mbarresidi Mario Barresi

Un’eminenza grigia  del centrodestra profetizza, con ghigno pensoso, che «su questa cosa Musumeci e Razza si stanno giocando tutto: se l’azzardo riesce possono buttare la chiave del potere fino al 2027, ma se qualcosa va storto per loro sarà l’inizio della fine». «Questa cosa» sono le nomine dei manager della sanità siciliana, i cui contratti sono in scadenza ad aprile 2022. Il governo regionale ha però già premuto il tasto d’avvio sulla nuova procedura. Lo scorso 19 novembre la giunta ha dato il via libera agli schemi di avvisi pubblici proposti dall’assessore Ruggero Razza: uno per la selezione dei direttori generali e uno per l’aggiornamento biennale degli idonei al ruolo di direttore amministrativo e sanitario.La partita più importante, ovviamente, è quella dei manager.

Con una tempistica precisata nella relazione allegata alla proposta di delibera: pubblicare l’avviso sulla Gurs e sul sito internet dell’assessorato «entro la metà del mese di gennaio 2022» allo scopo di «concludere la procedura selettiva entro i 150 giorni indicati», facendo in modo che «la formulazione delle rose degli idonei» avvenga «entro la naturale scadenza del termine previsto dagli attuali contratti». Il principale requisito per gli aspiranti dirigenti generali è l’iscrizione all’elenco nazionale. Come già avvenuto nel 2018, la selezione sarà affidata a una commissione nominata dal presidente della Regione in tre “macro-fasi”: costituzione dell’elenco degli idonei, valutazione dei candidati, inserimento dei selezionati in rose da sottoporre alla giunta per la nomine.

Diverso l’iter per entrare nei nuovi elenchi di idonei ai ruoli di direttore sanitario e amministrativo, che vengono a loro volta scelti dai manager con nomina fiduciaria. Per l’ingresso nell’albo, oltre alla laurea in discipline giuridiche o economiche, bisogna «aver svolto, per almeno cinque anni, qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione». Una competenza più specialistica rispetto al precedente schema di delibera portato in giunta a ottobre scorso (e poi ritirato), in cui l’esperienza dirigenziale richiesta non era vincolata alla sanità. Fra i requisiti indicati c’è infine il possesso di un «attestato di frequenza»: o quello del «corso programmato per il conferimento dell’incarico di direttore generale» o quello del «corso di formazione manageriale».Ed è qui che il burocratese si traduce in codice politichese.

Perché si dà il caso che sta per concludersi, al Cefpas di Caltanissetta, la seconda edizione del corso di formazione manageriale per aspiranti direttori generali, sanitari e amministrativi. Dopo la selezione del 14 luglio scorso (con riapertura dei termini il 12 settembre), il braccio didattico della sanità regionale sta per sfornare altri idonei. Fra cui spiccano alcuni nomi importanti, a partire dal direttore amministrativo dello stesso Cefpas, Giovanni Mauro (già presidente della Provincia di Ragusa, deputato e senatore di Forza Italia, vicino a Gianfranco Miccichè), nell’insolita veste di padrone di casa e corsista. E poi gli altri big: Ciccio Cascio (ex presidente dell’Ars, ora medico a Lampedusa, fra i papabili per la corsa a sindaco di Palermo), Giovanni Albano e Gianluca Galati (rispettivamente presidente e direttore amministrativo della

Fondazione Giglio di Cefalù), Giancarlo Migliorisi (capo della segreteria tecnica di Miccichè all’Ars). Una quarantina di “studenti” con ritmi serrati e rigidi protocolli ministeriali sull’obbligo di presenza, in una “classe” dai profili variegati: burocrati regionali (come Carlo Turriciano) e provinciali (il ragusano Nitto Rosso), medici affermati (il catanese Gianfranco Di Fede, l’agrigentino Luciano Sutera Sardo, l’ibleo Giorgio Martorana), commercialisti di grido (Peppino Briuccia, riferimento siciliano di PricewaterhouseCoopers), oltre alla magistrata Maria Fascetto Sivillo. Nella lista dei futuri idonei a ricoprire gli incarichi di vertice della sanità siciliana c’è anche Ferdinando Croce, ex vicecapo di gabinetto di Razza, che s’è dimesso perché indagato nell’inchiesta sui falsi dati Covid. Croce il 30 giugno è tornato in pista come esperto giuridico-amministrativo del presidente della Regione. 

Questi sono i corsisti vip del Cefpas, selezionati con un test d’ingresso a un corso di 300 ore (costo: 3.500 euro), con 120 ore in comune e moduli specialistici di 80 ore più seminari e studio individuale, che dovrebbe chiudersi a breve nella versione “intensiva” quadrimestrale, con 7/8 ore di lezione per otto giorni al mese, mentre chi ha voluto prendersela più comoda finirà in 8 o 12 mesi. Ma i corsisti più bravi e veloci sono diventati già oggetto di scontro, ancor prima del valzer delle nomine. Nel centrodestra siciliano, in attesa della nuova spartizione della golosissima torta sanitaria, ci si chiede quale sia la strategia di Nello Musumeci.

Ovvero: se il governo intenda blindare l’attuale assetto dei manager (limitandosi a poche inversioni di ruolo e magari a qualche isolata bocciatura) o se invece voglia rimescolare tutte le carte. I sospetti si addensano sulla seconda ipotesi, con i più malpensanti che temono un new deal a misura di campagna elettorale. Per i direttori sanitari e amministrativi ci dovrebbero essere i tempi tecnici per far salire a bordo le nuove leve formate al Cefpas, tanto più che nell’avviso proposto da Razza - come notano i più attenti fra gli alleati - basta il requisito dell’«attestato di frequenza». Ma forse è un eccesso di malizia. Più complicata la coincidenza per i manager: anche chi termina il corso di formazione, infatti, deve aspettare che si riaprano i termini per l’ingresso nell’elenco nazionale degli idonei, il cui ultimo aggiornamento risale al 21 settembre 2017. Il ministero della Salute dovrebbe pubblicare a breve il nuovo avviso pubblico, ma i tempi sono incerti e indipendenti dalle dinamiche regionali.

E allora, se si volessero aspettare le nuove ambiziosissime leve, una soluzione potrebbe essere indicare dei commissari alla scadenza degli attuali manager. Per arrivare fino all’estate 2022 (visto che non c’è più il divieto di nomine dirigenziale nell’ultimo semestre di legislatura), magari con un’arma di ricatto sugli alleati più recalcitranti. E poi lo scenario finale: Musumeci ricandidato del centrodestra unito, con un esercito di manager sanitari - i più fedeli fra gli attuali, tutti avvistati a osannarlo alla recente kermesse di DiventeràBellissima a Catania; ma anche i nuovi, freschi di incarico e iper motivati - pronto a tirare la volata all’«unico pizzo che piace ai siciliani».(lasicilia.it

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Ci sono delle volte in cui ti viene voglia di mandare tutto affanculo. Vengo e mi spiego. Ho battuto il record di velocità in notifiche di atti giudiziari: in 20 minuti un’identificazione e un avviso di conclusione indagini, entrambi per querele di parte (un imprenditore in odor di mafia e un politico leghista) per diffamazione a mezzo stampa.

So benissimo che si tratta di inconvenienti del mestiere. Anche “medaglie”, in un certo senso. Tanto più che negli ultimi anni avrò collezionato una trentina di procedimenti: finora zero condanne e soltanto un bizzarro processo per rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio. Mi difenderò anche stavolta. Con qualche amarezza e consapevolezza in più.

Un’amarezza è dovuta soprattutto al fatto che le querele sono sempre di più e sempre più spregiudicate. E adesso, con l’obbligo della mediazione, c’è la subdola tecnica dell’invio della “letterina” che ti offre un patto col tuo querelante. Un’ulteriore arma di ricatto e di pressione su carta intestata di prestigiosi studi legali: ne ho ricevuto un paio, negli ultimi tempi, per conto di un magistrato e di un docente universitario.

Ecco, questo è il punto. Con i ddl sulle querele temerarie fermi in Parlamento da lustri, chi fa il giornalista ha ben pochi strumenti (oltre a correttezza, deontologia e verità) per tutelarsi. Avendo un contratto art. 1 io sono un privilegiato: l’azienda mi copre le spese legali (la stessa cosa non accade per decine di ottimi colleghi freelance). Ma mi copre anche le spalle. Con la fiducia dell’editore, del direttore e del caporedattore. Eppure, ogni volta che arriva una nuova notifica, mi resta sempre il retrogusto di essere una rottura di coglioni anche per chi mi stima e mi vuole bene.

Un’altra fonte di amarezza è legata al senso che sta prendendo questo mestiere nella nostra terra. La Sicilia ha pagato un prezzo altissimo in termini di giornalisti ammazzati semplicemente perché facevano bene il loro mestiere. E la memoria resta un patrimonio da custodire con orgoglio. Ma adesso tutti noi (e i nostri organi di rappresentanza), oltre alle cerimonie per ricordare i morti, dovremmo occuparci un po’ di più anche di chi è vivo. E fa questo mestiere. Per i mafiosi, ancora forti e spocchiosi, sono i giornalisti essere una montagna di merda. Eppure, a mio modestissimo avviso, la vera emergenza oggi non sono né il recapito di teste di capretto imbustate al supermercato, né gli insulti di qualche delinquente-social. Chi ancora prova a fare questo lavoro sa benissimo che le vere minacce, per la serenità professionale e familiare, sono proprio quelle “eleganti” e ben scritte, in avvocatese, su carta bollata. Anniversari e attestati di solidarietà (odio questa parola!) sono riti a costo zero. Talvolta alibi per coprire la nostra pigrizia intellettuale. Le idee e i fatti sono più impegnativi. Vorrei che finalmente si aprisse un dibattito serio sull’argomento, ma forse sono un illuso.

Poi ci sono le consapevolezze. La prima è che non intendo mollare, nemmeno di un millimetro. Continuo, anche perché so fare solo questo. La seconda, più recente, è che non basta più difendersi. Ma bisogna pure attaccare: a ogni querela ingiustificata risponderò in sede civile. Se l’avessi fatto prima, nell’ultimo decennio avrei racimolato il tesoretto necessario ad anticipare il sogno della mia vecchiaia: una casetta ad Alicudi dove rifugiarmi per leggere e scrivere. Il mio “cash back” comincia adesso… Ma per fortuna a Catania c’è il mare. Puoi staccare la spina per qualche ora, dedicandoti solo a te stesso. Io lo sto facendo. E sto già molto meglio.

 

Ma c'è anche lui, in quella lista? Cateno De Luca, da par suo, si mette a nudo: «Se alla fine di una giornata all'Ars incontro un sindaco della mia zona e andiamo a cena per discutere di problemi, alla fine chi paga? Io. E cos'è questa, se non attività politica? ». Precisazione numero uno: «Io, però, andavo in trattoria, anche con dieci sindaci. Ma in trattoria». Precisazione numero due: «Certo, qualche collega che se ne andava al ristorante chic con l'amante ci sarà... ».

Malizioso, l'ex deputato autonomista-sicilianista-sudista dallo strip facile, oggi sindaco nel Messinese. Sì, perché questo scandalo della casta è (anche) un vaso di Pandora ricolmo della più atavica pruderie. E ieri, a Palermo e non solo, tutti con la lente d'ingrandimento. La macchina del tempo e del fango in piena attività, splulciando profili Facebook a caccia di "sospettabili" foto di vacanze democratico-caraibiche; o chiedendo ai vecchi marpioni dell'Ars di quella volta che arrivò un decreto ingiuntivo dal casinò di San Vincent. E via raccontando. Retroscenando. Favoleggiando. Millantando. Tanto a sparare nel mucchio, qualche bersaglio si colpisce. Se poi metti una mattinata all'ingresso - con i giornalisti lasciati fuori dall'Ars per la protesta dei commessi privati dei benefit diventati rigidi applicatori delle regole del Palazzo («Non si entra fino alle 12») - a contatto con gli assessori regionali, altrettanto sgraditi ai ligi dipendenti, che sciamano, allora sì che la frittata è fatta. «È una vicenda scabrosa, ma almeno così stiamo in pace per un po': niente rimpasto, l'inchiesta ci allunga la vita», confessa un componente (neutro istituzionale) del governo regionale. E ha voglia, il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, di rassicurare che «l'indagine non ha nulla a che vedere né con le vicende interne al Pd, né con il prossimo congresso regionale, né sull'eventuale rimpasto di Giunta». Perché questa storia, Rosario Crocetta, che si veste di «tristezza» e di «rabbia», la porta all'incasso. Fino all'ultimo centesimo di euro della vergogna: «Chi è indagato non può chiedere di entrare in giunta».

Ma chi li ha presi, quei soldi? I gruppi, Tutti. «Per il partito», risuona il refrain che ha il tintinnio di monetine al "Raphael"; il retrogusto di bava alla bocca e di conigli mannari. Tant'è che, nella disgrazia, ancora più mediatica che giudiziaria, c'è un accordo così trasversale da poter riscrivere - volendolo, stamattina - un nuovo Statuto a colpi di unanimità. O quasi. Già, perché se anche l'ex deputato regionale Mirello Crisafulli si trova nello stesso pasticcio del suo rottamatore preferito, Davide Faraone... «No, non diciamo fesserie», ci stoppa subito il segretario del Pd di Enna. «Io sono coinvolto in quanto beneficiato, presunto beneficiato». Di che cosa? «Dell'anticipo di una rata dell'assicurazione della macchina, 1.100 euro, perché mi trovavo all'estero e ha pagato il gruppo».

E il collega-nemico? «Lui avrebbe usato i soldi del partito - sibila il vocione - per finalità non legate all'attività politica. Così dicono i giudici, anche se Faraone è convinto del contrario». Quindi, come finisce questa storia: «Non lo so come finisce, ma è ridicola», Mirello dixit. Con la medesima nonchalance - autentica, fors'anche un po' ostentata - dell'ex governatore Raffaele Lombardo, anch'egli nell'inchiesta della Procura di Palermo: «Sono ormai un collezionista di avvisi di garanzia, indagini e processi... ». Precisando però di «non aver mai comprato nemmeno un foulard o una cravatta, giammai di Hermes, con soldi che non fossero miei». Così giura, nei corridoi del Tribunale di Catania, dove l'ex leader dell'Mpa ha ben altro a cui pensare: una delle udienze del processo in cui è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio.

L'autodifesa di Livio Marrocco, ex capogruppo all'Ars di Fli, sembra uscita da un fumetto. Non di Diabolik (per la cui raccolta completa avrebbe speso 179,40 euro, dicono i pm), piuttosto di Walt Disney: «È falso che io abbia stipulato abbonamenti a Diabolik. Quel fumetto era allegato a uno dei quotidiani che, in quanto capogruppo, davo mandato di acquistare per metterli a disposizione del gruppo di Fli all'Ars». Sulle altre spese (compresi i 79mila euro che i magistrati gli contestano di aver versato all'autista) la posizione è più di circostanza: «Ho la coscienza a posto e lo dimostrerò ai magistrati, verso i quali nutro come sempre la massima fiducia».

Fiducia. Tutti hanno fiducia nei magistrati. Quella, istituzionalmente corretta, che ribadisce il presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, «perché la serenità serve a tutti e per fare la differenza tra le spese lecite e quelle non consone alla politica, che certamente non fanno onore a chi le ha fatte». La stessa serenità che si attribuisce, pur dicendosi «turbato», il leader di Articolo 4, Lino Leanza. «C'è un profilo comune a tutti i gruppi e lì bisognerebbe ragionare sull'assenza di regole chiare», argomenta. E c'è anche «un aspetto legato alle condotte personali e la mia è inattacabile: non ho messo un solo centesimo nelle mie tasche».

Sono (quasi) tutti indagati; nessuno si sente colpevole. Fino a sera continua la ricerca del regalo griffato, della cena più o meno elegante, del resort con più stelle. Numeri, sfumature, la difesa che diventa attacco. Perché se tutti sono peccatori, allora tende ad autoassolversi chi ritiene di aver peccato con venialità. E allora tutto diventa relativo. Perché se il diavolo veste Prada, che volete che sia una borsa di Luis Vuitton da 440 euro. Poco più di un assegno del reddito minimo che sfamerà una miserrima parte dei miseri siciliani. Il resto è mancia. Anzi no, perché anche quella - seppur di un euro - te la rimborsa mamma Ars.

 

Nel giorno del terremoto giudiziario all'Ars arriva il via libera a finanziaria e bilancio. Approvata nella notte all'assemblea regionale la Finanziaria con 39 voti a favore e 22 contrari. Un solo astenuto, il deputato del Nuovo centrodestra Vincenzo Vinciullo. E con 22 assenti in Aula al momento del voto Passa anche il bilancio, con 22 i contrari, e 44 a favore. "Dal 2005 - ha detto il presidente della Regione Rosario Crocetta - non si approvavano una finanziaria e un bilancio definitivi a gennaio. E poi ci sono tante norme importanti come quella che cancella le partecipate dello spreco. Mi accusano di fare norme manifesto? Sono cose buone, se poi fanno pure la loro parte nel consenso, non ci vedo nulla di male". "Sono soddisfatto, - ha ribadito l'assessore all'Economia Luca Bianchi - poco più di un anno fa abbiamo trovato una Regione con conti poco trasparenti, si parlava di default. Questa finanziaria ha un'anima, continuiamo anche quest'anno con il risanamento con 300 milioni di tagli per i precari. Manca solo il dl imprese. Ma c'è l'impegno e l'intenzione di insistere, di portarlo avanti. La manovra sarà veramente conclusa quando ci sarà anche quello".
Ma non mancano le polemiche. "Si è preferito pensare a petrolieri e a proprietari di cave, tranne che ai siciliani", si legge in una nota del Movimento 5 Stelle che ha votato contro. "Una manovra brutta nei contenuti e anche nella forma, che attesta un modo di lavorare molto approssimativo di questo Parlamento e, soprattutto, del governo, che porterà a cozzare contro il muro del Commissario dello Stato. La Finanziaria è stata riscritta direttamente in aula, a dispetto di quanto esitato in commissione Bilancio. Siamo certi che saranno molte le norme impugnate".

INTRODOTTO REDDITO MINIMO. Dopo le norme sulle coppie di fatto, in Sicilia arriva anche il reddito minimo per le famiglie povere, con un assegno non superiore a 400 euro al mese, per ora soltanto nel 2014. La norma del governo è stata approvata dall'Assemblea regionale che sta discutendo gli ultimi articoli della manovra finanziaria. Tecnicamente si chiama 'sostegno all'inclusione attiva' (Sia), è istituito un fondo con 15 milioni di euro, alimentato dai ribassi d'asta relativi ai contratti di servizio stipulati dall'amministrazione, per finanziare la misura, un milione di euro in particolare è destinato alle strutture accreditate preso l'Agea (Fondazione Banco alimentare-Banco delle opere di carità) che operano in Sicilia per l'organizzazione di servizi di emergenza alimentare. Le modalità di accesso al fondo e di integrazione al reddito saranno definite entro 120 giorni con decreto dell'assessore alla Famiglia.

TAGLIO DI 28 MILIONI. SCONTRO IN AULA. A copertura dei residui attivi, l'Ars ha approvato la norma della finanziaria che prevede un taglio di 28 milioni di euro appostati in un fondo di garanzia: 5,1 milioni di euro dai dissalatori, 3 milioni alle società partecipate in liquidazione, 3 milioni al fondo per le spese informatiche, 2 milioni al capitolo destinato alla manutenzione dei beni regionali, 300 mila euro al fondo per i buoni pasto dei dipendenti della Presidenza. In aula è scontro su altri tagli previsti per il rifinanziamento di leggi di spesa: da 290 a 262 milioni di euro. A farne le spese tante categorie: 14 milioni in meno ai Consorzi di bonifica, 4 milioni all'Irsap, 1 milione in meno gli Ersu e 3 milioni in meno alle borse di studio di medicina e chirurgia.

PIU' FONDI AI COMUNI VIRTUOSI. Cambiano le regole per ripartire le risorse regionali tra i Comuni siciliani. Addio a bandi e lungaggini amministrative, le somme saranno trasferite sui bilanci in base a precisi criteri fissati in Finanziaria che dovrebbero premiare le amministrazioni meritevoli. Prove tecniche di federalismo fiscale, insomma, con i sindaci che avranno maggiori responsabilità nel reperimento e nella gestione delle risorse.
Difficile confrontare le somme a disposizione dal 2014 con quelle stanziate lo scorso anno, perché la norma approvata dall'Ars abolisce il vecchio fondo della autonomie locali e introduce nuovi meccanismi. Considerando comunque solo le somme strettamente destinate ai Comuni, se nel 2013 sono stati stanziati 378 milioni e 500 mila euro, quest'anno si arriva a 386,9 milioni.

Ars ha ripreso l'esame della finanziaria, con le norme finora accantonate. "Non c'è alcun congelamento di somme, è un fatto puramente tecnico e contabile e non c'è stato alcun allarme, perché l'accantonamento verrà poi svincolato successivamente". Così il presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, conversando con i cronisti prima della seduta d'aula sulla finanziaria, in merito alla decisione del governo di inserire tra gli accantonamenti, bloccando la spesa fino al 30 giugno, anche di 39 dei 149 mln assegnati all'Ars. Ardizzone ha spiegato che attraverso l'articolo 117 del regolamento interno gli uffici chiariranno la norma.

TRASPORTO PUBBLICO. «Passa anche in aula il ripristino dei finanziamenti destinati al trasporto pubblico locale in Sicilia. Con questo provvedimento si salva un settore che fornisce un servizio essenziale ai cittadini e, al tempo stesso, si mantengono i livelli occupazionali in un momento di congiuntura socio economica a causa del quale la Sicilia non può permettersi il lusso di perdere altri posti di lavoro». Lo dice Luca Sammartino di Articolo 4. «L'ulteriore riduzione del livello di contribuzione, già tagliato ripetutamente negli ultimi due anni, avrebbe messo a rischio molte aziende di trasporto pubblico ad iniziare dall'Amt di Catania che non avrebbe retto il contraccolpo per continuare con numerose altre aziende sia di trasporto urbano che extraurbano», conclude Sammartino.

INTRODOTTO REDDITO MINIMO. Dopo le norme sulle coppie di fatto, in Sicilia arriva anche il reddito minimo per le famiglie povere, con un assegno non superiore a 400 euro al mese, per ora soltanto nel 2014. La norma del governo è stata approvata dall'Assemblea regionale che sta discutendo gli ultimi articoli della manovra finanziaria. Tecnicamente si chiama 'sostegno all'inclusione attiva' (Sia), è istituito un fondo con 15 milioni di euro, alimentato dai ribassi d'asta relativi ai contratti di servizio stipulati dall'amministrazione, per finanziare la misura, un milione di
euro in particolare è destinato alle strutture accreditate preso l'Agea (Fondazione Banco alimentare-Banco delle opere di carità) che operano in Sicilia per l'organizzazione di servizi di
emergenza alimentare. Le modalità di accesso al fondo e di integrazione al reddito saranno definite entro 120 giorni con decreto dell'assessore alla Famiglia.

- Un blitz notturno del governo ha congelato 39 milioni di finanziamenti all'Ars, scatenando il panico in Parlamento. Dipendenti e collaboratori temono che la riduzione della spesa possa mettere a rischio gli stipendi. Ipotesi però già smentita da Paolo Ruggirello, capo del collegio dei questori dell'Ars.
Tecnicamente non si tratta infatti di un taglio. Il governo ha soltanto congelato alcune spese in attesa di conoscere, nel corso dell'anno, il peso di alcuni obblighi di risparmio che arriveranno dallo Stato. Tutto dipende quindi dal futuro accordo sul patto di stabilità. Se sarà vantaggioso per la Sicilia, lo stanziamento dell'Ars verrà mantenuto intatto rispetto alle previsioni (149 milioni).
Se invece sarà più duro del previsto, si potrà ridurre il budget di una cifra già determinata in 39 milioni. La stessa logica si applica a numerose altre voci di bilancio. E' il caso delle somme destinate allo straordinario e ai premi di rendimento dei dipendenti regionali, fissate in 48,4 milioni ma che potrebbero essere ridotte di 12,8 milioni. All'Ast dovrebbero andare 28 milioni ma se dallo Stato arriveranno cattive notizie è già previsto un taglio di 7,4 milioni. E per le società partecipate, a cui dovrebbero andare 38,5 milioni, la riduzione eventuale sarà di 10 milioni.

BIANCHI CONFERMA ACCANTONAMENTI, ANCHE 39MLN ARS. «Si sta creando un caso che non esiste: abbiamo accantonato delle somme del bilancio della Regione a salvaguardia delle entrate, tra queste anche 39 milioni già assegnati all'Ars». Lo afferma l'assessore regionale all'Economia, Luca Bianchi, uscendo dalla stanza del presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, dove c'è stata una riunione sulla manovra finanziaria. Bianchi dunque conferma la tabella approvata ieri sera dall'Ars.

STRETTA ARS SU ACCESSI, MALUMORE PERSONALE REGIONE. L'applicazione rigida di una circolare per gli accessi a Palazzo dei Normanni, emanata qualche giorno fa dagli uffici dell'Ars, sta creando qualche malumore tra assessori, dirigenti della Regione e componenti degli uffici di gabinetto. Stamattina gli assistenti parlamentari in servizio davanti al Palazzo avrebbero limitato gli accessi dall'ingresso secondario, in piazza Indipendenza, solitamente utilizzato da assessori, dirigenti, funzionari e tecnici della Regione: alcuni di loro sarebbero stati invitati ad allontanarsi e a presentarsi in piazza Parlamento, tra loro anche l'assessore alle Infrastrutture Nino Bartolotta.

- Scatta domani l'ultimo giorno di votazioni all'Ars sulla Finanziaria. Il governo punta all'approvazione entro la nottata e per raggiungere l'obiettivo chiederà al presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, di dichiarare improponibili gran parte degli 800 emendamenti che appesantiscono la manovra.
Anche nel testo base restano però articoli delicatissimi da esaminare e su cui manca ancora un'intesa.

REDDITO MINIMO
L'articolo 41 prevede «in via sperimentale» l'erogazione di un reddito minimo alle famiglie che si trovano in stato di povertà assoluta secondo i parametri Istat: pronti 15 milioni per garantire un assegno mensile da 400 euro per circa 3.125 famiglie.

PARTECIPATE
Un emendamento aggiuntivo al testo base prevede di ridurre da 34 a 9 le società in cui la Regione detiene partecipazioni azionarie. Sopravviveranno Azienda siciliana trasporti, Servizi Ausiliari Sicilia, Sicilia e Servizi, Riscossione Sicilia, Irfis, Sviluppo Italia Sicilia, Siciliacque, Parco scientifico e tecnologico, Seus 118. Tutte le altre verranno poste in liquidazione o assorbite da queste 9.

ACCANTONAMENTI
L'articolo 4, rimasto in sospeso fin dal primo giorno, è quello che prevede l'equilibrio delle entrate. Mancherebbe un centinaio di milioni per essere al riparo da impugnative per carenza di coperture finanziarie.

COMUNI
L'articolo 6 stanzia i fondi per i Comuni. Ci sono taglie per centinaia di milioni e su questo si discuterà fino all'ultimo.

FINANZIAMENTI
È stato accantonato nei giorni scorsi uno dei primi articoli del testo, il 18, che finanzia con 269 milioni centinaia di voci di spesa ed enti legati a vario titolo alla Regione. C'è poi l'ultimo articolo, il 46, che è diventato in commissione Bilancio il contenitore di tutte le proposte di spesa avanzate trasversalmente dai partiti: vale circa 10 milioni ma non ha copertura finanziaria integrale e bisognerà tagliare qualcosa.

Proroghe triennali per una platea di circa 24.600 precari degli enti locali, della sanità, degli assessorati regionali. Un assegno garantito anche a 5.800 Asu. A notte avanzata l'Ars dà il via libera alla norma più attesa della Finanziaria: quella che salva oltre 30 mila contrattisti. Forti, i precari siciliani, di un sostegno praticamente unanime in Parlamento che arriva nel giorno in cui il governo porta a casa anche il riconoscimento delle coppie di fatto e il piano casa. La norma approvata fa scattare subito contratti triennali, alla scadenza dei quali i precari potranno essere stabilizzati (se ci sarà posto nelle piante organiche e i conti non saranno in rosso). Restano da votare solo le norme che riguardano i 3.200 pip di Palermo e i precari dei cantieri di servizio

Già approvata la nuova riforma agraria: l'articolo prevede che entro due anni la Regione completi la procedura di assegnazione dei terreni che erano stati sottratti ai latifondisti negli anni Cinquanta in applicazione della prima riforma agraria. Almeno 30 mila ettari – ha detto in aula l'assessore Dario Cartabellotta – non sono assegnati e non fruttano nulla. Ora la Regione prevede di darli agli eredi di chi li ha coltivati 60 anni fa dietro pagamento di un prezzo che verrà fissato per decreto entro due mesi. Un secondo comma prevede che chi detiene senza averne titolo terreni oggetto della riforma agraria, li perda: la Regione tornerà in possesso dell'immobile e lo metterà in una Banca della terra che servirà ad assegnare in affitto queste aree o a venderle.

DISIMPEGNARE I FONDI INUTILIZZATI IRCAC. L'Ircac (istituto regionale per il credito alle cooperative) dovrà disimpegnare i circa 30 milioni del fondo unico a gestione separata non utilizzati negli anni. Lo prevede la norma riscritta dal governo prevede inserita nell'articolo 25 della legge di stabilità varata oggi dall'Ars. Una parte dei soldi verrà restituita all'Ircac e versata nuovamente nel fondo unico per essere destinate ad iniziative in materia di sviluppo e occupazione, 10 mln andranno nel bilancio regionale destinate a misure di sviluppo per il sociale. Per l'assessore Luca Bianchi «è stato liberato un tesoretto di fondi inutilizzati a valere su una legge degli anni '80 e dunque non più erogabili, si tratta di un'operazione di potenziamento, non di indebolimento dell'Ircac». «Con la riscrittura dell'art. 25 della legge di stabilità regionale si sblocca, dopo anni, un tesoretto da 30 milioni di euro che si trovava nelle casse dell'Istituto regionale per il credito alle coop e che ora potrà essere impiegato per far ripartire una parte importante dell'economia siciliana, ad iniziare dalle tante idee dei nostri giovani», dice Totò Lentini Per i deputati Ncd all'Ars, Pietro Alongi e il capogruppo, Nino D'Asero «pur criticando un esproprio di 10milioni dai fondi Ircac, è piena la soddisfazione per la specifica inserita con la norma aggiuntiva, la quale vuole, fra i beneficiari dei fondi Ircac inutilizzati, le cooperative che gestiscono terreni e aziende confiscati alla mafia. Poichè occorre connotare sempre più la politica istituzionale con i valori contrapposti al malaffare, per porre un serio argine allo scollamento fra le stesse istituzioni e i cittadini».

TECNICI ITALTERR, NO ALLA PROROGA. Stop alla stabilizzazione di 64 tecnici della Protezione civile che appartengono al bacino Italterr. Su pressione del M5S la norma che li riguarda slitta all'ultimo giorno utile per le votazioni.

IL PRECEDENTE. Giacca, cravatta e valigetta porta documenti rigorosamente obbligatori per muoversi in Parlamento anche se formalmente si tratta di colf. È l'ultima frontiera dell'Ars, il portaborse inquadrato come colf. Espediente necessario dopo la legge che ha ridotto gli stipendi ai deputati e riscritto le regole per i contributi legati a dipendenti e collaboratori. Regole che hanno costretto i grillini a chiedere una parte dei soldi che fino a ora hanno restituito alle casse pubbliche.
La legge che ha tagliato gli stipendi ai deputati da 11.780 euro netti a circa 8.300 ha anche previsto che dalla prossima legislatura si potrà spendere solo un budget da 60 mila euro all'anno per i collaboratori amministrativi. Ma una norma transitoria ha salvato fino al 2017 «tutti i contratti in essere alla data di entrata in vigore della legge», cioè al 31 dicembre. Così i 3.180 euro che ogni deputato incassava per finanziare la propria segreteria potranno essere utilizzati ora solo per il portaborse ma a patto che risulti contrattualizzato entro fine 2013.

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