Leandro-Janni (1).jpg

di Leandro Janni*

Nel lungo e travagliato iter del Piano per la gestione dei rifiuti in Sicilia, l’ennesimo stop, l’ennesima bocciatura. Ricapitoliamo: dall’aprile del 2021, l’Isola avrebbe un Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani (PRGRU), in attuazione della legge regionale del 2010, messo nero su bianco con decreto del Presidente della Regione 8/2021 e pubblicato il 9 aprile 2021 sul Bollettino ufficiale della Regione.

Questo, dopo una serie di rallentamenti procedurali e vicissitudini politiche come la bocciatura, nel 2019, da parte dal Ministero dell’Ambiente e la richiesta di integrazioni da parte del Consiglio di giustizia amministrativa, nel gennaio 2021. Quindi, il Piano e i relativi elaborati tecnici sono stati aggiornati facendo riferimento, anche, alle novità introdotte dal pacchetto europeo sull’economia circolare. Ma adesso, a distanza di circa un anno, ancora un’amara delusione. Questa volta è la Commissione Europea a contestare il piano voluto dal presidente della Regione Siciliana Musumeci, con la conseguenza di chiudere i rubinetti dei fondi destinati alla costruzione degli impianti di trattamento rifiuti in Sicilia.

«Il Piano – si legge nella nota della Commissione – non è conforme alla Direttiva quadro sui rifiuti, perché mancano informazioni sufficienti sul tipo, la quantità e la fonte dei rifiuti prodotti sul territorio e una valutazione dello sviluppo dei flussi di rifiuti in futuro». Il Piano di Musumeci, inoltre, secondo la Commissione, «è privo di una descrizione chiara e dettagliata delle misure previste per conseguire gli obiettivi». Insomma, la non conformità del Piano per la gestione dei rifiuti non solo metterebbe a rischio la tutela del territorio isolano, ma rappresenterebbe un potenziale danno per le tasche dei siciliani.

E senza tale documentazione restano bloccati sia i fondi europei della programmazione 2014-2020, per un importo di circa 35 milioni di euro, sia i fondi inerenti al periodo 2021-2027. E’ chiaro che gli impianti di trattamento sono fondamentali nel sistema di smaltimento dei rifiuti. Non realizzarli significherebbe condannare la Sicilia all’eterna emergenza. E i sindaci siciliani, in questi giorni, si trovano costretti ad aumentare in modo rilevante la tassa sui rifiuti per sostenere le spese legate al trasporto fuori dall’Isola, proprio a causa della carenza di impianti.

Lo scorso febbraio 2022 noi di Italia Nostra scrivemmo: «Neppure un anno fa, il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci approvava un Piano regionale per la gestione dei rifiuti che non prevedeva la costruzione di inceneritori. Oggi invece, su suo impulso, si presentano sette imprese interessate a costruirli. Perciò, qualora davvero si volessero realizzare, occorrerebbe mettere mano nuovamente al Piano per la cui pubblicazione sono stati necessari dieci anni. Tanto in campagna elettorale nel 2017, quanto durante il suo mandato, il presidente Musumeci ha sempre affermato di essere contrario all’affidamento della gestione dei rifiuti nelle mani dei privati, puntualizzando di volerla affidare al pubblico e dunque sottrarla al giro di affari milionario delle imprese.

Oggi si manifestano ben sette imprese private, che non solo dovrebbero costruire gli impianti di incenerimento, ma addirittura gestirli. L’emergenza dei rifiuti è in atto adesso e servono misure immediate. Pertanto, perché si propone la costruzione di inceneritori i cui tempi di realizzazione sono di almeno tre-quattro anni? Le Direttive europee sull’economia circolare impongono standard di recupero dei “materiali post consumo” (rifiuti) elevatissimi. Il che vuol dire che, da qui a pochi anni, l’80% dei rifiuti che produciamo non potrà più finire in una discarica e neppure dentro un inceneritore. Ora, il presidente della Regione Siciliana Musumeci vorrebbe realizzare due inceneritori con una capacità di carico di circa 450.000 tonnellate/anno. Ma, ci chiediamo: dove trova tutti questi rifiuti?

La Sicilia è una terra che ha subito le conseguenze dell’industria pesante. Nelle provincie di Caltanissetta (Gela), Messina (Milazzo) e Siracusa (Augusta-Melilli-Priolo) possiamo constatare i segni di tale scriteriata industrializzazione: territori inesorabilmente feriti, compromessi e nei quali il risanamento ambientale forse non avverrà mai. E oggi, ancora una volta, si concederebbe alle aziende private la possibilità di scegliere i luoghi nei quali realizzare tali inceneritori. Ma davvero non abbiamo imparato nulla dal passato? Ma davvero dobbiamo continuare a danneggiare, a offendere la Sicilia e i suoi abitanti?

Lo scorso novembre 2021, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla Concorrenza. E’ stata cassata la norma contenuta nell’articolo 12 che prevedeva un’accelerazione dell’iter autorizzativo per i nuovi inceneritori per lo smaltimento dei rifiuti. Insomma, lo abbiamo detto tante altre volte e oggi lo ripetiamo: il governo Musumeci prenda atto del fatto che gli inceneritori non li vuole nessuno (o quasi). La strada da percorrere, senza ulteriori indugi, senza ambiguità e contraddizioni, è quella dell’economia circolare che prevede il potenziamento della differenziata e la realizzazione di impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti».

*Presidente regionale Italia Nostra Sicilia

filippino2 copia.jpg