricorrente la condanna per assosciazione a deliquere in quanto aveva partecipato alla finalità illecita dell’organizzazione impegnandosi a reperire e a usare falsamente le fascette di garanzia del vino apposte sulle bottiglie col fine di ingannare i potenziali acquirenti sulla genuina provenienza e qualità del prodotto.

La Cassazione conferma la condanna anche dove il ricorrente aveva contestato l’imputazione per i reati previsti dagli articoli 473 e 517 ter del Codice penale che egli voleva far ritenere in rapporto di specialità e, di conseguenza, non contestabili entrambi separatamente. Le condotte di falsificazione del marchio e di falsa identificazione del vino, con utilizzo di segni distintivi e di cosiddette impronte ammnistrative, a tutela della genuinità del prodotto costituiscono i presupposti per l’applicazione di entrambe le fattispecie.

Infatti, non è solo la proprietà industriale a essere stata violata e punita, ma correttamente anche l’uso infedele di segni di stintivi del vino e della certificazione amministrativa relativa. Concorrono, quindi, per le etichette e i marchi indebitamente utilizzati nella vicenda di sofisticazione, i reati di “introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi” (articolo 474 Cp), di “contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni” (articolo 473 Cp) e di “contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione” (articolo 469 Cp).

Il danno da demansionamento del lavoratore può essere provato anche per presunzioni

Inquadramento del lavoratore - Demansionamento - Prova attraverso l’allegazione di presunzioni gravi, precise e concordanti - Ammissibilità - Sussistenza.

La prova del danno da demansionamento può essere data, ai sensi dell’art. 2729 c.c., anche attraverso l’allegazione di presunzioni gravi, precise e concordanti, sicché a tal fine possono essere valutati, quali elementi presuntivi, la qualità e quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità .

Bonus edilizi, dallo stop rapido al rifiuto successivo: tutte le strade per annullare le cessioni
La circolare 6/E ha consentito di cancellare gli effetti di trasferimenti di crediti già accettati. Nel corso degli anni dall’agenzia delle Entrate sono arrivati molti strumenti per tornare sui propri passi

di Luca De Stefani

Il rifiuto della cessione di crediti effettuata nella piattaforma, previsto dalla circolare 6/E/2024, si aggiunge a molte altre possibilità di ripensamento per cedente e cessionario. La comunicazione di opzione di cessione di un credito generato da un bonus edile o di sconto in fattura, inviata alle Entrate, può essere annullata entro il quinto giorno del mese successivo a quello di invio.

Terzo condono edilizio in area vincolata: quando è ammissibile?
Le condizioni previste dalla legge n. 326/2003 sono più stringenti rispetto a quanto stabilito dalla precedente normativa in materia.

Ottenere il condono edilizio in caso di abusi edilizi commessi in area vincolata non è sicuramente cosa semplice e, oltre alla consistenza degli interventi, a rilevare sono la data di apposizione del vincolo e quella di ultimazione dei lavori.

Questo perché l’evoluzione della normativa condonistica ha imposto nel tempo dei limiti più stringenti, rendendo la sanatoria più complicata per edifici in area assoggettata a vincoli paesaggistici, che siano di natura relativa o assoluta, o in un’area in cui vige il divieto, anche solo relativo, di poter edificare.

A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1707 del 20 febbraio 2024, che ha disposto l’inammissibilità del ricorso proposto contro il preavviso di rigetto dell’istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 326/2003, in riferimento ad un immobile residenziale costruito senza titoli in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico.

Come ricordano i giudici di Palazzo Spada, il c.d. “terzo condono edilizio”, con l’art. 32, comma 27, del D.L. n. 269/2003, convertito con legge n. 326/2003, prevede disposizioni molto più restrittive rispetto a quelle previste dal primo condono (Legge n. 47/1985) e dal secondo condono (Legge n. 724/1994).

Nel dettaglio la norma: vieta, comunque, la sanatoria, per quelle opere che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”;

esclude la possibilità di sanatoria per le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 alla legge, ossia le nuove costruzioni realizzate su aree soggette a vincoli paesaggistici, qualora non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, a prescindere dal se questi ultimi contengano vincoli di inedificabilità assoluta o relativa;
ammette la sanatoria solo in caso di interventi minori, rientranti nelle categorie di “restauro e risanamento conservativo” o di “manutenzione straordinaria”, in base alle categorie di interventi di cui all’art 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

La sanatoria è ammessa per opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo;
b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
d) vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo.
Affinché gli abusi siano sanabili, è comunque fondamentale che gli interventi siano stati conseguiti in riferimento a fabbricati già esistenti, e che risultino rispettate le norme urbanistiche e le prescrizioni degli strumenti urbanistici e si tratti di interventi minori, rientranti nelle categorie di “restauro e risanamento conservativo” o di “manutenzione straordinaria”, in base alle categorie di interventi di cui all’art 3 del d.P.R n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Viceversa, non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità

La normativa relativa al terzo condono, in particolare all’art. 32 (“Misure di repressione dell’abusivismo”), prevede quindi la totale impossibilità di rilascio del titolo in sanatoria per gli abusi edilizi realizzati in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, se sussistono congiuntamente due condizioni:

il vincolo di inedificabilità è stato imposto in data antecedente alla realizzazione degli abusi;
le opere sono state conseguite senza permessi o in difformità dagli stessi, e non risultano conformi ai regolamenti urbanistici.
Il Consiglio sottolinea che, in presenza di tali violazioni, l’abuso non potrebbe beneficiare del condono edilizio neanche se l’Autorità preposta alla tutela del vincolo dovesse dare parere positivo al rilascio.

Nel caso in esame, l’unità abitativa è stata costruita senza il permesso di costruire, senza il rispetto dei regolamenti urbanistici e all’interno di un’area sottoposta non solo a vincolo paesaggistico, ma anche sottoposto a tutela per rischio idrogeologico.

In riferimento al vincolo paesaggistico esistente sull’immobile, peraltro, è del tutto irrilevante il fatto che il vincolo di inedificabilità abbia carattere assoluto oppure relativo, e non risulta applicabile neanche la procedura di sanatoria mediante rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), perché le opere abusive insistono all’interno di un’area in cui, in base ad apposita legge regionale, non possono essere conseguite opere di modifica dell’assetto urbanistico-edilizio esistente mediante la realizzazione di nuovi volumi e superfici. Il ricorso è stato dunque respinto.

Condono, agli edifici rurali non si possono applicare le regole dettate per le case
Il Tar Campania accoglie il ricorso del proprietario contro il Comune. In questi casi si possono considerare ultimati anche gli immobili non rifiniti

di Davide Madeddu

Nel caso di istanze di condono per fabbricati rurali non può applicarsi la disciplina che riguarda gli immobili a uso residenziale che (ai fini del condono) impone l’obbligo del completamento funzionale. Con questa motivazione il Tar della Campania (sezione staccata di Salerno), con la sentenza n.236/2024 ha accolto il ricorso di una persona contro il Comune di Positano che aveva respinto due istanze di condono e due istanze di accertamento di compatibilità paesaggistica e ordinato la demolizione.

Nuovo condono edilizio, potrebbe essere nel 2024
Le ultime notizie dalla politica ci prospettano un possibile nuovo condono edilizio per il 2024. Non esiste ancora alcuna certezza in merito, ma si parla sempre più insistentemente della possibilità per i contribuenti di sanare alcuni abusi edilizi minori anteriori al 1977, individuati dal D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

L’abusivismo edilizio in Italia è un problema piuttosto diffuso, concentrato principalmente al meridione e lungo le zone costiere. Nel periodo che va dal 2004 al 2022, nelle regioni più a rischio – Sicilia, Puglia, Calabria, Campania e Lazio – le demolizioni messe in atto hanno riguardato circa il 15% degli immobili abusivi per cui è stato ordinato l’abbattimento (in totale più di 70.000), cioè solo il 24,5% del totale. I dati giungono dal terzo report di Legambiente sull’abusivismo edilizio.

Vediamo quindi nel dettaglio cosa sono i condoni edilizi e cosa dovrebbe prevedere la nuova sanatoria. Condono o sanatoria?

Cosa si intende precisamente per abuso edilizio? In poche parole, si ha un abuso edilizio quando si interviene su un immobile o si effettuano dei nuovi lavori edilizi senza ottenere prima il permesso di costruire.

In un’eventualità del genere bisogna riparare l’errore assicurando la conformità dell’edificio rispetto a quanto dichiarato. La legislazione italiana offre ai cittadini due possibili soluzioni: la sanatoria e il condono. Cosa differenzia queste opzioni?

Nel caso della sanatoria, si tratta del pagamento di una sanzione: una volta riscossa la somma, il cittadino è in grado di rimuovere le irregolarità rispetto alla normativa in vigore.

Il condono edilizio è, invece, più complesso da ottenere perché dipende da una concessione del Parlamento che, mediante una legge apposita e con delle tempistiche limitate, permette di sanare gli abusi edilizi.

Ma cosa può essere sanato? Non a tutte le difformità edilizie si possono applicare questi due iter di riparazione dell’illecito. Esistono, infatti, anche degli abusi edilizi non sanabili, che non possono essere messi in regola in alcun modo, neanche dietro pagamento di una sanzione amministrativa. L’unica procedura permessa in tali casi è la demolizione: gli immobili edificati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, per esempio, devono essere necessariamente smantellati.

La proposta di Salvini sul condono edilizio
La proposta di questo nuovo condono per gli abusi edilizi, teoricamente previsto per il 2024, è stata messa in campo dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Il ministro ha infatti parlato dell’esistenza di migliaia di violazioni urbanistiche e architettoniche minori, che potrebbero essere regolarizzate portando diversi benefici allo stato italiano.

Salvini ha tenuto a precisare che il condono non riguarderebbe indistintamente tutti gli edifici non conformi alla normativa vigente. Se la misura fosse approvata e trasformata in legge, tramite il “Decreto Anticipi”, porterebbe ad una sanatoria automatica di alcuni abusi estremamente specifici. In primo luogo, le irregolarità posteriori alla data del 30 gennaio 1977 non sarebbero coinvolte in questo ipotetico condono. Inoltre, il ministro ha ribadito che la regolarizzazione non si applicherebbe a ville, abitazioni in aree sismiche o edifici sulle spiagge.

In sostanza, l’intervento sanatorio coinvolgerebbe solamente “irregolarità non essenziali” e lascerebbe fuori tutte le violazioni edilizie nelle zone a rischio idrogeologico.

Il blocco delle opposizioni e di alcuni partiti di maggioranza
La proposta ha suscitato moltissime critiche e polemiche, sia all’interno della stessa maggioranza di governo che tra le opposizioni politiche. Nell’acceso dibattito che è scaturito in seguito alle dichiarazioni di Salvini, è emersa l’opinione di molti commentatori secondo cui la misura non avrebbe alcuna utilità pubblica, se non quella di agevolare chi commette abusi edilizi contravvenendo alle norme.

D’altra parte, un altro gruppo di politici sostiene che simili condoni fiscali, se limitati a difformità minime, siano in realtà un beneficio per le finanze statali. Alcuni membri dell’opposizione, hanno invece definito la proposta del ministro “criminogena”. Anche diversi rappresentanti della maggioranza si sono allontanati dalla linea espressa dalla Lega dicendosi più propensi a lavorare sul tema della rigenerazione urbana, adottando una strategia a lungo termine.

Insomma, la proposta sembrerebbe ancora lontana da una possibile attuazione futura in un clima politico così teso e traballante sulla questione dell’abusivismo edilizio.

Condono edilizio per il 2024: cosa aspettarsi
Il condono edilizio 2024 ha prodotto, naturalmente, molta curiosità in merito. Ci si domanda quali saranno i requisiti per ottenerlo e quali norme saranno previste. È necessario quindi muoversi per tempo, tenendosi sempre aggiornati sulla normativa e sulle procedure individuate dal legislatore per sanare gli eventuali abusi edilizi.

Distanze, 1444 derogabile solo in caso di gruppi di edifici previsti in un piano particolareggiato
La Cassazione precisa che la deroga prevista dall’articolo 9, comma 3 non può valere per un solo fabbricato inserito in un contesto edificato

di Massimo Frontera

«Agli effetti dell’art. 9, comma 3, del d.m. n. 1444 del 1968, sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi di tale norma soltanto a condizione che sia stato approvato un apposito piano particolareggiato o di lottizzazione esteso alla intera zona, finalizzato a rendere esecutive le previsioni dello strumento urbanistico generale, contenente le disposizioni planivolumetriche degli edifici previsti nella medesima zona.

Il carcerato è un lavoratore privato e i suoi crediti non si prescrivono
La condizione di soggezione in cui si trova il detenuto, rispetto al suo datore di lavoro, impedisce il decorso della prescrizione

di Patrizia Maciocchi

La condizione di soggezione nella quale il lavoratore carcerato si trova rispetto al suo datore di lavoro, impedisce il decorso della prescrizione per i crediti che vanta nei confronti del ministero della Giustizia. Nè via Arenula può costituirsi nel giudizio contro di lui, avvalendosi di un suo funzionario, come può fare quando la causa riguarda dei pubblici dipendenti, perché il rapporto che si instaura con il detenuto-lavoratore è di tipo privato.

La Corte di cassazione, respinge così il ricorso del ministero, contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato a pagare circa 5.200 euro, come differenze retributive dovute ad una carcerato che, all’interno dell’istituto di pena, aveva svolto molti ruoli, dallo scopino allo spesino, dall’aiuto cuciniere all’addetto alle pulizie. Attività per le quali non era stato adeguatamente retribuito. L’amministrazione ricorrente, che si era costituita in giudizio con un suo funzionario, non negava di essere inadempiente ma sosteneva che il diritto del detenuto-lavoratore era prescritto perché erano passati più di cinque anni dalla domanda, senza che lui avesse fatto alcun atto per interrompere il countdown.

Il ministero contestava anche la decisione della Corte territoriale di considerare irrituale la sua costituzione in giudizio attraverso un funzionario, senza essere difesa da un avvocato. Una possibilità che via Arenula rivendicava, perché nella cause di lavoro con i pubblici dipendenti è possibile per l’amministrazione essere rappresentata dai funzionari, senza difesa tecnica.

Carcere come struttura aziendale
Per la Suprema corte entrambi i motivi sono infondati. I crediti del lavoratore che si trova ristretto in carcere, infatti, non si prescrivono nei 5 anni, proprio in considerazione della condizione di privazione della libertà e di soggezione in cui si trova rispetto al suo datore.

Responsabilità e accertamento d’ufficio nei confronti del liquidatore
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’azione di responsabilità

Qual è la natura dell’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore giudiziale?

Qual è il rapporto tra la responsabilità del liquidatore e l’obbligazione tributaria della società rimasta inadempiuta? Con la recente pronuncia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente delineato gli aspetti e i presupposti connessi all’azione di responsabilità intrapresa nei confronti del liquidatore di una società.

Molestie via social, niente reato perché la vittima può disattivare le notifiche al cellulare

La disciplina penalistica del nostro Paese punisce con la reclusione fino a 6 mesi chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per ‘petulanza’ o per altro biasimevole motivo, reca ad altri molestie. Molestie e seccature che a causa della moderna tecnologia, che ha trasformato i telefoni cellulari in vere e proprie centrali operative di social e corrispondenza mail.

Ancora riconoscimenti da Montecarlo per l'artista Ettore Giulio Resta

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BEl.MAR.COSTRUZIONI S.R.L. è un’impresa operante nel settore edile ed immobiliare, con sede a Lipari, Isole Eolie, nata dalla trentennale esperienza del suo fondatore, geom. Antonino Bellino e portata avanti brillantemente dall'erede, l'ingegnere Mauro Bellino. L’impresa si occupa di costruzione di nuove abitazioni residenziali e commerciali, ristrutturazioni e restauro di edifici pubblici e privati , di lavori di movimento terra, opere idrauliche e infrastrutture, ma anche di permute immobiliari e lottizzazioni. info@bellinocostruzioni.it 

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