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di Ennio Fiocco

Mercanti e corsari eoliani del 1400

Alquanto scarni sono i documenti e le notizie del XV secolo sulle isole Eolie, soprattutto per la presa dell'isola avvenuta nel 1544 da parte di Kheir-ed-Din Hayreddin che ha schiavizzato in massa gli abitanti. Pur tuttavia, cercherò di apportare con questa mia breve ricerca un piccolo contributo alla storia della comunità. Già in un mio lavoro, pubblicato nel 2021 sul Notiziario, dal titolo “Nicola de Franco da Lipari e il suo schiavo nel 1491” ho evidenziato che sulla piazza degli schiavi di Genova un certo “Lodisio Ropolli, commissario del re d'Aragona, vende il moro Cristoforo a Nicola de Franco da Lipari...”.

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Nella rivista Humanities, Anno XI, Numero 21, del Giugno 2022 viene riportato che “nel periodo dal 1413 al 1433, la pomice di Lipari è stata utilizzata nella costruzione della Cappella di Santa Maria del Fiore a Firenze, dove serviva per la levigatura del marmo”. Ciò prova la sussistenza dei grandi traffici intercorrenti via mare. La storia economica della Sicilia, infatti, dimostra ampiamente la piena vitalità dell’isola nei traffici e nei commerci con diverse province del Continente italiano e con quelle dell’Africa settentrionale. In molti documenti del XV secolo vengono attestati la ricchezza dei commerci e delle arti.

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Nel periodo esaminato veniva impiegata anche la Saettia”, che era una imbarcazione usata per il trasporto di mercanzie come grano, tabacco, tessuti, legname, sale e altre merci. Anche i marinai siciliani e delle Eolie la usavano per il commercio ed anche come nave corsara, con compiti di perlustrazione e di inseguimento. La Saettia di avvicinava alla “Polacca”, salvo che quest’ultima aveva la vela maestra e la mezzana quadre, ed il trinchetto armato a latina, e come dimensioni, la Polacca era più grande dell'altra.

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La Saettia, considerate le sue speciali caratteristiche è stata impiegata per fini commerciali e militari dal XII secolo fino al 1700, con il suo massimo sviluppo nel 1500. In Sicilia il piccolo vascello ha una caratteristica: è a tre vele, per lo più quadre. Da un'ulteriore ricerca ho rinvenuto che il primo luglio del 1474 un certo “Giovanni Bandino di Lipari carica sulla saettia di Lazzaro Castellano di Positano 45 vegge di vino del Cilento per trasportarli fino a Palermo.” (La “veggia” è il “barile, la botte”).

Non bisogna poi tralasciare la c.d. guerra di corsa con i suoi vari fenomeni che la contraddistinsero. Si tratta di una vera e propria guerra tra il mondo cristiano da una parte e quello musulmano dall’altro, dove i litorali e i mari della Sicilia e delle isole - come le coste di tutta la penisola meridionale - vennero a trovarsi esposti alle aggressioni dei mori che, con rapide azioni militari riuscivano nella cattura di interi equipaggi, o di uomini, donne e bambini indifesi nel caso delle incursioni di terra. La guerra di corsa esprime, quindi, un fenomeno che dominò la vita del Mediterraneo per circa tre secoli con la cattura di schiavi bianchi, seguiti poi solo per una piccola parte con la pratica del riscatto.

Il contrasto alle incursioni da parte delle autorità siciliane divenne presto di difficile attuazione a causa delle difficoltà politiche ed organizzative dei ripari costieri e il solo rimedio era la fuga scomposta dalla costa verso l’interno o nei nei luoghi più scoscesi posizionati in alto ed inaccessibili per gli assalti (almeno per le isole Eolie). Anche Lipari, assieme ad altre città siciliane (Trapani, Siracusa, Messina, Sciacca e Palermo) divennero fiorenti nella pratica corsara “risultando un non disdicevole investimento mediante il quale alcune tra le più nobili famiglie fecero fortuna” e “la partecipazione della marineria siciliana alla guerra non dichiarata che vigeva nei mari, a cavallo del XV e XVI secolo, fu notevole e ben presto la brama di bottino divenne tanto forte da spingere i corsari isolani a non risparmiare neppure il naviglio delle Nazioni amiche...”.

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In una pubblicazione “I Siciliani e la guerra di corsa” di R. Giannì, si evince che nella “Estate 1438 Rajnieri di Bonfiglio da Lipari cattura con la sua galeotta due brigantini armati da mercanti maiorchini al servizio del re di Tunisi”.
Rajnieri di Bonfiglio da Lipari, Bandino di Lipari e Nicola de Franco da Lipari - assieme a tantissimi altri di cui purtroppo non abbiamo traccia - sono stati sicuramente coraggiosi ed intraprendenti in quanto hanno reso onore alla comunità eoliana.

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