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Recensione di Carmelo Sottile (Alcool Etilico band)

Il termine INDIE, si riferisce ad un genere di musica INDIPENDENTE, a quel suono -fatto in casa- a quella composizione autentica, “impastata” con le proprie nude mani. 
Una sola legge fa da padrona ed è quella dell'intimità! 
Lontano dai rumori, lontanissimo da occhi indiscreti, l'artista e produttore Mirko Saltalamacchia, ha buttato fuori dal proprio stomaco “malato”, un ultimo capolavoro, intitolato SCORPIONI&TARANTOLE. 

Personalmente la definisco un'opera, una lirica alquanto raffinata, che a tratti si trasforma in “sana” violenza mistica, in uno stupro mentale, dove il tempo non esiste.
E' come osservare un orologio antico privo di lancette ma con l'ingranaggio in continuo movimento, dove, non si ha mai la percezione di che ora o di che giorno sia.
Sedici tracce, che, con lo stesso rintocco ipnotico, portano l'ascoltatore completamente in un'altra dimensione.

… “Qualcuno si perde nella sua stessa ombra, qualcun altro cammina verso un campo di grano dorato...
Poi c'è il pazzo che ride, chi ulula alla luna e chi si tuffa tra le acque gelide di un piccolissimo stagno. C'è chi fa l'amore nel deserto, chi piange
e chi si ferma ad osservare il ragno che tesse la sua pregiata tela”.

Mondi paralleli che si mischiano e che si uniscono, che si perdono fra quei suoni studiati, dove a volte, si ha la sensazione di poterli anche toccare.
Immaginate di trovarvi all'interno di un lunghissimo corridoio pieno di stanze.
Trovate la prima porta, varcate la soglia e così via, per poi passare al livello successivo.
Questo album è fatto di tante camere, di dimensioni e spazi differenti.
Non abbiatene paura, entrate...
LA CERIMONIA STA PER COMINCIARE!

Il disco si apre con IL GRIMORIO DEL TEMPO.
Sentite quella chitarra pulita che accompagna il vostro primo passo? Bene, andate da Lei. Perdetevi in quell'armonico costante che entra nel cervello come un loop e da lì, fidatevi, non va più via.
Adesso percepite anche quel coro di sottofondo e quel corso d'acqua che scende giù? Seguitelo.
Siamo appena all'inizio del viaggio.

Si passa così ad un riff di chitarra distorta che si sposa su di un giro di basso ancestrale. Potente, tossico. A metà brano entra la chitarra solista di Aldo Merlino, ed il rapporto fra le due “elettriche”, provocano libidine. Vi presento BLACK GOO.

Si cammina verso la terza traccia, CELEPHAIS, ed è qui che si percepisce tutta la creatività.
Mille scintille che esplodono per aria, in un arpeggio pulitissimo, delicato, che rende soffice il suono. Poi subentra un tappeto di archi che lo avvolgono fra delle enormi ali angeliche bianche. Un dipinto soave, un cielo azzurro travolgente, che mi da tanta pace. CELEPHAIS, è gioia!

Dietro la quarta porta c'è DERIVE&AMONTILLADO.
Qui si sente tutta la passione per l'underground. Linee dritte, oscure, che dominano la scena, con un crescendo compassato da una batteria cardiaca. La chitarra si impenna su accordi dissonanti e distorti, per poi convergere all'interno di una bolla sintetica pronta ad esplodere.

FREDDO COME IL GHIACCIO. Ecco che arriva la prima ballad lisergica cantata.
Da scrittore non posso non amarla. “Non basterà piangere, dimenticare tutto”. Percepisco quel velo di malinconia che serve a fare stare in piedi, senza fatica, questa superba poesia. Meravigliosa!

One, two, three, four, e si riparte subito verso un'altra dimensione, si viaggia questa volta fra la veglia e la ragione. FRA TRAME E ORDITO, è l'esatto abito per gli amanti della musica PROGRESSIVE degli anni '90. Non so il perché ma questo ciclo ossessivo mi fa ricordare Robert Miles, con la sua indimenticabile Children. Una pietra miliare. Qui si va oltre il sogno, oltre l’intuizione.

STEAM LEGACY, invece ha un impatto che devasta l'anima. La squarcia proprio! Avete presente il film IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI, dove il serial killer Buffalo Bill, bisbiglia, danza, si trucca, preparandosi alla trasformazione? Lui si gongola davanti allo specchio, nel quale riflette tutta la sua follia. Bene, questa stupenda canzone che Mirko ha creato per noi, potrebbe liberamente prendere il posto della favolosa canzone Goodbye Horses di Q Lazzarus.
STEAM LEGACY, mette quella giusta ansia che fa vacillare, quella totale frenesia e calma apparente, di come quando il dottor Lecter, (dopo aver ucciso i due poliziotti) intriso di sangue, contempla la sua opera.

Ritmo, energia, tecnica. Questi sono gli elementi che caratterizzano RESPIRIA.
Un flusso di suoni merlettati che trapuntano il brano di svariati colori. Le sferzate chitarristiche sono una costante e quando la melodia si adagia in passaggi più rassicuranti, è solo una falsa quiete prima della tempesta sonora.
Si va, si continua a camminare a piedi scalzi verso l'ignoto.

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La nona porta!
In questa camera troviamo il giro persistente di una presente chitarra acustica.
Suoni che ci trasportano verso Oriente, verso una nuovissima alba. Aspetterei ben volentieri il nuovo giorno ascoltando OGM.

LUPANARE DEVILS, nasce con un carattere forte e deciso. Un continuo picchiare, dettato da distorsioni spigolose, enigmatici campionamenti, che,
ad un tratto, implodono da provocarne una catastrofe. Un rock così abrasivo e al tempo stesso melodico non si era mai sentito da queste parti.

Come anima visionaria, mi sono ritrovato nelle parole del secondo brano cantato, COS'E' MAI CAMBIATO. “Vedo la gente che non capisce niente, mi giudica per strada sparlando con la gente”. La gente parla, giudica, punta il dito. Questa è una società parecchio “strana”, dove si fa davvero fatica a respirare.
Il giudizio spesso ferisce, imbratta di sangue la pelle, quei tessuti di chi magari è molto più debole “dell’altro”.
Chi sei tu per sporcare la mia coscienza senza conoscermi?
Spesso il giudizio si conficca nella carne già ferita, come tanti spilloni, tutti piantati meticolosamente come a tracciarne un disegno ben preciso.
Sapete perché fanno così tanto male? Perché spesso ci si dimentica di essere ancora vivi. Bisogna, invece, avere tanta fiducia in se stessi, portando sempre a termine tutto ciò che si desidera fare. Sempre!

Oltre la tredicesima porta troviamo LA CABALA DEI BASTARDI.
Qui viene fuori tutto il buon ROCK, buono come il vino novello.
Dritta, feroce, come un lupo che nel silenzio della notte azzanna la sua preda.
I timpani cadenzati della batteria annunciano il suo funerale.
LA CABALA DEI BASTARDI, è proprio un pezzo vissuto, un brano che viene dall'oscurità dei boschi, che spoglia completamente l’ascoltatore dalle sue umili vesti.

A seguire troviamo CRISPR. Ipnotica, lunare, poetica. Qui c'è passione oltre l'infinito. Potete intravedere l'universo con tutte le sue costellazioni. Lasciatevi trasportare dal sogno, dalla scia di quei piccoli frammenti che orbitano nel buio. Basta chiudere gli occhi, lasciando il proprio corpo libero all'immaginario circostante. Tutto diventerà reale!

La quattordicesima porta è socchiusa ma deve rimanere proprio così.
A mio parere la canzone d'amore più intensa che abbia mai sentito. Classica nei suoi accordi, barocca, graziata da un dolce e soave violino del maestro Travia che la travolge e la custodisce. Vi presento SEGNI CHE RESTANO.
Unico neo? La durata, troppo breve! Ma si sa che le cose belle durano poco ed alla fine dei conti, è proprio questa la vera magia.

Resto fermo senza forma, nel sentire FIATO SUL COLLO.
Diabolica esce dalle casse, spingendo a tratti sulle basse senza alcun freno.
Veloce come un treno che sferraglia sui binari. Questa esplosività crea a metà brano la metamorfosi, quella trasfigurazione sperimentale del compositore. Potremmo definirla camaleontica.
Suoni decisi, distorsioni “zanzarose”, e tanta ma tanta buona dose di energia rockettara. Quella non guasta mai!

Adesso siamo proprio di fronte all'ultima porta. La sedicesima.
Concludiamo questo cammino con ALGERNON, dove viene dipinta maggiormente
la vena malinconica e rassegnata del nostro artista. Scorre via lenta, fluida, fino a spegnersi nel nulla.

Viviamo al momento nel mezzo, in un periodo poco produttivo, fatto soltanto
di musica auto confezionata e studiata a tavolino, semplicemente per soddisfare
i propri interessi. Potremmo sottolineare e definirla anche abbastanza sterile.
Dove sono andati a finire gli anni delle band?
Gli anni dell'improvvisazione?
Gli anni delle lunghissime sessioni di prove?
Ma soprattutto, dove è andata a finire la nostra amata SALA PROVE?
Tutto nasceva da lì, dal sudore impregnato fra quelle quattro mura...

… Un album autentico, come SCORPIONI&TARANTOLE, è un lavoro incredibile,
che ci riporta indietro nel tempo, dove Mirko Saltalamacchia, ha avuto il coraggio
di proporre delle sonorità dure, cupe e velate.
Tutti dovrebbero avere fra le mani questo disco, per rendersi conto di tale grandezza.Per più di un'ora, dopo averlo divorato, ti lascia subito quella voglia di riascoltarlo di nuovo.
Mirko ha avuto l'intuizione di apportare l'idioma tricolore su un tessuto noise-rock. Rarità per il nostro patrimonio nazionale.

Non dimentico sicuramente la trilogia che precede questo incantevole disco,
IL COFANETTO DELLA VERGOGNA, ma questa è un’altra storia!

VOTO 10

Carmelo Sottile

Per ordinare copia in formato cd: mirkostudio@tiscali.it

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