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di Alessio Pracanica

Interviste non autorizzate, la rubrica degli incontri con le grandi personalità italiane tra domande scomode e verità supposte. Oggi con noi Vincenzo De Luca.

Interviste non autorizzate: Vincenzo De Luca
Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, già Sindaco di Salerno e vice ministro al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel Governo Letta. Esponente storico del Pci, poi Pds e infine Pd.

D: buongiorno presidente De Luca e grazie per averci concesso questa intervista.


R: si figuri. È fatto obbligo, a noi grandi uomini, di concederci talvolta alla morbosità del volgo.

D: a proposito di volgo, è soddisfatto di come siano state rispettate le normative anticovid? C’è chi le ascrive il merito di aver contenuto l’epidemia.
R: i cittadini campani sanno che ogni tentativo sedizioso verrà soffocato col ferro e col fuoco. Ogni illegalità verrà estirpata procedendo, se è il caso, a decimazioni quartiere per quartiere. Con fucilazioni sulla pubblica piazza dei fortunati estratti, a fin di bene.

D: la camorra, insomma, ha i giorni contati…
R: ma quale camorra? I problemi della Campania sono ben altri, caro signore. Vogliamo parlare dei parcheggi abusivi? Degli attraversamenti col rosso? Della vendita senza autorizzazione di sciurilli, scagliozz, pastecresciute e quant’altro rientra nella categoria del cosiddetto Street Food? E parliamone! Perché sono queste le vere piaghe sociali della Campania.

D: dunque, secondo lei la camorra non esiste?
R: Ah! (ride) Figure d’altri tempi. Roba da sceneggiata napoletana, da neomelodico ai ferri corti col congiuntivo!

D: restando sul congiuntivo, sono forse migliorati i suoi rapporti con il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio?
R: chi? Non mi risulta alcun ministro con questo nome. C’era forse, temporibus illis, nu guaglione che vendeva le coca cole false all’incrocio tra viale Sanità e vico Arena, nei pressi del tarallificio Poppella, ma non ne ho saputo più niente. Dicono sia emigrato in Venezuela.

D: Che iniziative ha in mente, per migliorare la sua regione?
R: Iniziative epocali, colossali. In primis l’autodifesa.

D: prego?
R: ha capito benissimo. La Campania sarà la prima regione al mondo a dotarsi di armamento nucleare. Riempiremo i boschi dell’Irpinia con centinaia di silos missilistici.

Vincenzo De Luca, lo sceriffo cabarettista amante delle iperboli
Naomi Campbell e il suo retweet del video di De Luca
D: vabbè. Altre proposte?
R: nel mio prossimo mandato, mi ispirerò a Mao.

D: Mao-tsè-Tung?
R: precisamente. Voglio replicare la sua rivoluzione culturale. Prenderemo tutti questi intellettualini da repubblichetta napoletana, stile de magistris, minuscolo, e li manderemo nelle risaie. Li voglio vedere con le catene ai piedi.

D: ci sono risaie, in Campania?
R: se dovessero votare male, l’intero beneventano sarà trasformato in un’enorme risaia.

D: e riguardo all’Italia cosa mi dice? Condivide le mosse dell’attuale esecutivo?


R: non mi faccia parlare, la prego! L’Italia avrebbe bisogno di un uomo forte, autorevole, che sappia governare con pugno di ferro in guanto di titanio. Perché non c’è niente, mi creda, che non si possa risolvere abboffando di mazzate due o tre passanti a caso. Pour encourager les autres, come diceva il mio caro Voltaire.

D: lei ha letto Voltaire?
R: non ho avuto tempo. Ma so fonte certa che Voltaire ha letto De Luca.

D: cambiando argomento, come risponde a quei detrattori che le imputano una gestione… quasi monarchica della cosa pubblica?
R: rispondo che io credo fermissimamente nella democrazia e farò di tutto per difenderla, al costo di appiccecare a muro a raffiche di mitra tutti gli oppositori.

D: in ultimo, la domanda che siamo soliti fare a tutti gli intervistati. Ha qualche parola per i giovani?
R: ai giovani dico che, per il loro bene e il loro futuro, ho in animo di ripristinare le pene corporali nella scuola pubblica. Una misura non più procrastinabile e anzi necessaria, per un corretto sviluppo psicofisico.

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De Luca provoca: vecchi abbandonati 11 mesi e ora li vogliono a casa per Natale?

Vincenzo De Luca, breve biografia non autorizzata
Vincenzo De Luca nasce a Memphis nel 1949, dall’unione tra il Colonnello Parker, indimenticato manager di Elvis, e Luciana la Bersagliera del ristorante omonimo.

Bambino precocissimo, all’età di quattro anni si laurea in Storia e Filosofia con una tesi su Lo schiaffo di Anagni.

Nello stesso periodo, la procura di Salerno apre un procedimento a suo carico con l’accusa di aver bullizzato alcuni studenti universitari. Verrà assolto perché il fatto non sussiste.

All’età di undici anni si iscrive, in qualità di socio fondatore, al Gun Club di Baltimora. Partecipa anche al casting per il ruolo del governatore Tarkin in Guerre Stellari, ma non supera il provino per eccesso di protagonismo.

All’età di diciotto anni assolve l’obbligo di leva presso il 20° Reggimento Artiglieria, con il nome d’arte di Ferdinando Carlo Maria Borbone. In tale veste partecipa alla campagna di Crimea, distinguendosi nel cannoneggiamento di Balaklava. Riceverà, per l’eroismo dimostrato, il Telegatto d’argento al valor militare.

Nello stesso periodo, la procura di Salerno apre un procedimento a suo carico con l’accusa di crimini di guerra. Verrà assolto per insufficienza di prove.

Terminata la parentesi bellica, si candida sindaco al comune di Salerno, risultando eletto con il 99, 99% dei voti. I 134 elettori che hanno espresso voto contrario verranno in seguito fucilati in Piazza della Libertà e inumati dentro i piloni del Crescent. Il laborioso procedimento di inumazione farà sì che il completamento del Crescent stesso venga rinviato a data da destinarsi.

In merito all’appalto del Crescent, la procura di Salerno apre un procedimento a suo carico per concussione, falso ideologico e lottizzazione abusiva. Verrà assolto per non aver commesso il fatto.

Tra i numerosi provvedimenti adottati sotto la sua prima sindacatura, si segnala l’obbligo delle papaccelle nell’insalata di rinforzo, la tassazione della sfogliatella frolla e il varo della portaerei Vincenzo il Conquistatore, il cui allestimento verrà in seguito bloccato dal Tar del Lazio per irregolarità procedurali.

A tal proposito, la procura di Salerno apre un procedimento a suo carico per truffa aggravata, corruzione e violazione della Convenzione di Ginevra. Verrà assolto perché il fatto non costituisce reato.

All’età di diciotto anni trasforma la sindacatura di Salerno in monarchia ereditaria con primogenitura maschile. Per sancire con legalità costituzionale tale provvedimento, indice apposito referendum.

Vincenzo De Luca sarò il nuovo Mao-tsè-Tung

I 27 che hanno consegnato scheda bianca verranno in seguito assegnati alla Galleria Nazionale dei Selachoidei di Avellino, sezione squali e batoidei vivi in acquario, in qualità di esche vive.

In seguito a ciò, la procura di Salerno apre un procedimento a suo carico per abuso d’ufficio. Verrà assolto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Successivamente si candida alla Presidenza della Regione Campania. La sua candidatura gode di un sostegno ampio e trasversale. Intellettuali come Clemente Mastella, giovani leve come Ciriaco De Mita, nonché illustri esponenti della società civile, come Al Capone, Vlad Dracul, Joe Bananas e Carmine Scavone detto O Malommo.

La prevista tornata elettorale non verrà effettuata per manifesta inferiorità degli avversari. Il 18 giugno dello stesso anno, Vincenzo De Luca viene incoronato Governatore della Campania, dopo messa solenne, all’interno della Basilica di San Francesco di Paola.

Come primo atto del suo governatorato, propone Napoli come capitale dell’Impero Bizantino e in subordine, quale sede del direttivo Uefa, candidandosi altresì come grande elettore del Sacro Romano Impero.

Inoltre, per scoraggiare la piaga dei parcheggi abusivi, dispone la distribuzione di armi pesanti al corpo dei Vigili Urbani.

Indice gara d’appalto per la linea metropolitana Napoli-Portici, la cui costruzione verrà in seguito bloccata dal Tar per irregolarità procedurali.

Per identico motivo, la procura di Salerno apre un procedimento a suo carico per turbativa d’asta e violazione delle normative antimafia. Verrà assolto perché il fatto è finalizzato allo snellimento procedurale.

Adotta la toga d’ermellino per la figura di Governatore Regionale.

Trasforma la suddetta carica di governatore in Primo Consolato a Vita, trasmissibile ai figli maschi dopo eventuale riformulazione in Impero Campano d’Occidente.

De Luca: Draghi come Cristo che fa i colloqui con i cespugli

Bibliografia
1) Vi abboffo di mazzate. Per un neoborbonismo consapevole (Siddartha ed.)

2) In hoc signo Vincenz (Mezzocannone ed.)

3) Gettysburg 1863, io c’ero (Conf. Army of North Virginia ed.)

4) Fenomenologia del botto di Capodanno (Sobrero ed.)

5) 101 modi di ammazzare il capitone (Bowie ed.)

6) Storia delle Forze Corazzate del Regno di Napoli (Guderian ed.)

7) A bucchin e mammt. Politica senza rancore (Brucelee ed.)

8) Da Cesare a Vincenzo. Vite di uomini illustri (Sticà ed.)

9) Pigliatev o pisce fritt. Guida razionale al voto di scambio (Alfieri ed.)

10) E io lo nacqui! Una biografia (Peremuss ed.)

L'estate tra turismo, De Luca e i poveri la stagione degli orrori

Titoli e onoreficenze
1) Telegatto d’argento al valor militare

2) Primate della Sacra Chiesa Ortodossa Riformata Napoletana

3) Cavaliere del Sacro Ordine di Franceschiello

4) Detentore del record da casello a casello Caserta Nord – Caianello

Rispolverando Marx: salari e profitti, un conflitto senza etica

Interviste non autorizzate: Kulturjam vi intervista, a vostra insaputa.
Queste interviste non sono vere. Peggio, sono verosimili..(kulturjam.it)

 

 

Il Recovery Fund, proprio come nel capolavoro di Marco Ferreri, La grande abbuffata, potrebbe rivelarsi un kammerspiel sulla morte figurata di una generazione politica per eccesso di materialistico soddisfacimento dei sensi.

A quanto pare, sarebbero in arrivo i soldi del Recovery Fund. Il condizionale, come si suol dire, è d’obbligo.

Numerosi sono stati, finora, i colpi di scena di questa avvincente soap opera e altri non se ne possono escludere. Qualora, per esempio, un Lussemburgo decidesse di gettare sul tavolo tutta la sua influenza politica e soprattutto strategica.

Si tratta, comunque, di circa 200 miliardi. Somma enorme, in tempi di vacche magre, ma che in epoche precedenti sarebbe stata subito adoperata per il sospirato sviluppo. Giusto il tempo di regolarizzarne la capillare distribuzione e poi via, senza altri indugi, ad ampliare il porto di Avellino.

Roba d’altri tempi, si capisce.

Mancano i leader di alta statura e nobile disinteresse. Capaci di battere il pugno sul tavolo e irrigare il territorio con opere di varia grandezza e ancor più disomogenea utilità, ma comunque pregne di significato e foriere di contenziosi legali.

Come dimenticare gli 1 virgola 3 milioni di euro spesi per ammodernare l’asilo di Montecchio Maggiore (Vi) senza per altro completarlo? O l’ospedale di San Bartolomeo in Galdo (BN) che langue incompiuto da ben 58 anni, per il quale è stato comunque bandito ed espletato un concorso di 90 posti, tra medici, infermieri e amministrativi?

Recovery Fund: saprà l’attuale leadership essere all’altezza dei fasti del passato?
È più che lecito dubitarne. Se un singolo exploit è pur sempre ripetibile, difficile che si riesca a tessere la necessaria trama di superflue e indifferibili necessità, in grado di impegnare una simile montagna di denaro.

200 miliardi di euro equivalgono a 400mila miliardi di lire. Roba in grado di far tremare le vene dei polsi a un Fanfani. Di scuotere un De Mita dal suo leggendario disinteresse per i pubblici appalti. Di turbare financo un Craxi, distogliendolo dai cimeli garibaldini, per buttare un occhio sul manuale Cencelli.

Iniziamo pure a singhiozzare sul latte versato.

Personaggi di quel calibro e risma non ne nascono più. E anche quando nascessero, mancherebbe una classe burocratica atta a sostenerne i lungimiranti appetiti e le fameliche visioni.

A tutt’oggi, dei 44 miliardi di fondi europei per lo sviluppo, elargiti all’Italia nel periodo 2014-2020, ne sono stati impiegati solo 18.

Distribuiti però su quasi 600mila progetti, per un ammontare medio di circa 30mila euro l’uno.

Cifre da rendiconto condominiale e sola gestibile dimensione, per una classe dirigente trasmigrata d’incanto dal consiglio di quartiere a quello dei ministri.

Occorre quindi muovere alla severa Europa un’altra lacrimosa preghiera.

200 miliardi sono troppi. Si rischia l’indigestione. Ce li mandassero a 30mila euro per volta. In contanti, possibilmente. E qualche cosa si farà.(kulturjam.it)

 

SALINA, LA MALVASIA NEL TG DI RAI3 SICILIA

VIDEO

In un incontro, in cui si è discusso della sanità eoliana, l’assessore regionale Razza ha ipotizzato per l’ospedale di Lipari, così come già avvenuto per quello di Noto, il ricorso all’ormai mitico sistema misto pubblico-privato.
Aurea e paradisiaca visione, ricorrente nella politica destrorsa. In base alla quale, i fortunati possessori di una qualche affezione curabile, verrebbero accolti con petali di rosa e musica d’organo, per poi essere curati da luminari di fama mondiale.
Mentre, au contraire, la sanità pubblica potrebbe assicurare loro solo giacigli di fortuna e le ambigue prestazioni di negromanti e segaossa, senz’altro titolo di studio che il certificato di battesimo.

Il tutto, sia chiaro, a costo zero per il paziente, anzi. Che le imprese private, si sa, prestano la loro opera per mera filantropia e giammai a scopo di lucro.
Certo, la cosa, per il momento, è stata solo sussurrata, pacatamente ventilata. Ma è lecito ipotizzare che, dopo aver messo il piede nella porta, si cercherà silenziosamente di spalancarla, a Lipari come altrove.
Fidando magari nella difficile congiuntura economica, nella stanchezza della pubblica opinione o in certi utili cavalli di Troia, che nell’arruffata epica siciliana non mancano quasi mai.
Dopo aver spiegato agli affezionati elettori che, ahimè, essendo finiti i tempi delle vacche grasse, mantenere certi servizi nelle piccole realtà sarebbe antieconomico e determinati standard sono possibili soltanto ricorrendo alla disinteressata generosità dei privati.
Nessuno, sia chiaro, oserebbe mai mettere in dubbio la professionalità e l’altruismo dei caritatevoli mecenati. Pur tuttavia, le narrazioni al limite della spudoratezza consentono di formulare più di un’obiezione.

Innanzi tutto sul concetto del risparmio. Per lo stato, come per il paziente.
Sarebbe tutto convenzionato, of course, senza alcun costo per i ricoverati. Peccato solo che la cosa si traduca in un raddoppio di spesa per lo stato, che oltre a mantenere il servizio dovrà rifondere il privato, con conseguente aggravio per l’onusto e onesto contribuente.
Nessun risparmio dunque, anche se è legittimo immaginare che qualcuno, da qualche parte ci guadagnerà.

Quanto all’antieconomicità del fornire adeguati standard di assistenza sanitaria nelle piccole comunità, oltre a ricordare che la salute pubblica è un dovere costituzionale, a cui uno stato non può sottrarsi, vale la pena rammentare un altro aspetto.
Nessun potere, giusto o sbagliato, legale o dittatoriale, può pensare di restare in sella se non fornisce in cambio, ai cittadini, quei servizi ritenuti necessari in una determinata epoca storica.
Nel 402 d.C. Flavio Onorio, uno dei più inetti imperatori romani che la storia ricordi, decise di spostare la capitale da Milano a Ravenna, scegliendo di farsi difendere non più dalle legioni, ma da quelle stesse paludi malariche che, 1400 anni dopo, avrebbero causato la morte di Anita Garibaldi.

Un chiaro segnale, a tutti i cittadini, che l’impero non era più in grado di garantire l’unico servigio che al tempo uno stato potesse fornire: la protezione. Al che, le città cominciarono a domandarsi, per quale motivo si dovessero pagare le tasse a uno sciagurato allevagalline incapace di difendere anche sé stesso.
Infatti, tempo una settantina d’anni e il barbaro Odoacre, deposto l’ultimo imperatore, si autoproclamerà re d’Italia.

Altrettanto potremmo chiederci al giorno d’oggi, di un potere politico che non fosse in grado di garantire quei servizi (viabilità, manutenzione del territorio, raccolta della spazzatura, assistenza sanitaria, sicurezza scolastica) considerati irrinunciabili dal comune sentire, come dalla Costituzione.

A che pro pagare le tasse più alte d’Europa, se lo stato subappalta le proprie funzioni?
Che l’assessore Razza, e con lui l’intera classe politica, riflettano su questo. Venendo meno il concetto di sanità pubblica, verrebbero meno tante altre cose. In primis la loro funzione e la necessità di corrispondergli uno stipendio con le nostre tasche.
In ultimo, mi si permetta una piccola considerazione sui cavalli di Troia. Si potrebbe magari pensare, che i vari ed eventuali fautori della privatizzazione sanitaria che potrebbero palesarsi, siano brave persone, afflitte solo da una sostanziale ingenuità.
Ma stante il volume d’affari che gravita intorno al sistema sanitario, per appalti, forniture, assunzioni e quant’altro, il potere seduttivo di un portafogli gonfio suggerisce di relegare l’ingenuità tra le ipotesi più improbabili.

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