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di Pippo Pracanica*

 Moltissimi furono i progetti che mons. Paino tentò di portare a conclusione, non sempre riuscendovi. Per sfamare i messinesi, in quei primi anni dalla fine della guerra, tentò di acquistare 3.080 ettari con 15 fattorie, 400 bovini, 400 suini e 40 cavalli in contrada Badiole, nella Maremma toscana, in provincia di Grosseto, ed altri 1400 ettari a Palazzo d'Ascoli, in provincia di Foggia. Nell’Archivio della Curia sono conservati i compromessi di vendita, ma non è stato possibile reperire gli atti pubblici conclusivi, per cui é probabile che la trattativa non sia andata a buon fine. Acquistò anche 28 permessi di ricerca di giacimenti di fosfati, su un’area di 56000 ettari, nel Marocco Occidentale, che avrebbero potuto dare una produzione annua di circa due milioni di tonnellate di fosfati. Ma al momento di iniziare l’attività la Francia, che esercitava il protettorato sul Marocco, per tutelare il monopolio che esercitava in tale settore, si oppose. La questione fu portata innanzi alla Corte Permanente di Giustizia Internazionale dell'Aja, ad iniziativa del Governo Italiano sollecitato dall’on. Martino, ma questa dichiarò la propria incompetenza giacché i permessi erano stati rilasciati in epoca anteriore all'adesione della Francia ai giudicati della Corte.    

 Anche i suoi debiti esulavano dal comune. Impegnato a ricostruire tutto il patrimonio edilizio diocesano e tanto altro, e non sempre essendo sufficienti le elargizioni governative, mons. Paino, alle prese con appaltatori, progettisti, fornitori vari, etc fu, ben presto, sommerso dai debiti ed inseguito dai creditori, ma non se ne preoccupava granché, anche perché riusciva sempre ad escogitare le soluzioni utili per onorarli.

 Vendette la pinacoteca dell’Arcivescovato, sculture, mobili antichi, ma anche il suo anello pastorale e la croce pettorale che gli aveva regalato Pio XI, ma anche tutto quanto poteva trovare di appetibile, sotto il profilo finanziario, nelle parrocchie e nei monasteri, comprese le doti che le suore avevano portato al momento della loro entrata in convento. Quando chiese aiuto a padre Annibale, quest’ultimo mise in guardia il suo economo dicendogli che l’Ordinario voleva “gavazzare” nei loro soldi.

 Pur non mancando le leggi, T.U. 19 agosto 1919 e successivi decreti attuativi, non erano stati mai assunti i necessari provvedimenti amministrativi che avrebbero dovuto garantire la copertura finanziaria e dare così il via effettivo alla ricostruzione del patrimonio edilizio ecclesiastico.

 L’ultima battaglia che il federale Crisafulli Mondio condusse contro mons. Paino, senza riuscire a concluderla, a questo pensarono i suoi successori, riguardava la realizzazione delle necessarie ed indispensabili strutture al servizio del porto. Il Presule messinese “per ben due volte, predispose un piano di completo finanziamento, per il quale Messina avrebbe avuto tutte le attrezzature portuali, bacino di carenaggio e magazzini generali compresi. Lo espose al capo del Governo, Mussolini, che dopo averlo ascoltato, fortemente meravigliato, perché la cosa non avrebbe presentato oneri neppure per lo Stato, lo rinviò all'On. Michele Bianchi, (allora ministro dei LL.PP.), che pur ammalatissimo, volle ricevere l'Arcivescovo e restò entusiasta delle sue proposte. Ma le gerarchie locali del Partito videro nel fatto una menomazione del loro prestigio e fecero di tutto per mandare a monte ogni cosa..... e Messina attende ancora  la sistemazione definitiva del suo porto”.

*Medico

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