di Michele Giacomantonio

Nella Chiesa di San Giuseppe alla Messa delle 18.30 i fedeli delle parrocchie di Lipari hanno voluto tributare a Mons. Francesco Micciché una manifestazione di affetto per il suo 73 esimo compleanno. Il Vescovo è voluto passare da Lipari prima di raggiungere Palermo dove oggi festeggerà in famiglia l’evento e concelebrare con mons. Gaetano Sardella parroco di San Pietro, Cattedrale e Portosalvo e don Giuseppe Mirabito, parroco di Dan Giuseppe la S. Messa dinnanzi alla statua della Madonna del Terzito che stazionerà a Lipari ancora fino a sabato prima di raggiungere Vulcano.
Nell’omelia, tutta concentrata sul Vangelo del giorno, mons. Micciché ha sottolineato l’esigenza per il credente di praticare la misericordia nel segreto e quindi non per apparire ma perchè  è volontà di Dio e Dio che vede nel segreto, lo ricompenserà.
Dopo la Messa un breve rinfresco in sacrestia con tanta gente che ha voluto stringerglisi intorno e ricordare gli anni del suo episcopato nelle Eolie.

La giornata del Vescovo si è conclusa al Giardino sul Mare dove ha cenato spegnendo la tradizionale candelina sulla torta offertagli dalla signora Caterina Conti.

 

Il Notiziario delle isole Eolie arciduca hotel

E se la Chiesa di Lipari l’avesse fondata veramente San Paolo?

Una credenza antica sul fondatore della Chiesa di Lipari

Il Can. Carlo Rodriquez nel 1841 scriveva  nel suo saggio “Breve cenno storico sulla Chiesa Liparese”(  Can. Carlo Rodriquez, Breve cenno storico sulla Chiesa Liparese, Palermo, estratto dal Giornale letterario, n. 225 e 226, 1841, pag. 5 e 6.) : “E’ credenza che la fede cristiana si fosse stabilita in Lipari sin dal tempo degli Apostoli; e Paolo (l’Apostolo) venuto in Reggio, si reputa per mera tradizione passato da Messina , e per la vicinanza di quella provincia a quest’isola qui esservi condotto, predicare il Vangelo ed innalzare alla cima del sacerdozio per la prima volta Liparese Chiesastico. Ma niun documento esiste per rafforzare opinione siffatta; per il che à uopo di altri tempi più a noi vicini intertenerci, poiché le Siciliane Storie non furono a noi tramandate, anzi distrutte nella saracenica invasion”..

Osserva il prof. Giuseppe Iacolino(  G.Iacolino, Le isole Eolie nel risveglio delle memorie sopite. Il primo millennio cristiano, Lipari, 1996. pag. 49) che il fatto che nell’autunno del 60 “ S.Paolo – il quale trovandosi in stato di detenzione – aveva compiuto quel celebre quanto avventuroso viaggio da Cesarea sino a Roma toccando Malta, Siracusa e Reggio Calabria diede motivo, in età rinascimentale, ai cittadini di Siracusa, di Reggio, di Messina e di Lipari di ritenere che i loro padri antichi avessero dall’Apostolo attinto i primi rudimenti della fede e che lui stesso nei loro rispettivi paesi avesse costituito le prime accolte di neofiti e insediato i primi vescovi.(… ) Oggi c’è un gran mutamento della prospettiva critica al riguardo: oggi ci rendiamo conto di quanto lenta contrastata e faticosa sia stata la penetrazione del Vangelo nelle città mediterranee.”.

Ed infatti l’ipotesi che nella sosta a Reggio S. Paolo avesse potuto compiere questo “tour de force” apostolico è impossibile perché gli stessi Atti degli Apostoli che parlano del viaggio dicono chiaramente che: “Salpati da [Siracusa]  giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli”(Atti 28, 13). Quindi la tappa a Reggio dovette durare meno di un giorno, troppo poco per evangelizzare Reggio, Messina e Lipari.

La disputa fra Malta e la Meleda dalmata

Non può essere questo l’appiglio dunque per riproporre oggi in qualche modo la candidatura di Lipari a Chiesa fondata dall’Apostolo Paolo. L’appiglio riteniamo che potrebbe essere più ambizioso perché si potrebbe sostenere che S. Paolo non solo fondò la Chiesa dei Liparèi ma soggiornò a Lipari ben tre mesi avendo modo di sviluppare un significativo progetto di evangelizzazione. Ma andiamo per ordine.

Partiamo da quello che dice Luca negli Atti degli Apostoli.  Non può non colpire il fatto che l’isola dove andò a sfasciarsi la nave che – partita Myra o Mira  un'antica città ellenica, nella Licia in Asia minore, oggi situata nei pressi di Demre, nell'attuale Turchia meridionale) e diretta in Italia -solitamente oggi indicata nelle versioni degli Atti degli Apostoli   come Malta, in realtà  Luca la indica come Melita (Μελιτη  isola del miele) (At 28,1).

E proprio questo termine diede luogo in passato ad una disputa perché  nel “De administrando imperio” l’imperatore e storico bizantino Costantino Porfirogenito, nell’anno 949, afferma con sicurezza: il naufragio della nave che trasportava San Paolo avvenne a Melita-Meleda, isola della Dalmazia a nord di Ragusa (Costantino Porfirogenito, De Administrando Imperio, ed. Gy. Moravcsik, trans. R.J.H. Jenkins, rev. ed., Washington, Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies, 1967. “Alteram (insulam) quae Melete sive Malozeatae, cuius in Acta apostolorum, S. Lucas meminit, Melitem eam appellans, ubi et vipera divi Pauli digitum mordens ab eo exussa igne conflagravit” , (cap. 36, pag. 163).).

Ma nel 1600 cominciò a fiorire una ricca letteratura sul naufragio di San Paolo favorevole alla ben più importante (politicamente) isola di Malta anche se è incontestabile che Luca negli Atti affermi che si imbatterono nell’isola in questione dopo tredici giorni che andavano alla deriva nell’Adriatico (At 27,27).  Ed è quanto ricorda lo storico e poeta raguseo Ignazio Giorgi (1675-1737), abbate dei Benedettini Neri di Méleda, consultore e teologo della Repubblica di Ragusa, nel suo opuscolo dal titolo “D. Paulus apostolus in mari, quod nunc Venetus Sinus dicitur, naufragus et Melitale Dalmatensisi insulae post naufragium hospes” nel quale descrive il viaggio avventuroso compiuto sull’Adriatico, ovvero nel Golfo di Venezia, avvalorando la propria tesi con citazioni attinte da oltre trecento scrittori antichi e suoi contemporanei. Il lavoro del Giorgj, pubblicato a Venezia nel 1730,diede origine alla  polemica dalmato-maltese che si è prolungata con varie fasi sino ad oggi anche se nella seconda metà del ‘700 papa Benedetto XIV cercò di chiudere la polemica schierandosi per Malta contro Mèleda.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ae/Paul_the_Apostle%2C_...

Che cosa dicono gli Atti sul naufragio e la fine del viaggio?

Proprio questa disputa ci ha richiamato alla mente che nel Mediterraneo oltre a Malta e Méleda c’è una terza isola che si collegava al miele nel suo nome antico: Lipari il cui nome greco era Meligunis (Μελιγουνίς ) che potrebbe voler dire “isola del miele” . 

Come giunse la quattordicesima notte  – racconta Luca – da quando andavamo alla deriva nell’Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l’impressione che una qualche terra si avvicinava. Calato lo scandaglio misurarono venti braccia, dopo un breve intervallo scandagliando di nuovo misurarono quindici braccia. Nel timore di finire contro gli scogli gettarono da poppa  quattro ancore aspettando con ansia che spuntasse il giorno” (Atti 27, 27-29).

Quando si fece giorno, non riuscirono a riconoscere la terra; notarono però una insenatura con una spiaggia e decisero, se possibile di spingervi la nave. Levarono le ancore e la lasciarono andare in mare. Al tempo stesso allentarono le corde dei timoni, spiegarono la vela maestra e spinti dal vento si mossero verso la spiaggia. Ma incapparono in una secca e la nave si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa si sfasciava sotto la violenza delle onde” (Atti 27, 39-41).

[Il comandante]”Diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiungessero terra; poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra”. (Atti 27,43-44).

Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava  Melita (Μελιτη)”. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità, ci accolsero tutti attorno ad un fuoco che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo”.(Atti 28, 1-2).

Là vicino vi erano i possedimenti appartenenti al governatore dell’isola di nome Publio, questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni” (Atti 28,7). Il padre di Publio, racconta Luca, giaceva a letto colpito da febbre e da dissenteria. Paolo lo guarì e guarì anche altri abitanti dell’isola che avevano malattie. Questo procurò a Paolo e i suoi amici molti onori ed, al momento della partenza i rifornimenti necessari.

Dopo tre mesi salpammo con una nave di Alessandria, recante l’insegna dei Dioscuri, che aveva svernato nell’isola. Approdammo a Siracusa dove rimanemmo tre giorni. Salpati da qui giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli”(Atti 28, 11- 13).

E se San Paolo fosse naufragato a Lipari?

Ipotesi del naufragio a Lipari

Abbiamo voluto seguire, riprendendoli direttamente da Luca, quei passaggi del racconto che in qualche modo riguardano l’isola e ci sembra di poter dire che tutto potrebbe adattarsi a Lipari. Pare quasi di vedere il bastimento che una notte d’autunno, sospinto da un forte scirocco, si approssima alla rocca di Lipari che è circondata da una scogliera bassa dove la prua del naviglio avrebbe potuto incagliarsi mentre la poppa rimane esposta ai marosi. E pare sempre di vedere i naufraghi che si gettano a mare e cercano di raggiungere Marina Lunga o anche Marina Corta che allora era solo una spiaggia, dove li accolgono gli abitanti che Luca definisce “barbari” probabilmente perché parlano un linguaggio che non comprende  anche se intorno al 60 d. C. la gente di Lipari avrebbe dovuto comprendere non solo il greco che era la loro lingua originaria ma anche il latino visto che si trovavano da più di trecento anni sotto la dominazione di Roma.  Ma siamo all’alba e la gente che incontrano non saranno stati certo membri della borghesia locale ma popolani, forse pescatori che parlano un qualche dialetto locale.

Comunque il governatore doveva essere romano come  rivela il nome Publio e probabilmente la sua casa avrebbe potuto essere dove oggi c’è Piazza Mazzini quindi a poche centinaia di metri da Marina Lunga o Marina Corta.

Andrej Rublëv, Icona di san Paolo (1407 circa, 110x160 cm, Galleria Tret'jakov, Mosca)

Il fatto che Paolo possa essere rimasto a Lipari tre mesi aspettando che passasse l’inverno per trovare una nave che lo porti a Roma rende ancora più suggestiva questa ricostruzione facendo pensare quale grande iniziazione al cristianesimo potrebbe avere ricevuto la chiesa dei Liparei.

Ci sono però due apparenti incongruenze – sempre nella ipotesi che l’isola del naufragio sia Lipari - che riguardano il viaggio.

La prima. Luca dice chiaramente che la tempesta li coglie nell’Adriatico e certo Lipari non è nell’Adriatico, ma non lo è nemmeno Malta.  Ma  se fosse Lipari l’isola del naufragio forse dall’imbocco dell’Adriatico il battello sarebbe potuto passare, non solo ma allora la definizione dei mari era molto incerta e per Adriatico si intendeva anche l’Ionio,  mentre Malta rimane molto distante. Ed inoltre fra Malta e Meleda, Lipari è l’unica che si trova sulla rotta per Roma. Venendo da Creta il naviglio va alla deriva cercando la via per Roma segnata dallo stretto fra Scilla e Cariddi, superano l’Adriatico, traversano lo Ionio che per Luca è sempre adriatico ed ecco finalmente lo stretto. Qui la tempesta dovette farsi più violenta e lo scirocco soffiando alle spalle dovette sospingerli verso le Eolie.

Seconda. Potrebbe sembrare strano che la nave di Alessandria, che dopo tre mesi porta i naufraghi via dall’isola, faccia scalo prima a Siracusa e poi a Reggio quando Reggio è a poche miglia da Lipari. Ma questa nave, che fu obbligata a svernare a Lipari dalle condizioni meteomarine  potrebbe avere avuto due tappe programmate: quella di Siracusa e quella di Pozzuoli o addirittura Ostia che era il porto di Roma. Siracusa è la vera tappa programmata prima di procedere per il continente ed infatti a Siracusa si ferma tre giorni, mentre Reggio sembra essere solo una tappa di passaggio forse per fare rifornimento di acqua prima di puntare verso il nord.

Marco Ivan Rupnik, Il naufragio di San Paolo, Parrocchia del Corpus Domini, Bologna. Il dipinto rappresenta l’angelo che rassicura S. Paolo durante il viaggio verso Roma che nessuno dei suoi compagni  di avventura.

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