mgiacomantonio1di Michele Giacomantonio

I fedeli delle parrocchie San Pietro, Cattedrale, Porto Salvo si sono recati a Pianoconte nella chiesa parrocchiale per pregare dinnanzi alla statua della Madonna del Terzito che è lì da alcuni giorni proseguendo nella visita alle parrocchie dell'isola. La S. Messa è stata celebrata da Mons. Gaetano Sardella.

L'INTERVENTO.

di Gaetano Sardella

Bella esperienza questa sera pellegrinaggio a Pianoconte della parrocchia di San Pietro con i bambini di prima comunione, le suore e un bel gruppo di fedeli. La messa l'ho celebrata insieme a Don Lio. I canti sono stati eseguiti dal coro di Porto salvo. Si è pregato per la santificazione dei sacerdoti. Tutto si è cponcluso con un momento conviviale. Voglio esprimere la nostra gratitudine a Don Lio pe rla generosa accoglienza.

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Il prossimo anno il cimitero di Lipari compirà 150 anni dalla sua inaugurazione. Fu allora un atto di grande civiltà che spero l’Amministrazione comunale voglia ricordare. Prima i morti venivano seppelliti nelle chiese: vescovi, nobili, signori e qualche canonico in apposite tombe coperte da epigrafe funerarie, la gran maggioranza della gente in fosse comuni strapiene “pigiando con pali o con i piedi” i cadaveri di vecchia data per fare spazio ai nuovi.
Certo siamo contenti della informazione che pubblica l’Assessore Sardella che sono cominciate le grande pulizie nei cimiteri e che andranno avanti anche nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Il decoro dei nostri cimiteri è anche questo un gesto di civiltà come garantire che le fontanelle funzionino e siano costantemente rifornite di acqua e che le buche che si formano siano immediatamente coperte.

Eppure, per celebrare i 150 anni del Cimitero di Lipari noi ci augureremmo qualcosa di più: ci augureremmo che finalmente vengano realizzati i loculi dell’area di entrata che attendono da 16 anni ma ci augureremmo anche che venga progettato un intervento di riqualificazione integrale del nostro cimitero e di sua valorizzazione.
Se vi fate una passeggiata per il Camposanto di Lipari, ma temo che lo stesso valga anche per gli altri, vi accorgerete che forse la metà delle tombe è dissestata. Soprattutto quelle a terra che rischiano di essere cancellate e con loro la memoria di chi vi è sepolto. Che cosa si può fare?

Il terreno dove sorgono le tombe a terra come anche i loculi non sono di proprietà dei familiari del defunto questi hanno solo un diritto di superficie, se riguarda la terra, o un diritto d’uso se riguarda i loculi. Per l’intera durata della concessione la proprietà del manufatto realizzato dal concessionario resta in capo a lui o ai suoi eredi. A norma dell’art. 38 del Regolamento Comunale Cimiteriale la concessione dura novantantanove anni “con l’obbligo di garantirne la manutenzione ordinaria e salvaguardare il decoro della sepoltura stessa”. La concessione cimiteriale si estingue alla scadenza e può essere revocata o può essere pronunciata la decadenza dal Comune per giusti motivi.

Con ogni probabilità più di metà delle tombe quindi sono fuori norma perché non è stata effettuata la manutenzione ordinaria e non è stato garantito il decoro della sepoltura e quindi la concessione è a rischio di decadenza. Ciò che proponiamo all’Amministrazione è che dia incarico al suo ufficio tecnico di compiere una radiografia di tutte le tombe del cimitero segnalando quelle “fuori regola” e quelle la cui concessione è scaduta. Non è un lavoro impossibile con le nuove tecnologie informatiche e coordinando i registri delle concessioni depositati negli uffici e la nuova mappatura che dovrà realizzare l’ufficio tecnico.

A questo punto, come è già stato fatto per i loculi del piano di entrata – cinque/sei anni fa - quando si è realizzata la estumulazione, si avvertono le famiglie dei defunti le cui tombe si trovano in condizione di irregolarità e si da loro un tempo congruo per rimediare: o l’intervento di manutenzione o lo spostamento dei resti in quelle che vengono chiamate, un pò cinicamente, “colombaie”. Cioè loculi più piccoli in grado di accogliere la cassetta dei resti. Fuori da questa norma rimarrebbero le tombe di un certo rilievo storico ed architettonico come anche le tombe di cittadini illustri che hanno fatto la storia della nostra comunità. Queste tombe vanno tutelate e salvaguardate ponendole sotto la responsabilità diretta dell’Amministrazione comunale.

Avremmo così finalmente un cimitero decoroso ed il problema della carenza di spazio o di loculi sparirebbe sicuramente.
Voi pensate che questo sia un sogno? Certamente non ci sembra un obiettivo alla portata di questa Amministrazione anche se ci augureremmo di essere smentiti. Purtroppo a sostenere il nostro pessimismo sono questi quattro anni trascorsi nei quali siamo passati, gradualmente e dolorosamente, dall’entusiasmo iniziale alla disillusione attuale. Comunque la speranza è sempre l’ultima dea a lasciare i sepolcri…..

Il 12 maggio scorso Papa Francesco ha annunciato l'intenzione di istituire una Commissione di studio sul diaconato femminile, di cui si fa menzione nella Tradizione della Chiesa primitiva, ritenendo che le donne diacono sono "una possibilità per oggi".

Forse è interessante conoscere che nella chiesa liparense dei primi secoli – la Santa e Cattolica Chiesa dei Liparéi come si legge in una epigrafe del V secolo  - può essere esistita almeno una diaconessa che si chiamava Proba.

L’epigrafe funeraria su cui si basa questa ipotesi, fu rinvenuta nel gennaio del 1981 nel corso di una delle ultime campagne di scavo condotte da Luigi Bernabò Brea e da Madelene Cavalier nel cosiddetto “predio” Zagami in contrada Diana e risalirebbe alla seconda metà del V secolo. Lo scritto, in lingua greca, molto compromesso ed in parte cancellato è stato frutto di molte elaborazioni anche con tecniche digitali e di molte discussioni, oggi si trova nella sezione romana, bizantina, medioevale e moderna del Museo archeologico eoliano “L.Bernabò Brea”, sala XXVI (inv.13978).

Qui pubblichiamo due immagini di questa epigrafe tratte da A. Pagliara, Epigraphica Liparensia. Una proposta per l’ortodossia di Proba.

    

L’iscrizione è stata così ricostruita:

Abbiamo utilizzato la traduzione italiana del prof. Giuseppe Iacolino mettendo al posto delle parole fra parentesi, frutto di congetture, dove le lettere sono cancellate o non si riescono ad interpretare, i puntini lasciando aperta l’interpretazione . La frase che ne risulta è la seguente:

“Si è addormentata in lungo sonno …….nella pace la serva … Dio Proba……. di Cristo.. della Santa e Cattolica Chiesa dei Liparei, moriva di anni 20 avanti al primo delle calende di settembre”[1].
 

Il primo vuoto potrebbe essere ricostruito con le parole “nella fede e”, il secondo con “di”, l’ultimo con “e”.  Il punto più controverso è dato dalla parola che segue il nome Proba e precede  “di Cristo e della Santa e Cattolica Chiesa dei Liparei”.

Santi Luigi Agnello, che alla epigrafe ha dedicato un attento studio, osserva che “di regola, ma con numerose eccezioni, le parole ‘della santa chiesa cattolica’ sono precedute dal titolo del ministero cui il defunto era ascritto”[2], e pur con alcuni dubbi, avanza l’ipotesi che questo possa essere dicono/essa[3].

Già il titolo di diacono attribuito alle donne aveva nella Chiesa primitiva, in genere, un significato riduttivo. Il vescovo Epifanio di Salamina, (Eleuteropoli, 315 circa – 403), venerato dalle Chiese cattolica e ortodossa come santo e Padre della chiesa ha scritto,  probabilmente fra 374/375 e 377/378, il Panarion che costituisce una fonte preziosa sulla Chiesa del IV secolo. Nella sua opera egli torna per ben due volte su questo argomento.
 «E’ vero – afferma nel primo intervento - che nella Chiesa esiste l'ordine delle diaconesse, ma non per esercitare funzioni sacerdotali , né per affidare loro qualche compito, ma a causa della decenza del sesso femminile, o al momento del battesimo , o per l'esame di una sofferenza o di un dolore, o quando il corpo della donna dev'essere denudato, perché non sia esposto alla vista degli uomini che officiano, ma sia visto dalla diaconessa  che riceve dal sacerdote l'ordine di prendersi cura della donna nel momento della sua nudità; così l'ordine della disciplina e la regola ecclesiastica sono assicurate assai solidamente e saggiamente dal canone. Perciò la parola divina non permette a una donna di parlare nell'assemblea né di esercitare autorità sull'uomo (cf. 1 Cor. 14, 34; 1 Tim. 2, 12) (...). Inoltre, bisogna osservare che quando l'organizzazione ecclesiastica ha avuto bisogno  di diaconesse: ha nominato vedove, e le più anziane tra queste sono chiamate “presbitere”, ma non ha mai ammesso delle donne presbitero o sacerdotesse. Neppure gli stessi diaconi, d'altronde, si sono visti affidare nell'organizzazione ecclesiastica il compito di celebrare alcun sacramento, ma soltanto quello di collaborare ai sacramenti celebrati».

 Il secondo testo di Epifanio sulle diaconesse si trova nel De fide, che segue il Panarion. Dopo aver presentato i diversi stati della vita (verginità, vita solitaria, continenza, vedovanza, matrimonio), egli espone l'esigenza della continenza nel matrimonio e l'esclusione delle seconde nozze per coloro che fanno parte del clero: il vescovo, il presbitero, il diacono e il suddiacono. Resta escluso da quest'obbligo l'ordine dei lettori . Quanto alle diaconesse ripete che  sono stabilite unicamente per il servizio delle donne a causa delle decenza allorché si presenta il bisogno, a causa del battesimo ( o per esaminare i loro corpi). Le diaconesse devono essere state sposate una sola volta ed essere continenti o vedove dopo un solo matrimonio o sempre vergini».

Le diaconesse, dunque ,- osserva il prof.  Giovanni Antonio Nigro dell’Università di Bari - occupavano una posizione intermedia all'interno dell' “organizzazione ecclesiastica”, dopo diaconi, suddiaconi e lettori e prima di esorcisti, traduttori, becchini e portinai; gli obblighi loro imposti in materia di matrimonio sono gli stessi di quelli dei membri della gerarchia sacerdotale, di cui però non fanno parte: i loro compiti liturgici o caritativi sono sostanzialmente limitati all'assistenza delle donne al momento del battesimo e in caso di malattia. Non si accennava invece ad un loro ruolo  nella catechesi[4].

Certo quanto scriveva il vescovo Epifanio era l’indirizzo generale poi vi potevano essere sempre differenziazioni da luogo a luogo. Comunque sul significato di quelle tre lettere che seguono il nome di Proba non c’è unanimità fra gli studiosi.

 Secondo il Manganaro[5] Proba sarebbe  stata una ostaria . Gli ostari erano il primo gradino dell’ordine ecclesiastico e rappresentavano una sorta di filtro fra l’esterno e l’interno dei luoghi di culto, delle Chiese e dei monasteri, in particolare lei sarebbe stata una sorta di portiera della Chiesa Madre di Lipari. Secondo invece il Ferrua sarebbe stata addirittura la moglie dell’ostarius[6].

Infine una terza interpretazione leggerebbe in quelle lettere di una parola monca il termine “pesciolino[7]. Infatti Tertulliano in De baptismo (1, 3), per dire che il Battesimo ci fa seguaci di Gesù Cristo, porta la figura del pesce e dell’acqua: i primi cristiani usavano come simbolo ignoto ai pagani la figura del pesce, (in greco icthus) da questa parola formavano un acrostico per ricordare Gesù: Iesos Christos Theou Uiòs Sotèr e cioè: Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore. Da qui il termine “pesciolini” per indicare i cristiani :«Noi pesciolini nasciamo nell’acqua, secondo il Pesce nostro Gesù Cristo».

Qualunque fosse il ruolo di Proba una diaconessa con funzione di Portiera della Chiesa Madre, moglie dell’ostiarius, o semplice cristiana battezzata, quegli anni erano per la Santa Chiesa di Lipari anni difficili. Lo si desume dalla stessa epigrafe funeraria di Proba. Infatti osserva l’Agnello[8] che la maggior parte delle formule e delle espressioni che compongono l’”iscrizione“ – dormitio, titolo di devozione, età vissuta, indicazione della data di morte – è molto diffusa anche nelle iscrizioni siciliane. Del tutto eccezionale è invece la menzione della “santa chiesa cattolica” che compare la prima volta nell’epigrafica siciliana.  Dopo l’editto di Teodosio del 380, “cattolico” sta per ortodosso e non più per “universale” quindi si deve presumere che  a Lipari ci fossero degli eretici e per questo viene sottolineato che Proba era “cattolica” cioè ortodossa come in altre epigrafe di Lipari vengono richiamati altri dati di fede come la Trinità nell’epigrafe di Asella.

L’eresia di cui si parla e che dovrebbe essersi insediata a Lipari è quella di Ario portata probabilmente dai Vandali invasori anche se, secondo il Pagliara[9], le Eolie, come Ustica, devono avere svolto soprattutto un ruolo di presidio per qualche gruppo di cristiani sfuggiti alle persecuzioni vandaliche . Ma, lo stesso Pagliara, non esclude che a Lipari possa essersi sviluppato un gruppo ariano in concomitanza con l’esilio di Attalo[10] nell’isola di Lipari voluta da Onorio. Attalo,  il cui arianesimo,  sincero o  strumentale  che fosse, era risaputo.

Addirittura il Pagliara per sostenere la rilevanza nelle Eolie della presenza di Attalo si lancia in una tesi avventurosa.  Ad Attalo sarebbe stato intestato addirittura nelle Eolie un isolotto nei pressi di Panarea che il linguaggio popolare avrebbe distorto in Dattalo (sic). Ed a riprova di questo il Pagliara cita l’Houel che nel suo Voyage parlando di esso continuerebbe a chiamarlo “isola di Attalo”. Una ipotesi tirata per i capelli perché l’isolotto-scoglio non si chiama Dattalo ma Dattilo e il nome con ogni probabilità deriva dal greco antico dáctylos (δάκτυλος), ossia “dito”, a causa della sua forma  di  roccia slanciata verso il cielo che assume appunto la forma di un dito .


[1] G.Iacolino, Le Isole Eolie nel risveglio delle memorie sopite. Il primo millennio cristiano, Lipari 1996, pag.68.

[2] Santi Luigi Agnello,  L’iscrizione di Proba,  in  L. Berabò Brea, Le Isole Eolie dal tardo antico ai Normanni, Ravenna 1989

[3] A. Pagliara, Epigraphica Liparensia. Una proposta per l’ortodossia di Proba, in “Seia” , 6-7, 2001-2002

[4]   Diaconi e diaconesse in Epifanio di Salamina: un rapporto problematico? , in www.accademia.eu

[5] G.Manganaro, Greco nei pagi e latino nelle città della Sicilia “romana” fra  il I e VI secolo dopo Cristo, in Epigrafia del villaggio, Atti del Colloquio Borghesi, Forlì 27-30 settembre 1990, Faenza pp. 543-594

[6] A. Ferrua, Note e giunte alle iscrizioni cristiane antiche della Sicilia, Città del Vaticano.

[7] G.Iacolino, op.cit.

[8] S.L. Agnello, L’iscrizione di Proba, op. cit,

[9] Op. Cit.

[10]  Lietta De Salvo, Le isole Eolie come luogo di relegazione nella tarda antichità, in “www.archiviostoricoeoliano.it

---Non posso non esprimere soddisfazione per il fatto che finalmente esista una legge per le unioni civili. Sono convinto che è un fatto di civiltà superando un pregiudizio contro persone che non meritano l’ostracismo ed il discredito di cui soffrono quotidianamente. Sono contento che la legge sia passata alla Camera con un’ampia maggioranza che forse sarebbe stata maggiore se il Governo non avesse posto la fiducia. Ma si è voluto forse mettere fine alle discussioni ed agli emendamenti che avrebbero prolungato i tempi all’infinito.

Mi colpisce invece l’atteggiamento dei dirigenti del Family day che minacciano di vendicarsi nel referendum sulla riforma costituzionale. Per dei cristiani la vendetta non è mai un buon sentimento e certamente stride con quella misericordia che anche la Chiesa italiana dice di volere praticare sotto la spinta di papa Francesco ma che di fronte a questo problema non si scorge proprio. Mi scandalizza che si covino sentimenti di vendetta ma non mi piace nemmeno che i vescovi a questo proposito entrino nel merito delle tecniche parlamentari prendendo posizione contro il voto di fiducia. Lo si è fatto perché si voleva che il voto per le unioni civili fosse più consistente? Non credo proprio. Temo che la Chiesa italiana non abbia ancora fatto tesoro della lezione del referendum sul divorzio di quarant’anni fa quando scoprì un popolo che non era più in sintonia con le sue paure le sue tentazioni, per usare le parole del papa, pelagianiane cioè che confida nel sostegno delle leggi umane più che dello Spirito. E al di là di cosa ne pensi Giovanardi, anche questa volta, se si volesse un referendum per tornare indietro e cancellare un diritto guadagnato con fatica, il popolo – e gran parte anche di quello cristiano – saprebbe individuare da che parte stia la misericordia.

Indubbiamente si tratta di un successo di questo Governo ed in particolare del PD che mi fa essere orgoglioso di appartenere a questo partito al di là dei problemi liparesi e della convivenza con compagni tremebondi che si accontentano di vivacchiare tenendo basso il profilo ed hanno paura di assumersi delle responsabilità.

Notizie dal fronte del …Cimitero di Lipari.
Finalmente la buca del cimitero è coperta. E’ bastata una giornata di lavori per chiudere tre mesi di attesa mentre l’acqua della pioggia scavava sotto le tombe e sulle fondamenta della Chiesa e del Monastero dei Cappuccini.
Una buona notizia anche riguardo ai loculi del piano terra. Grazie all’interessamento del Vice Sindaco Orto – con cui mi scuso per il rimprovero amichevole che gli avevo rivolto – si è saputo, squarciando un fitto velo di omertà, che i lavori sono rimasti bloccati per quindici anni perché c’era la carenza di un documento nella pratica fin dalla partenza. Ora gli uffici stanno provvedendo Speriamo che non ci vogliano altri 15 anni.
Infine il taglio dell’erba. Pare che fino ad oggi non si è provveduto perché si è data la precedenza alla toilette delle strade, delle aiuole e dei terreni centrali per potere accogliere dignitosamente il Ministro Alfano che viene ad inaugurare la Caserma dei Carabinieri. E si sa che fin da i tempi di Fanfani i servizi per l’accoglienza degli uomini di governo hanno la precedenza su tutto anche sul rispetto per i morti e i congiunti che vanno a visitarli. Tanto che può succedere? Che qualcuno per arrivare alla tomba sepolta nell’erba scivoli e si rompa una gamba? Tranquilli, all’Ospedale hanno abolito il centro nascite non il centro ortopedico.

Stamattina andando al cimitero.....

Stamattina andando al Cimitero come tutte le mattine, una lieta sorpresa.
Hanno tagliato finalmente l'erba? No l'erba non l'hanno tagliata ma hanno fatto molto di più. Hanno iniziato a lavorare alle cuccette del piano iniziale? No le cuccette sono lì che aspettano. Molto di meno. Ed allora cosa? Hanno iniziato a risolvere il problema della buca. Hanno messo meglio
in sicurezza il posto con una nuova recinzione, hanno portato una betoniera e due tre fogli di maglie ferrate. Dopo tre mesi ed oltre? Conosci il detto "Meglio tardi che mai"? Speriamo che si continui....

----A costo di apparire pedante voglio insistere sul cimitero di Lipari perché anche se molti non scrivono e non parlano so che parecchi sono indignati perché Sindaco, Assessori ed Amministrazione fingono di non sentire. Sono passati VENTI giorni da quando denunciato la situazione di abbandono e di degrado e:
1. L'erba è sempre più alta su due terzi del cimitero. E' stata tagliata solo nel piano basso forse per dare un po' di fumo negli occhi.

2. La buca è sempre lì. Esiste una somma urgenza? Che cosa si aspetta che arrivino le nuove piogge per scavare ancora più a fondo sotto le altre tombe e le fondamenta dei Cappuccini?

3. Nessuno dice niente su project financing riguardante i loculi del piano basso mentre il problema della carenza cuccette è sempre più grave. Un anno e mezzo fa il vice sindaco avv. Orto mi aveva garantito che avrebbe approfondito la questione ed avrebbe fatto sapere. Da allora silenzio assoluto. Se n'è dimenticato? Si è imbattuto in misteri inquietanti? Sta scrivendo un libro sul cimitero?
Con questa Amministrazione uno non sa più che cosa pensare. Eppure non ci vorrebbe molto ma anche il poco diventa un problema

----Sono passati 15 giorni da quando ho pubblicato la protesta/appello per il cimitero di Lipari. Che cosa ho ottenuto? Che si risolvesse il problemino dell’acqua per cui occorrevano 10 € e che si cominciasse a tagliare l’erba nei piani bassi. Nient’altro.

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Sopra l’erba continua a regna re sovrana, i raccoglitori di rifiuti trasbordano di fiori marci, la buca e sempre lì col suo ghigno minaccioso, nessuno/nessuno/nessuno ci spiega perché non si fanno i loculi nella parte bassa del cimitero per cui esiste un bando di quindici anni fa. Credo che niente sia più irritante dall’essere presi per i fondelli. Passi l’inedia ma lo sberleffo,no.

Come l’arrogante silenzio di chi si ritiene così in alto da non dovere spiegare niente a nessuno. Che abbia ragione quel burlone che qualche settimana fa – facendo leva che di fatto non esistono più cuccette libere e chi muore improvvisamente deve bussare alla porta di amici e conoscenti - aveva messo in giro la voce che una determina del Sindaco vietava che si potessero concedere ancora cuccette in prestito.

La concessione dei loculi sarebbe avvenuta, diceva questo burlone, d’ufficio da parte dell’Amministrazione che avrebbe fatto ricorso alle rimanenze dei vari cimiteri del Comune secondo un principio di assegnazione per sorteggio. Pensate un po’ che ad un morto di Lipari si sarebbe potuto assegnare un loculo ad Alicudi o a Ginostra! Immaginate i problemi della famiglia per riuscire ad andare a pregare sulla sua tomba. Farneticazioni da burloni?

Mi si potrebbe dire: “Ma perché te la prendi tanto per il cimitero? Ci sono tante cose che a Lipari non vanno. E’ vero, ma se non si sanno risolvere le piccole cose…….

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LE REAZIONI NEL WEB

Danilo Pagliaro: Denunciavo la stessa situazione 40 anni fa mentre finivo i miei studi a Lipari. Vedo che non è cambiato nulla, ma non erano stati incaricati gli ex operai Pumex a fare quel lavoro? Vuol dire che in 40 anni non è cambiato nulla?

Davide Favaloro: L'erba è bella poi fa i fiori, visto che nessuno ci va.

Maria Rosa Cortese: Che degrado non ce umanità neanche per i morti!

Armando Buzzetta: I morti non vanno a votare... Io andrei solo a fare visita ai morti mi organizzerei con altri volenterosi a pulire e quando ci sono le elezioni comunali passerei ai candidati gli attrezzi per una pulizia preventiva non solo dell'area cimiteriale....

Maria Rosa Cortese: Hai ragione. ma vanno i viventi! Ma se si continua così' mi sa che nemmeno loro lo faranno! Volevo fare una domanda riguarda le pulizie dei cimiteri: ci sono sempre gli ex operai della Pumex anche nel cimitero a Quattropani? 

Marzia Lo Rizio: Io sono andata l'altro giorno al cimitero di Quattropani. ..stesso degrado! Si infatti. C'è l'isola abbandonata in tutto e per tutto... Vergogna!

Maria Rosa Cortese: E' proprio questo quello che volevo fare presente.  Mi sono trovata una mattina li e c'erano gli operai ma la pulizia lasciava molto a desiderare! Il primo piano pulito, il secondo cosi così, il terzo piano non ne parliamo proprio! Un vero schifo... E poi quei fili volanti che per passare li devi spostare o alzarli! E questo è una inciviltà!

Papa Francesco a Lesbo con il primo ministro greco Tsipras e Bartolomeo Patriarca  di Costantinopoli (afp)

    

Domenica 17 aprile si è svolto il Pellegrinaggio della città di Lipari alla Cattedrale passando per la Porta santa del Giubileo della Misericordia voluto da papa Francesco.  Le confraternite, le suore, i bambini del catechismo, la banda musicale, il reliquario - il Vascelluzzo - sono partiti alle 18.30 dalla chiesetta del Pozzo  e sotto la guida di Mons. Gaetano Sardella, parroco di S.Pietro- Cattedrale – Portosalvo  e don Giuseppe Mirabito, parroco di S. Giuseppe e Quattropani hanno sfilato per corso Vittorio Emanuele, via Maurolico, via Garibaldi, il Castello. In Cattedrale don Gaetano ha presieduto l’Eucarestia impetrando la protezione di San Bartolomeo nell’anniversario del terremoto del 17 aprile 1978 e don Giuseppe ha predicato l’Omelia. In essa, fra l’altro, ha detto:

  

“Vogliamo con questa celebrazione non soltanto  esaltare il mistero della “Comunione” a cui tutti, e come singoli, e come facenti parte delle comunità parrocchiali, siamo chiamati a tendere; ma anche annunciare con le labbra, il cuore e la vita la Misericordia del Padre (così come entrando in Cattedrale abbiamo cantato) di cui, lo straordinario giubileo ne è proclamazione forte e solenne.

E questo vogliamo oggi farlo tutti insieme sotto lo sguardo di San Bartolomeo, facendo memoria del “dono” della sua Protezione in quel fortissimo terremoto, che tanti di noi ancora ricordano, del 16 - 17 aprile del 1978.

Tanti siamo allora saliti in Cattedrale: le formelle di bronzo del portone centrale ne sono la perenne dimostrazione di affetto e di riconoscenza. Ma tanti siamo oggi di nuovo  qui per, nel segno del ricordo, invocarne ancora il Patrocinio.

San Bartolomeo è ”Stella” di prima grandezza che brilla nel cielo delle nostre isole, esortandoci sempre ad accogliere Gesù, unico e solo Salvatore che, la liturgia della IV Domenica di Pasqua lo saluta e lo invoca come il Pastore buono, il Pastore bello che, con i segni della beata passione vive immortale”.

  

In allegato il testo integrale dell’Omelia di don Giuseppe Mirabito.

File allegati: 

Omelia di domenica 17 aprile.pdf                                       

 

---"Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore " San Giovanni della Croce

Si concluso ieri sera, venerdì 15 aprile, nella Chiesa del Pozzo il ciclo di tre incontri sulla Misericordia. Il loro filo conduttore è stato quello di comprendere ciò che Papa Francesco si attende dai cristiani e dalla Chiesa in risposta all’appello di convertirsi alla misericordia e di viverla conseguentemente nella storia e, ancora di più, di quale misericordia il mondo ha veramente bisogno di fronte alle miserie che ogni giorno vengono in evidenza, alle ferite di tanti donne ed uomini  privati della dignità, al loro grido di aiuto che è sempre più assordante.

Per comprendere questo, nei primi due incontri si è approfondito il significato di misericordia così come si è proposto nel corso della storia almeno attraverso le tre principali religione monoteistiche: la cristiana, l’israelita, la mussulmana. Soprattutto si è riflettuto su alcuni episodi dell’Antico Testamento, c he è comune a cristiani ed ebrei e sull’insegnamento di Gesù come emerge dai Vangeli con la sua propria vita ed il racconto delle parabole.

Nell’ultimo incontro si è portata l’attenzione su due “periferie esistenziali” fra le più incandescenti del nostro tempo: il dramma delle migrazioni e l’emarginazione degli omosessuali. Sono due realtà intorno alle quali il pregiudizio è profondo è diffuso ed anche la Chiesa fatica a trovare una rotta condivisa. E forse non è un caso che Papa Francesco nell’Esortazione “La gioia dell’amore” affermi che “nella chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti” perché “in ogni Paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali”.   

Sulle immigrazioni i pregiudizi sono molti. Recentemente l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – l’Unher – li ha riassunti in sei interrogativi: l’Europa rischia l’invasione? I migranti minacciano lo stato sociale dei paesi europei? I migranti fanno aumentare la disoccupazione? I paesi con più profughi sono in Europa? Gli immigrati in Italia pagano le tasse? L’Europa ha bisogno dei migranti? La risposta ai primi quattro interrogativi è un NO secco mentre la risposta agli ultimi due è invece un SI. Proprio il contrario di quanto sostengono i movimenti xenofobi. Anzi a proposito di quanto versano gli immigrati per imposte e contributi previdenziali nelle casse dello stato italiano e quanto ricevono invece sotto forma di prestazioni se facciamo riferimento al 2012 scopriamo che i cittadini stranieri hanno versato 16,5 miliardi di euro e ne hanno ottenuto sotto forma di spesa pubblica 12,5 miliardi di euro cioè ben quasi 4 miliardi in meno. E per quanto riguarda il welfare delle pensioni, siccome la popolazione italiana registra un continuo invecchiamento mentre gli immigrati sono per lo più giovani, e siccome le pensioni vengono pagate con i contributi della gente che lavora ne risulta che il sistema pensionistico italiano sta in piedi grazie agli immigrati con buona pace di Salvini e company.

Non meno inconsistenti sono i pregiudizi nei confronti degli omosessuali. Non è vero che l’omosessualità è un vizio, non è vero che si possa attribuire una responsabilità ai genitori, alla famiglia, all’ambiente e tanto meno al soggetto interessato. Il massimo che si può dire è che vi è un tale complesso intreccio di elementi – dalla possibile predisposizione genetica, a tutti i fattori ambientali, psicologici, relazionali che ne determinano l’espressione – da escluderla possibilità di risalire ad una concatenazione come univoca, né come teoria generale, né nell’applicazione al singolo caso. Tutte le teorizzazioni genetiche, ormonali, anatomiche, psicologiche hanno mostrato nel tempo la loro insufficienza. Non è vero che il disagio che le persone omosessuali vivono nella società dipenda necessariamente da disturbi psichici o di personalità, da traumi od abusi, da disturbi fisici di varia natura. E’ vero invece che nella gran parte dei casi è frutto proprio del forte pregiudizio sociale nel quale la società li costringe a vivere e che loro finiscono con l’interiorizzare, autodenigrandosi. Nella fase adolescenziale quando iniziamo a comprendere chi siamo e siamo alla ricerca di modelli stabili di riferimento, molti ragazzi e ragazze omosessuali vivono un vero sconquasso trovando soltanto pregiudizi: valutazioni degradanti, parcellizzazione della loro persona, giudizi legati solo al sesso e non all’intera personalità umana. Lo sviluppo invece di una immagine positiva di sé prelude ad una affermazione positiva. E’ una questione di autostima e le relazioni affettive sono importanti in questa maturazione. I giovani e le giovani omosessuali come i loro amici eterosessuali hanno bisogno di ragionare di amore, di fedeltà, di progetto di coppia, di dono da realizzare a partire da ciò che sono e rivolti a colui o colei che sentono essere il compimento del loro desiderio affettivo. Quindi è incomprensibile la pretesa di chi vorrebbe che l’omosessuale vivesse la propria affettività nel nascondimento o nell’astinenza perpetua. Vorrebbe dirgli negarli – come sarebbe per qualsiasi ragazzo o ragazza che scopre l’amore - ciò che di più bello può avere dalla vita.

La Chiesa e le comunità parrocchiali possono fare molto in questo processo di umanizzazione delle relazioni e di rimozione delle sofferenze. La Chiesa insegna che perché una relazione affettiva si possa chiamare “amore” sono necessarie la reciprocità, la passione, il rispetto, la magnanimità, la fedeltà, la donazione altruistica, la solidarietà, nonché il sacrificio. Queste caratteristiche sono riscontrabili anche in una coppia omosessuale non meno che in una qualsiasi coppia di giovani. E’ compito di queste coppie testimoniare alla Chiesa la loro esistenza, provare questo luogo teologico in cui si manifesta la grazia dell’amore di Dio ma è anche compito della Chiesa cercarle e può cercarle se innanzitutto lo si crede possibile. Uscendo dalle contraddizioni della dichiarazione della Congregazione della Dottrina della Fede del 1975 e del 1986 dove da una parte si afferma che l’inclinazione omosessuale è un male ( rappresenta “un oggettivo disordine morale”) ma in sé non è peccato mentre gli atti omosessuali sono sempre peccaminosi. Per cui le persone omosessuali sono tenute a vivere la castità nel senso che devono avere rapporti omosessuali.

Il punto critico per la Chiesa è che negli atti sessuali compiuti da una coppia omosessuale sono assenti la finalità procreativa e la complementarietà in senso biologico-riproduttivo. E’ un punto insuperabile? Alcuni teologi fanno osservare che un’analisi più approfondita può portare ad elaborare significati di “fecondità” e “complementarietà” più ampi e complessi. Cioè si tratterebbe di ampliare il campo semantico del termine “procreativo” fino ad includere alcune forme di fecondità spirituale.  La vita di coppia è già feconda nel suo darsi, perché il dono di sé per l’altro – che si manifesta anche nel concreto degli atti sessuali – crea qualcosa di nuovo, fa entrare le persone in una nuova vita, genera valore aggiunto: il noi emerge dall’io-tu come qualcosa di nuovo e stupendo.

Abbiamo detto che la Amoris Laetitia è caratterizzata da molta prudenza nei confronti dell’omosessualità. Non si fa nessun tentativo di ampliare il significato di “fecondità” e “complementarietà”, ma si è anche molto attenti a non parlare di “disordine morale oggettivo”. Chissà se quando Francesco parla delle convivenze in cui "potranno essere valorizzati quei segni d'amore che riflettono l'amore di Dio" per cui anche queste situazioni vanno "affrontate in maniera costruttiva" secondo lo spirito della "Chiesa ospedale", comprenda in qualche modo anche le unioni omosessuali?
 

Nell'allegato in Pdf la relazione integrale

Venerdì 15 aprile alle ore 18, nella chiesetta del Pozzo, si terrà il terzo ed ultimo incontro sulla misericordia affrontando il tema “La chiesa e i cristiani alla prova della misericordia”. “Quante situazioni di precarietà e sofferenza – osserva Papa Francesco -  sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. ..Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo”.

L’indifferenza ed il pregiudizio sono le armi con cui ogni giorno combattiamo e distruggiamo la misericordia. Prendiamo due temi fra i tanti: le immigrazioni e l’omosesualità.  Quante volte abbiamo sentito dire: “Che vogliono questi immigrati?  Se ne stiano a casa loro. Protestano? Cacciamoli da dove sono venuti”. Oppure : “Io non tollero gli omosessuali, darei loro un sacco di legnate e li getterei in galera”. E nessuno di questi intolleranti si chiede il perché la gente emigra? Nessuno si domanda se affrontare il mare e la morte è frutto di una scelta o di una necessità. Nessuno si pone il problema se essere omosessuale è una libera scelta o si nasce così. Dovunque domina il pregiudizio contro i diversi. I diversi sono sempre colpevoli, pericolosi, da isolare e comunque da evitare.

Per esempio quanti sanno che gli immigrati in Italia pagano le tasse? Si, anche in Italia, come nel resto d’Europa, i lavoratori stranieri pagano più tasse di quanto non ricevano sotto forma di prestazioni. Secondo i dati del 2012, la spesa pubblica rivolta agli immigrati in Italia può essere stimata in 12,5 miliardi di euro, l’1,57 per cento della spesa pubblica nazionale. Dall’altro lato, tra imposte e contributi previdenziali i cittadini stranieri versano 16,5 miliardi di euro all’anno. Mettendo a confronto entrate e uscite gli immigrati in Italia sono in attivo di 3,9 miliardi di euro. Ancora, l’Europa ha bisogno dei migranti? Si, un’Europa senza migranti si muoverebbe verso un drammatico calo demografico, con conseguente insostenibilità del suo welfare e il rischio di non rimanere al passo con i tempi. Nel 2015 in Europa ci sono quattro giovani per ogni pensionato, ma nel 2060 ce ne saranno solo due. Le opzioni sono due: “O gli stati europei chiudono le frontiere e accettano di vedere l’Europa pesare sempre meno in un mondo in crescita o si aprono alla migrazione e permettono all’Europa di crescere”.

Perché si è omosessuali? Ci sono colpe? Ci sono responsabilità?  Ormai è riconosciuto che dell’omosessualità non si possa individuare una vera e propria causa, e tantomeno una colpa (dei genitori, della famiglia, dell’ambiente). Vi è un tale complesso intreccio di elementi – dalla possibile predisposizione genetica, a tutti i fattori ambientali, psicologici e relazionali che ne determinano l’espressione – da escludere la possibilità di risalire a una concatenazione causale univoca, né come teoria generale, né nell’applicazione al singolo caso. Tutte le presunte ‘teorie eziologiche’ (genetiche, ormonali, anatomiche, psicologiche) hanno infatti mostrato, nel tempo, la loro insufficienza.

E’ vero che molto spesso le persone omosessuali si vergognano e nascondono la loro natura e vivono nella sofferenza e nella solitudine. Ma tale ritiro non è determinato da una loro ‘difettosa’ struttura psichica, ma dal forte pregiudizio sociale dell’ambiente sociale che li circonda, che queste persone fanno proprio (è il fenomeno dello stigma – o pregiudizio – sociale interiorizzato) e nel quale s’identificano, autodenigrandosi. Nella fase adolescenziale, quando iniziamo a comprendere chi siamo, qual è il nostro orientamento sessuale, abbiamo bisogno di modelli stabili e precisi. Molte ragazze e ragazzi omosessuali che iniziano a vivere questo vero e proprio sconquasso, conducono una lotta interiore in completa solitudine. Nella ricerca di modelli in cui identificarsi, trovano soltanto pregiudizi: valutazioni degradanti, parcellizzanti la loro persona, spesso legate solo al sesso e non all’interezza dell’individuo.
Spesso, il ragazzo o la ragazza omosessuale entra, quindi, in un circolo vizioso, dando credito ai pregiudizi sociali, iniziando ad avere comportamenti svalorizzanti. Ecco perché la rimozione del pregiudizio – che oggi è identificata, a torto o a ragione, con la locuzione «lotta all’omofobia» – è urgentissima e necessaria. Quando le persone sono accolte nella loro interezza, arrivano a vivere in maggiore armonia con se stessi, iniziando ad amarsi e a valorizzare l’interezza della loro persona. Lo sviluppo di un’immagine di sé positiva prelude all’affermazione positiva di sé. È una questione di autostima, non di orgoglio. Quando l’omosessuale riconosce il proprio valore, intraprende la strada del ‘venir fuori’, e le relazioni affettive fanno parte di questa affermazione, poiché l’identità omosessuale si completa in esse, in quanto promuoventi un’immagine di sé positiva.

Nella Esortazione Amoris Laetitia Papa Francesco ricorda che "ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto". Ma il cammino per una piena accoglienza del diverso è ancora lunga e difficile. Nell’Esortazione non si parla, a loro proposito, di “disordine oggettivo” ma si fa fatica a riconoscere le loro unioni anche se, a proposito delle unioni diverse dal matrimonio,  l’Esortazione riconosce che “alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo". Non è un'apertura piena alle unioni di fatto, ma il riconoscimento che anche nelle convivenze, ad esempio, "potranno essere valorizzati quei segni d'amore che riflettono l'amore di Dio" e che queste situazioni vanno "affrontate in maniera costruttiva" secondo lo spirito della "Chiesa ospedale" caro al pontefice.

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