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di Ennio Fiocco

Quando Roma entrò in contatto con la civiltà della Grecia ne assorbì una parte e modificò la concezione sull'Oltretomba, divisa in due parti: i Campi Elisei dove si trovavano le anime elette e, dall'altro, il Tartaro dove imperava l'oscurità e vi abitavano i Titani, ribelli a Zeus. Il grande Virgilio descrisse il Tartaro, corrobato dalle correnti impetuose del fiume Flegetonte, dove venivano puniti i tormenti malvagi. Nella Roma antica, l'ombra del defunto raggiungeva gli antenati (i Mani) nell'oltretomba e questi venivano considerati i numi tutelari, che venivano onorati con speciali libagioni di latte e vino e con feste denominate Parentalia che si celebravano dal 18 al 21 febbraio di ogni anno. In particolare, quando una persona veniva a mancare il consanguineo più stretto si chinava per dargli un bacio e con tale gestualità, raccoglieva lo spirito dello trapassato e gli apponeva in bocca una moneta perché Caronte voleva essere pagato per traghettarlo nell'Averno o Ade. L'obolo doveva essere lasciato nella bocca del defunto prima di seppellirlo.

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(Tale usanza continuò fino a pochi secoli fa nel nostro occidente cristiano). Nella prima Roma i defunti venivano seppelliti e, in seguito, prevalse la cremazione, praticata in modo diffuso fino al II sec. d.C., ad esclusione di chi periva per un fulmine o chi nasceva morto. Con la cremazione il congiunto provvedeva all'innesto della pira sul quale il corpo bruciava e, dopo tale atto, le ossa venivano levate con latte e vino, messe in un'urna e collocate nel sepolcro, reso sacro da un precedente sacrificio (generalmente un maiale) agli dei dell'Ade. Al termine della cerimonia si banchettava sul posto. Nel c.d. Silicernium, a cui erano invitati tutti i partecipanti del corteo, i familiari offrivano cibi speciali, di cui una parte veniva posta nella tomba per indicare che si trattava di un pasto offerto al defunto e per la funzione di rito di purificazione per i familiari. Tornati a casa, i parenti mettevano la maschera del defunto (presa con un calco in gesso al momento della morte e modellata in cera) nel tabernacolo vicino a quella degli antenati. (Fino ai primissimi anni sessanta del “900, ad esempio, a Palermo era usanza per alcune donne banchettare sulle tombe dei propri cari). I Romani avevano un forte culto degli antenati, e fin dal primo periodo della loro storia usavano rimuovere le maschere di cera postume, che in seguito si basavano su ritratti scultorei del maestro della scultura.

Il concetto di “arte romana antica” ha un significato molto convenzionale. Tutti gli scultori romani erano di origine greca. In senso estetico, l'intera scultura romana antica è una replica del greco. L'innovazione era la combinazione del desiderio greco per l'armonia e la rigidità romana e il culto del potere.Nell’antica Roma la morte era una faccenda pubblica: più fastoso era il funerale, più potente erano il defunto e la sua gens. I riti funerari consistevano in quattro parti fondamentali: l’esposizione pubblica del cadavere;il corteo;l'elogio funebre ed infine la cerimonia del rogo. Cambiano decisamente i costumi ed il modo di pensare con l'avvento di Gesù Cristo fino ai nostri giorni e, la pietosa sepoltura, con le varie usanze locali, trionfa.

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Mi sono imbattuto casualmente su un articolo del 21 novembre 2017 apparso sul quotidiano “Repubblica” dal titolo “Eolie: al funerale il brindisi con malvasia sulla bara” e con la fotografia che rappresenta tale evento. In particolare un brindisi con la malvasia per tutti i partecipanti all'ultimo saluto di Felicino Di Lorenzo da Panarea, dove sono state rispettate le sue ultime volontà e dove la bara è stata impiegata come un tavolino dove brindare. Tutti erano accomunati in tale circostanza, uniti nel dolore e contemporaneamente nel rispetto dell'amico volato in cielo. Il dolore resta, ma il ricordo continua a vivere e si trasmette alle future generazioni. Il tutto come una continuazione positiva della c.d. tradizione romana, oserei dire.

Tuttavia, nel mondo industrializzato, anche il rito funebre è diventato per altri aspetti, purtroppo, un fatto commerciale, sebbene attualmente con le limitazioni dovute all'attuale contagio pandemico: si vendono ormai “pacchetti tutto compreso”, dalla preparazione della salma e della camera ardente, al rito funebre, alla scelta del mezzo di trasporto, della tomba o del loculo, alla sepoltura e alla stampa del ricordino, il tutto offerto con ampia varietà di tipologia a seconda di idee e soprattutto di disponibilità economiche. Mi riferisco ad una fantasia commerciale che sta prendendo sopravvento e con la quale mi sono imbattuto casualmente leggendo internet. In particolare, si tratta di una moda sociale trasfusa in un c.d. rituale che consiste nella creazione di un “diamante” ottenuto dalle ceneri del defunto grazie ad un procedimento chimico a base di carbonio. Una sorta di “diamantizzazione delle ceneri di cremazione” e che viene propagandata come forma di continuità di legame con la persona amata, luogo personale dove concentrare lutto, memoria e gioia dei ricordi, cimelio di famiglia unico e senza tempo, insomma una preziosa forma di sepoltura. Io lo definirei piuttosto la prigionia dell'anima.

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