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Dettagli...

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di Ennio Fiocco

La scalata infuocata.

“Materia Viva” è un monologo teatrale con Marialba Esquius e con a regia di Nicolas Hermansen, tratto da il romanzo di Teresa di Franquesa che dipinge, attraverso la propria memoria, i dolori e le gioie della vita che ancora continua. Il libro ha vinto anche il premio Reccul-Joaquim Ruyra per la narrativa 2008. L'insieme delle storie inizia con un lapillo che esce dal fondo del magma e si conclude con un frammento che ritorna ai poli della terra con evocazioni e di storie indipendenti intrecciate sapientemente.

Teresa parla di natura, della morte, della memoria, di situazioni e paesi che hanno segnato per sempre la sua esperienza di vita. La scrittrice è nata nel 1955, e si occupa di sensibilizzazione presso il Dipartimento per l'Ambiente del Comune di Barcellona di Spagna, dove vive dal 1972. L'opera inizia con la narrazione della morte del compagno il biologo Alberto Perez Bastardas di 33 anni, avvenuta sulla sommità del vulcano Stromboli a causa di una forte esplosione il 24 luglio del 1986. In una sua intervista Teresa afferma che “La morte a Stromboli l'ho accettata...” con una sofferenza e un “deterioramento mentale e morire lì fu crudele, ma anche poetico. Un fenomeno naturale, un posto bellissimo su un'isola al centro del Mediterraneo, senza automobili, in un'atmosfera rilassata... All'inizio vuoi essere forte, ma con il tempo capisci che quello che vuoi è non aver paura di essere debole, di mostrare la tua debolezza...Nel libro parlo dei miei primi trent'anni e li guardo da lontano”. Sulle pagine di Matèria viva sfilano i ricordi della morte di Albert, ma anche dei suoi genitori e della sorella Lola.

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Ribadisce che “Paul Auster dice che la memoria è lo spazio dove le cose accadono una seconda volta. Mi sento identificata con questa frase. Ora, le cose mi accadono in modo più calmo e tranquillo rispetto alla prima volta. Le perdite ti rimandano al tentativo di recuperare la memoria...L'altra protagonista di Matèria viva è la natura... La mia intenzione era scrivere testi commemorativi basati su oggetti naturali che tengo su uno scaffale, come ad esempio una conchiglia. Quando prendo in mano una cosa del genere, comincio a ricordare... e volevo scoprire fino a che punto sarei potuto arrivare se lo mettessi per iscritto. La natura, i paesaggi... è tutto ciò che mi spiega, è materia viva.

Ho un fortissimo senso di appartenenza alla terra...”. Tutti i giornali del tempo parlarono della vicenda: “Albert Perez-Bastardas, un biologo di 33 anni di Barcellona (Spagna) è rimasto ucciso mentre scendeva dal Pizzo in direzione di uno dei crateri. Sorpreso da un'eruzione, è stato colpito da una bomba mentre correva per cercare un riparo”. Di seguito presentiamo il racconto dell'episodio mandatoci da Teresa, che si trovava con lui e con i cognati. “Stromboli ha rappresentato un'altra tappa nei nostri viaggi in quelle isole vulcaniche che per molti anni ci avevano affascinato (Islanda, Canarie, Santorini).

Un'amica, che già l'aveva visitata con un gruppo di altri giovani, ci aveva raccontato della fantastica esperienza vissuta passando la notte in un bivacco sul bordo del cratere, osservando la spettacolare attività del vulcano. Siamo arrivati a Stromboli il 23 luglio 1986 ed immediatamente ci siamo innamorati della piccola isola dalle strette viuzze contornate di Bougainvillea. Abbiamo preso alloggio in un piccolo hotel molto grazioso, dove ci siamo subito procurati tutte le informazioni relative al percorso della scalata al vulcano, alle caratteristiche del sentiero, agli orari consigliati ecc.

Abbiamo quindi deciso di intraprendere la salita all'alba dell'indomani. La notte, su suggerimento dei locali, abbiamo noleggiato una barca per osservare la Sciara del fuoco dal mare, ma nel paio d'ore trascorse sulla piccola imbarcazione non abbiamo scorto nessun segno di attività provenire dal vulcano. Il mattino del giorno 24 abbiamo iniziato la nostra escursione alle 7.00, dopo esserci goduti la prima colazione servita sulla terrazza con vista sul mare.

La giornata si preannunciava stupenda, con un cielo di un blu intenso e senza una nuvola. La salita era faticosa e la calura insopportabile, ma senza divenire problemi insormontabili. Ricordo che la scalata ci ha richiesto tempo. In primo luogo perché non riuscivamo a distogliere lo sguardo dalle spettacolari fioriture del Cappero, candidi bagliori di luce fra le rocce nere; poi anche perché eravamo sopraffatti dalla magnificenza degli scorci panoramici che si aprivano sul mare e sulla costa, a mano a mano che ci avvicinavamo sempre più alla sconvolgente presenza dell'occhio del vulcano. Siamo arrivati in cima poco prima delle 11.

Là abbiamo trascorso più di un'ora ad osservare il cratere e le piccole esplosioni che si avvicendavano ogni 10 minuti circa. Una coppia, arrivata dopo di noi, ha deciso di proseguire l'escursione lungo la cresta che scende in direzione del cratere, delimitata qua e là da rudimentali muretti di roccia eretti come riparo per la gente che si accampa a passare la notte, e si è spinta al punto di raggiungere l'orlo del cratere. Allora abbiamo anche noi iniziato a desiderare di stare laggiù. Non potevamo certo lasciarci sfuggire l'occasione unica di poter gettare uno sguardo dentro il cratere.

Non eravamo consapevoli dei pericoli a cui ci saremmo esposti: nessuno infatti ci aveva messo in guardia a tale proposito. Certo le esplosioni continuavano a produrre un fragore terrificante, ma niente di più. Infatti, nessuna delle esplosioni viste o udite fin dal giorno prima ci era sembrata una reale minaccia. Perciò siamo scesi. Alle 12,30 lo Stromboli ha prodotto un'esplosione terrificante. La cenere anneriva il cielo e innumerevoli bombe vulcaniche di dimensioni enormi venivano scagliate in aria. Una di queste è caduta sulla testa di Albert proprio mentre egli stava cercando di mettersi in salvo, uccidendolo all'istante. Ora è sepolto nel piccolo cimitero bianco di Stromboli, in mezzo al mare che tanto aveva amato”.

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