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di Pippo Pracanica*

Pesava, a Messina, oltre alla tradizionale debolezza organizzativa del laicato cattolico, anche la scarsa credibilità politica dei dirigenti del movimento che erano gli stessi che dal 1906 al 1919, con l'avv. Giuseppe Fortino in testa, erano stati all'amministrazione con le forze liberali e massoniche, contro cui oggi avrebbero dovuto schierarsi. Tale debolezza organizzativa veniva confermata, nelle elezioni del 1921, in cui il bacino elettorale cattolico si ridusse ancor più, nonostante alcune significative presenze, Attilio Salvatore, Giuseppe Romano, Francesco Fucile, che non erano ancora riusciti a modificare lo statu quo ante .

“L'avvento al potere di Mussolini, quindi, colse il PPI a Messina in una fase di riorganizzazione e di rilancio che trovava proprio nel nuovo governo una sponda efficace per la propria attività locale in quanto i popolari facevano parte del nuovo governo e fra questi l'on. Micheli, che era molto conosciuto a Messina per il ruolo svolto nella ricostruzione dopo il terremoto del 1908, e che aveva mantenuto contatti con i cattolici locali. Per cui l'atteggiamento dei popolari e dei cattolici, in generale, a Messina, nei confronti del nuovo governo fu improntato ad espressioni favorevoli di prudente e "fiduciosa attesa" .

Mons. Paino era già Vescovo Coadiutore, nominato, su proposta dell'Arcivescovo mons. D'Arrigo, in data 7 ottobre 1916. Nomina convalidata con lettera riservata del cardinale De Lai, Segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, all'epoca Prefetto era lo stesso Sommo Pontefice, Benedetto XV, ma a condizione che la nomina rimanesse segreta. Infatti nella lettera venne posta la condizione di evitare "ogni apparenza esterna che potesse dar pretesto ai nemici di dire che mons. Paino non è più Vescovo di Lipari, ma Ausiliare di Messina. Quindi egli dovrà bensì dimorare a Messina, come la S.V. Ecc.ma mi ha indicato; ma ivi dovrà curare le cose della Diocesi di Lipari e l'andamento della nota causa (la controversia con il Comune di Lipari per il possesso delle terre pomicifere, n.d.r.), facendo anche ad essa risalire la necessità della sua permanenza a Messina”. Si è venutI in possesso della minuta di tale lettera, conservata presso la Congregazione dei Vescovi, grazie a mons. Cesare Di Pietro. 

 L’on. Ludovico Fulci, che aveva cominciato a capire quale piega andavano prendendo gli avvenimenti esprimeva, su Mussolini e sul fascismo, giudizi tutt’altro che teneri. Mussolini, infatti, in piena sintonia con il ministro dei Lavori Pubblici, il catanese Gabriello Carnazza e con l’Arcivescovo mons. Angelo Paino, aveva programmato di liquidare tutti gli strumenti di controllo dell’attività economica e politica che avevano consentito, per decenni, a Fulci ed ai suoi amici, sia pure con alterne fortune, una lunga egemonia politica sulla città.

Particolare attenzione aveva attirato l’attività dell'Unione edilizia, erede di quel Consorzio dei danneggiati dal terremoto che Fulci si era inventato con la legge del 15 luglio 1910. Alla fine di gennaio del 1923, il ministro Carnazza aveva, infatti, per la prima volta, anche se in via del tutto privata, manifestato l’intenzione di sciogliere l'Unione Edilizia, e poco più di un mese dopo aveva incontrato mons. Paino a Messina.

*Medico

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