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di Ennio Fiocco

In continuazione con l'articolo precedente, procederò ad esaminare la seconda parte del viaggio di Elisée Reclus e Lipari nel 1865. Evidenzio, preliminarmente ad integrazione di quanto già scritto, che lo stesso era universalmente apprezzato per la sua grande umiltà e la sua riluttanza a presentarsi come un «leader» o un «esperto». Pur se divenne famoso sia come scienziato, sia come scrittore e militante politico, egli rifiutò costantemente e con forza l'idea di avere dei seguaci odi farsi mettere in una posizione di superiorità. Il suo spirito di non-dominio s'estendeva, al di là degli esseri umani, a tutte le altre creature e addirittura alla natura intera.

Non sopportava l'idea che si maltrattassero degli esseri senzienti e praticò, per la maggior parte della sua vita, un vegetarianismo eticamente fondato. Nel corso degli anni Sessanta del 1800 Reclus pubblicò moltissimi saggi geografici sulla «Revue des Deux Mondes» e su altreriviste e completò il primo dei tre grandi progetti geografici della sua vita. La Terre: description des phénomenes de la vie du globe (La Terra: storia descrittiva dei fenomeni della vita sul Globo è un'opera ponderosa di millecinquecento pagine, in due volumi, pubblicata nel 1868-1869.

Questo rilevantissimo studio fisico della Terra fece di Reclus, ancora relativamente giovane, un personaggio notevole nel campo della geografia. Il suo esilio decretato da un regime reazionario contribuì in misura determinante alla trasformazione di Reclus in un pensatore politico decisamente radicale e ad un elemento centrale del movimento anarchico europeo.

Nelle relazioni di viaggio del 1865 il Reclus parte da Milazzo ed afferma quanto segue “Io spesi non poco tempo davanti al porto per passare in rassegna non già le barche ma i battellieri; moltissimi, senza dubbio fiori di galantuomini, erano di aspetto poco rassicurante, né ci fu verso che mi lasciassi lusingare dalle loro proposte. Infine messi gli occhi sopra un robusto vecchio dai capelli bianchi, la cui fisionomia dolce e arguta mi andava a sangue, in un attimo fu concluso in contratto.

Il vecchio pescatore si fece prestare un comodo battello più solido della sua barca mezzo sfasciata, radunò le provvisioni necessarie per la escursione, e in mezz'ora tutto era pronto: Gaetano mi fece conoscere il suo compagno di remo, infelice sordo-muto che mi diede subito segni di benevolenza e mi complimentava con grida inarticolate; presi posto nella barca e si sciolse la corda che ci riteneva nel porto di Milazzo...La traversata durò circa ott'ore, tanto che mi colse il sonno...Quando il battello fece sosta vicino alla spiaggia di Vulcano...”.

Il resoconto dell'isola di Vulcano è stato trattato nella scorsa pubblicazione.

Adesso prosegue il resoconto di Eliseo Reclus per Lipari. Scrive che “Vicinissima a Vulcano è Lipari; il canale che divide queste due isole ove è più ristretto non è largo più di un chilometro. Due roccie a forma di obelischi torreggiano nel mezzo dello stretto, per modo che un valente nuotatore potrebbe agevolmente passare da un'isola all'altra riposandosi a mezzo cammino.

Ma c'è il guaio dei pesci cani che bazzicano volontieri, a quanto dicono i Liparesi, tra le isole Eolie, pesci che presto presto ti piombano addosso e a inghiottirti la testa o le gambe non ci mettono scrupolo. E però io m'ebbi virtù di resistere alla seduzione di bagnarmi nei flutti freschi e azzurrini chepareano invitarmi coi molli ondeggiamenti e cogli armoniosi susurri. Per fare il mio bagno aspettai prudentemente che il battello fosse già entrato in una delle baie di Lipari sotto le ripide scogliere del monte Capisello. Indicibile è il contrasto tra i mucchi di scorie di Vulcano e la pendice orientale di Lipari.

Qui una considerevole cittadella si innalza a duplice anfiteatro sui due fianchi di un promontorio coronato da un antico castello. Nel porto convengono molte piccole barche e navicelli, e una pianura abbellita da ulivi, aranceti e famosi vigneti ricinge la città. I campi coltivati invadono i monti fino alle cime. Una operosa popolazione di marinai e di mercanti dà vita e moto al porto, e per le strade incontransi cittadini d'aspetto lieto e gioviale. Fatalmente tra questi ultimi vanno mescolandosi parecchi briganti calabresi, ai quali fu assegnata per carcere l'isola, dove pacificamente vivono colle loro rendituccie ; a quanto mi si assicurava, non v' ha esempio che quei banditi ricadessero nel delitto. Lipari pei geologi e i mineralogisti è terra promessa.

Ha, come le vicine isole, vulcani, crateri, lave di più maniere, e, per soprassello, è ricca di formazioni assai più rare nel resto dell'arcipelago. Tutto composto di ossidiana è il monte Castagna; un altro colle elevato, detto Monte o Campo Bianco, è un ammasso di pomice che visto da lontano sembra un enorme mucchio di neve. Lunghe colate bianche, rassomiglianti ad avalanghe, iriempiono le gole della montagna, e il più debole movimento, il passo d'un animale o il soffio della brezza bastano per far distaccare dai fianchi scoscesi una pioggia di pietre che piombano tuonando di rupe in rupe fino nei flutti ai piedi del vulcano. Spesso nei dintorni dell'isola vedonsi galleggiare sul mare queste pietre leggiere in sembianza di fiocchi di spuma. A Lipari abbondano le maraviglie. Qui si spalanca la grotta di Molini, dove, a quanto narrano le antiche leggende, rifugiavasi il diavolo nella vana speranza di sfuggire dalla spada di San Calogero, finchè inseguito e snidato da quell'asilo, si decise a dare il tuffo nel cratere di Vulcano, che è porta massima dell'inferno. (nota a piede di pagina: Lipari abbonda di allume.

Ha varie sorgenti d'acque termali. Esporta fichi secchi, uva passa e vini squisiti, fra cui la celebre malvasia). Alle preziose ricchezze naturali qui si aggiunge ilpregio di una situazione favorevolissima ai curiosi per esplorare dall'alto di un poggio la distribuzione di tutte le isole Eolie. È Lipari il centro di tre irradiamenti vulcanici, l'uno dei quali è rivolto al sud verso Vulcano; l'altro ad ovest verso Alicuri, Salina e Filicuri; il terzo a nord-est verso Stromboli, faro gigante del Mediterraneo. A me non toccò in sorte il diletto di ascendere quest'ultima massa ignivoma; ma indelebile mi resterà nella mente lo stupore che mi colse nel trovarmi alle falde della fumante piramide. Alla superba sveltezza si comprende che la montagna deve a profondità enormi distendersi sotto il mare: i suoi abissi si prolungano fino ai mille metri, che lo scandaglio misura per arrivare al fondo del mare Eolio.

Nel contemplare Stromboli i naviganti che ne rasentano le pendici a picco credono di trovarsi quasi sospesi nell'aria, credono di vedere la loro nave avanzarsi nell'atmosfera a mezza altezza della montagna.Felicissimo fu il nostro viaggio di ritorno a Milazzo; solo verso il capo i marosi si andavano talmente agitando che, per vantaggio comune, io fui destituito dal mio ufficio di pilota e vergognosamente relegato nel fondo del battello”.

Appare alquanto interessante il resoconto del viaggio, in una Sicilia al tempo segretata dal mondo, di Eliseo Reclus alle Eolie nel 1865, pubblicato a Milano dai Fratelli Treves Editori nel 1873 nel libro “La Sicilia Due Viaggi” di F. Bourquelot ed E. Reclus, illustrato con 43 incisioni e 2 carte geografiche e le piante dell'Etna e di Vulcano. Nel libro i viaggi siciliani sono due, percorsi da due francesi ed in epoche distinte dove gli itinerari non sono uguali. Monsier Bourquelot è un gentiluomo che cerca di vedere tutto e lo annota nei taccuini, mentre Eliseo Reclus è uno scienziato-artista che passa rapidamente in certi luoghi e si ferma a lungo, con amore, in certi altri.

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